lunedì 27 giugno 2016

SOTTO PRESSIONE ...

Confessavo recentemente ad un amico che mi manca un sacco l'attività in laboratorio e in particolare lo studio delle reazioni sotto pressione.

Con una naturalezza disarmante, egli mi chiede: "Del tipo? Hai messo su la reazione? Quante ne hai messe? Non hai ancora finito? Quanto manca?".

E io ho ribattuto: "Per pressione intendevo quella che si misura in atm (o meglio, in bar) e non quella che si misura in chili di troppo sulla bilancia pesapersone!".


Nel corso dei miei studi universitari, ho avuto modo di studiare alcune reazioni che coinvolgono l'uso di reagenti gassosi anche sul piano pratico: idrogenazioni, idroformilazioni, carbonìlazioni.

Storicamente, le reazioni di idrogenazione furono le prime ad essere studiate e valsero il premio Nobel a Sabatier, nel 1912 (ex-aequo con il conterraneo Grignard, che ha studiato tutt'altro): esse consistono nell'addizione di idrogeno al doppio legame C=C dei composti insaturi per formare composti saturi, grazie all'impiego di opportuni catalizzatori (a base di metalli quali nichel, palladio, platino). Queste reazioni trovarono quasi subito un'applicazione pratica nella sintesi della margarina da oli vegetali di basso pregio, grazie al tedesco Wilhelm Normann, al russo Ipatieff e ad altri.


Nel 1913 Bergius brevettò un  processo per ottenere carburanti di sintesi attraverso l'idrogenazione della lignite (un carbone fossile in formazione), usando opportuni catalizzatori a base di tungsteno: il processo prese il nome di berginizzazione e fu importante per l'economia tedesca fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.


Allo stesso periodo risalgono gli studi di Haber sulla sintesi dell'ammoniaca, ottenuta per combinazione di idrogeno e azoto in drastiche condizioni e in presenza di opportuni catalizzatori. Haber impiegò uranio e osmio; la trasposizione su grande scala del processo comportò la necessità di trovare un catalizzatore più economico - a base di ferro.


La soluzione al problema fu trovata da Alwin Mittasch, dipendente della BASF, che trovò il catalizzatore adatto dopo molte prove. Durante quegli esperimenti, egli ebbe modo di osservare la formazione di metanolo per combinazione di idrogeno e monossido di carbonio - in presenza di ossidi di zinco e di cromo.

A partire dagli Anni Venti, dalla miscela di idrogeno e monossido di carbonio furono ottenuti poi, a seconda del catalizzatore impiegato, vari composti: metano, metanolo, alcool isopropilico, idrocarburi impiegabili come carburanti nei motori a scoppio.


Gli studi in quest'ambito furono approfonditi da Fischer e Tropsch, i quali studiarono varie combinazioni di ossidi da impiegare come catalizzatori, ottenendo anche alcoli e aldeidi, oltre a idrocarburi saturi e insaturi.

La possibilità di ottenere alcoli e aldeidi a partire da idrogeno e monossido di carbonio fu approfondita da Otto Roelen, il quale sviluppò il processo noto come oxo-sintesi (1938) o idroformilazione, usando un catalizzatore a base di cobalto - oggi soppiantato da catalizzatori a base di rodio.

Gli studi sui composti del rodio furono condotti in particolare da Wilkinson. Egli mise a punto il complesso che porta il suo nome, che funge da catalizzatore di idrogenazione e che è servito da modello per sviluppare alcuni complessi catalitici successivi, tra i quali:
  • il complesso di Knowles, per l'idrogenazione asimmetrica del legame C=N (importante nella sintesi dell'L-DOPA), poi perfezionato in studi ulteriori;
  • i complessi catalitici usati attualmente nell'idroformilazione e soprattutto nella sintesi dell'acido acetico (processo Monsanto).
Lo schema sottostante è un bel riassunto di quanto attualmente applicato:


L'idrogenazione trova impiego oggi anche per la sintesi dei carburanti green a partire da scarti vegetali.


Si tratta, in fin dei conti, di una rilettura del processo di berginizzazione in chiave eco-friendly. L'idrogeno necessario è ottenuto per steam-reforming di idrocarburi e i prodotti ottenibili sono esenti da metalli e composti azotati, solforati e ossigenati.

Le reazioni di carbonìlazione sono interessanti per le varie applicazioni utili nella produzione di prodotti di chimica fine: isocianati per la sintesi di carbammàti, poliureani e urèe; benzimidazoloni da impiegare come farmaci o come high performance pigments; aldeidi da impiegare come tali (profumi) o da cui ottenere alcoli grassi per idrogenazione, acidi carbossilici a lunga catena; etc.


Tra i pionieri di questi studi ci fu Walter Reppe, che sviluppò in particolare la chimica dell'acetilene, da cui ottenere acido acrilico (sopra) o esteri acrilici per reazione con monossido di carbonio in presenza di opportuni catalizzatori. 

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