domenica 12 giugno 2016

VECCHI SCATTI DA VALLE IMPERINA

Prima di mostrare una foto d'insieme della mia piccola esposizione di minerali e rocce, mi soffermo un poco nel raccontarvi qualche giro tra le Dolomiti - giri che si rivelano ghiotte occasioni per prendere un po' di aria fresca e scattare qualche foto. In questo post presento un luogo a me particolarmente caro: le miniere di Valle Imperina, alle porte di Agordo. 


L'attività estrattiva è documentata fin dagli inizi del XV secolo: si suppone sia di gran lunga antecedente. Il minerale estratto è ricco di rame (calcopirite) e contiene anche tracce di argento e arsenico (arsenopirite).


Il minerale era sottoposto a una cernita: quello ricco di rame era inviato ai forni, quello meno ricco era arrostito in apposite roste al fine di ossidare il solfuro a solfato: oggi, la ricostruzione di una di queste roste è visibile lungo il percorso che attraversa la valle interessata dall'antico sito minerario.


Il solfato di rame, ottenuto per arrostimento del solfuro, è solubile in acqua: in questo modo si separa dal resto del materiale estratto, che precipita sul fondo di opportune vasche. 
Aggiungendo rottami di ferro, avviene una reazione di ossidoriduzione: il ferro passa in soluzione (che da blu diventa verdolina) e si deposita il rame, il quale è poi inviato alla fusione. 


La soluzione di solfato ferroso, chiamato un tempo vetriolo verde, costituiva un interessante sottoprodotto, usato in tintoria come mordente o nella fabbricazione degli inchiostri ferro-gallici.


L'edificio dei forni è stato oggetto di un pregevole restauro conservativo e oggi è usato come sala polifunzionale. 


All'interno si ammirano ancora i resti delle imponenti fornaci per le fusioni dei metalli e si percepisce un leggero odore sulfureo.


In antichi testi di metallurgia si trovano gli schemi di questi impianti, con riferimento ad Agordo e alle sue miniere.



Le operazioni di fusione del minerale richiedevano molto carbone di legna: alle dipendenze della miniera c'erano anche boscaioli e carbonai, che fornivano il combustibile necessario al funzionamento dei forni. Il carbone, nell'attesa di essere utilizzato, era stoccato nell'apposita carbonaia, della quale oggi rimangono i muri perimetrali.


L'attività estrattiva era assai impattante sull'ambiente circostante. Foto d'epoca mostrano la montagna senza vegetazione; sul fondo del corso d'acqua (torrente Imperina) permangono i segni indelebili di oltre cinquecento anni di attività estrattiva...


... che meglio si notano alla confluenza dell'Imperina (rosso) con il Cordevole (azzurro).


Le condizioni di lavoro dei minatori erano difficili. Le operazioni di estrazione avvenivano in gallerie, poco illuminate, sempre piene d'acqua e minacciate di crolli continui.


Oggi l'ingresso alle gallerie è impedito da opportuni cancelli, anche se qualcuno (non io) si arrischia a penetrare nel sottosuolo (magari in cerca di minerali).


La prima volta che sono stato a visitare il sito, i sentieri che portavano alle gallerie erano segnalati da opportuni cartelli e resi agibili dalla cura di prati e sottobosco.


Oggi questa montagna sembra proprio dimenticata, anzi completamente abbandonata: ecco come si presentava lo spazio antistante la galleria di Santa Barbara in occasione della mia ultima visita.


E i punti di sosta?


 ... ???


E i restauri da completare?


Questo era (una volta) il vecchio ospedale - pronto soccorso per i minatori. Qua e là spuntano i resti della vecchia teleferica che portava il materiale da fondere alla zona dei forni. E tra i muri di pietra le acque scendono a valle ... 


... fermandosi qua e là a giocare con la luce del sole al tramonto.


Concludendo: Valle Imperina è un luogo da conoscere e visitare. Quando ammiriamo le cupole della "Basilica della Salute" a Venezia, opera di Baldassarre Longhena (immortalata da molti pittori, tra i quali ho scelto il bellunese Ippolito Caffi nel centocinquantenario della morte), ricordiamo che il rame con cui sono realizzate viene dalle montagne agordine. 


Con l'avvento della Rivoluzione Industriale, le piriti (quindi anche la pirite cuprifera) divennero e furono per diversi decenni la materia prima necessaria alla fabbricazione dell'acido solforico (oggi si usa invece lo zolfo di provenienza petrolifera).


Gli stabilimenti per produrre l'importante composto si trovavano in pianura e per portarvi il minerale estratto fu realizzata una ferrovia poi dismessa con la chiusura definitiva delle miniere mezzo secolo fa: all'ingresso del centro minerario, sotto un portico, fa mostra di sé una motrice che correva lungo il binario elettrificato da Bribano ad Agordo (motrice di cui mio fratello possiede un modello lavorato a mano).

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