domenica 30 dicembre 2018

giovedì 27 dicembre 2018

Beata felicità...

Mi ritengo davvero molto fortunato a poter insegnare Scienze Naturali. Al liceo non apprezzavo molto questa materia che invece ho riscoperto nella sua straordinaria bellezza qualche anno più tardi, in un contesto che ancora oggi mi sorprende. 

Completati gli studi filosofici e teologici (da laico, non sono prete per buona pace di chi, liquidandomi come tale, mi ha impedito di proseguire per un certo percorso), ho avuto la possibilità di studiare ancora e mi sono dedicato alla Chimica e ad altri saperi scientifici che coltivo tuttora (a discapito di quelli religiosi - e musicali - che invece ho progressivamente abbandonato, quasi completamente).

In questi giorni, come ormai ogni anno durante le vacanze di Natale, sto approfondendo qualche aspetto della Vulcanologia e mi sono soffermato in particolare sui vulcani attivi italiani e sulle numerose manifestazioni del vulcanesimo secondario presenti sul territorio nazionale. 



In particolare, molto del mio tempo è dedicato a Stromboli, vulcano di cui sentiamo parlare in questi giorni, accanto all'Etna, per la preoccupazione che desta. Così ne parlava Stoppani, nel suo celebre "Belpaese".



Stoppani evoca il grande Lazzaro Spallanzani, sacerdote cattolico come lui e, come lui, appassionato e competente Naturalista: un video ne racconta le scoperte principali, anche se tralascia di soffermarsi sul viaggio che compì nell'Italia mediterranea e sul resoconto ricco di dettagli e descrizioni.



Intanto, eccovi un altro scatto, al crepuscolo, dello Stromboli:



... e il dettaglio (ingrandito) di un lapillo (osservate i microcristalli):



Le Scienze Naturali costituiscono per me la materia più bella che si possa insegnare, perché abbraccia una varietà di temi e di contenuti straordinari che ci permettono di apprezzare la bellezza del pianeta che abbiamo l'onore di abitare e, al tempo stesso, il dovere di custodire come un tesoro prezioso, ereditato da chi ci ha preceduto e preso a prestito da chi ci seguirà nel continuare a perpetuare il misterioso segreto della Vita.

martedì 25 dicembre 2018

ESERCIZIO PER LE VACANZE

Traccia. Scrivere nell'ordine indicato i simboli dei seguenti elementi: 

Boro, Uranio, Ossigeno, Neon, Ferro, Zolfo, Tellurio.


Soluzione: 
B U O Ne Fe S Te !!!

(Foto di E. Funes)

domenica 23 dicembre 2018

Qualche considerazione molto personale...

Se avessimo il coraggio di studiare dettagliatamente le biografie dei grandi scienziati, scopriremmo che un periodo formativo all'estero non è un'eccezionalità nei percorsi formativi di molti, tra essi; e non è neppure un'esperienza introdotta recentemente nel cursus honorum di un uomo di scienza.

Nel XVI secolo e successivi, quando Padova poteva considerarsi la città di riferimento della Rivoluzione Scientifica in ambito medico, da ogni dove venivano per studiare con i più grandi del tempo e molti si fermavano ad insegnare: Vesalio era belga, Wirsung tedesco, Harvey inglese, Morgagni forlivese (quando Forlì era una cittadina dello Stato della Chiesa e il nostro era uno straniero - non cittadino della Repubblica di Venezia).

Agli inizi del XIX secolo, Parigi era la meta ambita da tanti aspiranti chimici: Liebig studiò con Gay Lussac; Piria studiò con Dumas; Cannizzaro con Chevreul e Regnault; etc.

Lo stesso Liebig fondò successivamente una scuola di Chimica a Giessen presso la quale pervennero giovani da tutta Europa, tra i quali il piemontese Ascanio Sobrero; lo stesso fece Wohler a Gottinga (dopo aver studiato con Berzelius a Stoccolma), dove si formarono molti medici e chimici, tra i quali l'italiano Giorgio Spezia (inventore del quarzo sintetico).

Altri esempi possiamo mutuarli dalla fisica, agli inizi del XX secolo: Rutherford, dalla Nuova Zelanda, si trasferì in Inghilterra per studiare con Thompson; Bohr, dalla Danimarca, fece altrettanto per studiare con lo stesso Rutherford, qualche anno più tardi; Fermi passò sei mesi a Gottinga, da Max Born; Segré fu ad Amburgo, da Otto Stern; etc.

Nel Secondo Dopoguerra, la mobilità degli aspiranti scienziati in formazione ha conosciuto un'incremento notevole e fruttuoso a tal punto che un Einstein, il quale ha rivoluzionato la scienza stando seduto ad una scrivania presso l'Ufficio Brevetti di Berna, costituirebbe oggi una figura più unica che rara - e forse più letteraria che reale.

Una certa politica nostrana e qualche media on-line guardano ai giovani che vanno all'estero, durante il percorso di studi, grazie all'Erasmus, e li appellano quali "studenti apolidi votati alla schiavitù del turbocapitale"; una volta completato il percorso di studi, i neo-laureati rifanno la valigia e gli stessi di cui sopra li chiamano "cervelli in fuga". 

Non entro nel merito di improbabili discorsi sulle opportunità che offre il mondo della Ricerca in Italia (puzzo sempre troppo da prete, come disse l'insigne accademico) o il mercato del lavoro extrauniversitario: non mi competono. 

Il necessario confronto con il mondo della Ricerca a livello planetario è un'opportunità di crescita personale, sia sul piano umano sia sul piano professionale, che va colta (e a tratti invidiata, per quanto mi riguarda). 

Forse - ma lo scrivo da ignorante fuori dai giochi - quello di cui ci si dovrebbe preoccupare (e molto di più, rammaricare) è che l'Italia non sia una meta troppo ambita da chi cerca di perfezionarsi (ma anche questo non è troppo vero e non va generalizzato: ricordo, quando studiavo a Venezia, di aver incontrato molte persone provenienti dai paesi più disparati, non tanto europei o americani quanto piuttosto qualche asiatico, da Iran, Cina, India).

Ciò che mi dà molto fastidio, invece, è la contrapposizione disegnata e amplificata da certi media (specie da internet) tra l'eccellenza che sembra scappare indignata dal suol natio e la mediocrità che resta a reggere le tristi sorti del paese. 

Certo, buona parte degli attuali politici probabilmente non suscitano molta simpatia agli occhi del volgo ignorante e talvolta essi non sembrano brillare per eccesso di competenza; magari qualcuno, nel mondo accademico, non sarà sempre stato trasparente nelle nomine e nei concorsi e questo potrebbe costituire più affare della magistratura che degli opinionisti urlanti sui social network.

Per quanto il marcio ci sia, come c'era nella Danimarca di Amleto e c'è oggi anche altrove (per buona pace degli esterofili), esso non può svilire l'intera storia (quella scritta dai protagonisti della Cultura, non quella che studiamo sui libri di scuola, fatta da papi, re, eserciti, guerre, battaglie e rivoluzioni) di una nazione.  

Pessimi ricercatori, ma ottimi docenti; bravi tecnici, ma didatti mediocri; eccellenti in cattedra e in laboratorio; pessimi in tutto ma bravi politicanti… si trova un vasto assortimento, come è giusto che sia, purché ogni componente sia in equilibrio con le altre. 

Anche se gli equilibri sono destinati a rompersi, prima o poi si ristabiliranno: senza indagarne le specifiche cause (non mi interessa, sono fuori, con il mio puzzo da prete), ricordo qualche "vittima" illustre di dinamiche analoghe in luoghi e tempi diversi e lontani da noi oggi, quali Malpighi, Morgagni, Volta-Scopoli vs Spallanzani, etc. Invidie, gelosie, vandalismi non hanno impedito a questi uomini di essere grandi scienziati.

Secondo taluni leoni da tastiera, invece, il sistema attuale impedirebbe ai giovani di talento di esprimersi nel loro paese: i leoni ruggiscono portando l'esempio di ricercatori e ricercatrici, esiliati all'estero dai cosiddetti baroni universitari, che trovano la cura per il cancro ma sono ostacolati dalle losche trame di Big Pharma in combutta con i primari e il ministero della salute. Il delirio paranoico qui trionfa; e anche la mia indignazione. Vi spiego perché procedendo per punti.

Innanzitutto ripeto quel che ho detto all'inizio: una persona che, ottenuta la laurea e/o il dottorato, vuol intraprendere la carriera di ricercatore sente la necessità di confrontarsi con il mondo della Ricerca, che ha una dimensione planetaria. Non va all'estero perché non c'è spazio in Italia; va all'estero prima di tutto per allargare i suoi orizzonti culturali. Così è sempre stato, da quando è nata l'università a oggi.

Sotto il termine "cancro" si nascondono centinaia di malattie diverse che coinvolgono tessuti diversi e che si sviluppano in modo diverso e in tempi diversi. Svariate forme di cancro esistono in tutto il mondo. Ciascuna di queste malattie ha un suo decorso, una sua diagnosi, un approccio terapeutico adeguato: in alcuni casi la Medicina dispone di armi per combattere efficacemente la battaglia contro le cellule "ribelli", in altri no. 

Qui si inserisce il lavoro del Ricercatore che si occupa di perfezionare le terapie esistenti (radio, chemio) o di cercarne di nuove e di adeguate (terapia genica, immunoterapia, etc.); tale lavoro si affianca allo studio di come uno specifico cancro abbia origine, si differenzi (le cellule ribelli non sono tutte uguali) e riesca ad eludere i naturali meccanismi di controllo, di cui siamo dotati, per poter proliferare e intaccare altri organi dando origine a metastasi.

Quando un ricercatore scopre qualcosa di nuovo, inizia a tastare la percorribilità di una via - che troppo spesso non conduce quasi da nessuna parte e che solo qualche volta può dare risultati incoraggianti.

Il difficile cammino della ricerca in questo ambito è ben raccontato in "Come nascono le medicine" (D'Incalci, Vozza - Zanichelli, Bologna, 2014), agile volumetto di cui consiglio la lettura.

Dare con troppo entusiasmo la notizia del ricercatore che scopre la cura per il cancro (quando nella realtà intravede una nuova via per costruire nuovi approcci terapeutici per una o per un gruppo di quelle malattie che noi comuni mortali chiamiamo sbrigativamente "cancro") potrebbe infine costituire un torto per il paziente che, nello sconforto della sua condizione, rischia di alimentarsi di false speranze e di illusioni. 

Non bastano i Dulcamara di turno che bandiscono l'elisir miracoloso e promettono guarigioni con rimedi della nonna, erbe di campo, bicarbonato di potassio e succo di limone; ci si mettono pure i ruggenti leoni da tastiera a commiserare i cervelli in fuga che scoprono - nel loro esilio forzato, lontano da casa, magari oltreoceano - la panacea per centinaia di mali diversi ma sono ostacolati nel loro intento filantropico dai complotti della politica corrotta e delle accademie decadute. 

Questo modo di pensare non fa bene ai malati; ai professionisti onesti che ogni giorno "combattono" insieme ai loro pazienti; ai ricercatori stessi che si impegnano nel loro lavoro al prezzo di sacrifici enormi, sia economici sia esistenziali; alle istituzioni e a noi cittadini, che abbiamo il diritto ad un'informazione onesta, degna di un paese civile e non di un romanzo distopico.

lunedì 10 dicembre 2018

Una tra le innumerevoli "Storie minime bellunesi"


Ringrazio l'amico prof. Ezio Franceschini per avermi invitato a partecipare, quest'anno, a una bellissima iniziativa editoriale: la sesta edizione di "Storie minime bellunesi". 

Presentato venerdì 7 dicembre al bar "L'insolita storia" a Belluno, l'agile volumetto raccoglie una novantina di storie minime: brevi perle narrative che non superano i mille caratteri (spazi inclusi) e sono unite, pur nella varietà degli stili e delle ispirazioni, dall'acqua come tema conduttore e ispiratore.

L'opera è dedicata al ricordo di due persone: una delle due ho avuto il piacere di conoscerla (GS, con i suoi capelli lunghi e la cicca in bocca, è stato mio professore di informatica ai tempi della scuola media, agli inizi degli anni Novanta. Egli fu uno dei primi docenti di questa materia nella scuola secondaria di primo grado in Italia e io uno dei primi alunni, che giocava con Logo e la tartarughina per disegnare tangram…).

Del volume, segnalo anche i bellissimi disegni e la foto di copertina, scattata dal fotografo (e collega) prof. AB.

Io ho partecipato con questo breve e modesto racconto, ispirato a un ricordo personale degli anni di studio, dal titolo: "L'analisi".


Da: E. Franceschini & Co, "Storie minime bellunesi", Belluno, 2018, p. 44

sabato 8 dicembre 2018

Nell'oceano dentro di noi...

Nelle scorse settimane mi sono impegnato a raccontare qualcosa sull'acqua, sulle sue proprietà e sulla sua importanza per le forme viventi: è noto che la disponibilità di acqua è una condizione indispensabile per la vita.

La mappa sottostante, presa dal web, riassume a proposito qualche idea (e non sempre la rielabora in modo scientificamente corretto, ma possiamo accontentarci).


Mi sono divertito a proporre anche qualche semplice esperimento per evidenziare le proprietà fisiche (polarità, capillarità, tensione superficiale), la solubilità dei sali inorganici e l'idrolisi salina.

L'acqua è un buon solvente per molte sostanze necessarie agli organismi viventi e anche per diversi prodotti di rifiuto delle attività cellulari (che devono essere eliminati).

Essa possiede inoltre un'elevata capacità termica: nel mare, ove la vita è nata, non esistono sbalzi di temperatura tanto elevati quanto nell'ambiente extramarino. 

Un organismo pluricellulare che vive in ambiente non acquatico non ha il vantaggio di avere attorno un mezzo che gli garantisce una temperatura costante o la possibilità di eliminare agevolmente le sostanze di rifiuto (come l'ammoniaca e l'anidride carbonica, ad esempio).

Un organismo pluricellulare, al di fuori dell'acqua, non ha quindi i vantaggi di quelli che vivono nell'acqua: le cellule che lo costituiscono si trovano di fronte a problemi assai difficili da risolvere, quali l'approvvigionamento di sostanze nutritive, l'eliminazione dei rifiuti metabolici, la costanza dei valori di pH e di temperatura, etc.

Osservando le cellule di un organismo pluricellulare extramarino, si nota che esse non sono direttamente a contatto con l'inospitale ambien­te esterno: infatti vivono immerse in quello che Bernard chiamò un "ambiente interno" liquido - che in una prima approssimazione conserva i vantaggi dell'ambiente primordiale. 

Naturalmente, questo ambiente interno non possiede le dimensioni del mare, pra­ticamente infinite, se comparate a quelle di una singola cellula. 

Le sostanze in esso presenti saranno rapidamente consumate dall'attività metabolica delle cellule che vi vivo­no. Tale attività porterà inoltre alla produzione di un insieme di sostan­ze di rifiuto. 

Tutto ciò comporterà un veloce modificarsi delle caratteristiche chimico-fisiche dell'ambiente interno, il quale potrebbe diventare incompatibile con la vita delle cellule. 

Questo insieme di problemi ha costretto le cellule a organizzarsi e a specializzarsi per:
  • trarre dall'ambiente esterno il nutrimento
  • provvedere al fabbisogno di ossigeno;
  • eliminare l'anidride carbonica e le sostanze di rifiuto;
  • regolare la composizione dei liquidi interni;
  • contrastare l'azione di microorganismi nemici e di eventuali cellule "devianti";
  • garantire la perpetuazione, nel tempo, di un sistema analogo. 
L'organizzazione delle cellule specializzate al fine di compiere queste diversissime e molteplici funzioni necessità di un controllo continuo e armonico, reso possibile da una comunicazione intercellulare rapida ed efficace, realizzata mediante la variazione di potenziali elettrochimici o il rilascio di particolari sostanze (neurotrasmettitori, ormoni) destinate a specifici bersagli (proteine con funzione di recettori).

Il controllo dell'ambiente interno è poi effettuato in relazione continua all'ambiente esterno - il quale è continuamente esplorato, monitorato, attraverso speciali cellule che variano rapidamente il loro potenziale elettrochimico (si depolarizzano) in seguito a eventi fisici (stimoli meccanici, termici, luminosi) o interazioni chimiche con molecole volatili (olfatto) o in soluzione (gusto).

L'elaborazione di una risposta agli stimoli concerne, alla fine, sempre un atto motorio: la depolarizzazione di altre cellule specializzate (quelle muscolari) è trasformata in una contrazione.

Le istruzioni per organizzare la struttura di ciascuna cellula, le sue funzioni e la capacità di relazionarsi con le altre sono contenute nel DNA.

Il DNA è trascritto nell'RNA-messaggero; l'RNA messaggero è inviato ai ribosomi e qui è tradotto in proteine: ogni proteina ha, nella cellula, un suo ruolo specifico e insostituibile. 

Il DNA conserva le informazioni per assemblarle tutte; l'RNA messaggero contiene le informazioni per assemblare una proteina alla volta.

L'anno prossimo ricorreranno i 150 anni della scoperta della "nucleina" (un mix di DNA e di RNA, estratto dai "nuclei" dei leucociti recuperati nel pus di cui erano intrisi bendaggi e garze usate negli ospedali per medicare i feriti) da parte di Friedrich Miescher (1844-1895) all'università di Tubinga: la scoperta, pubblicata nel 1871, aprì la strada all'identificazione del DNA come molecola responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari.

I due anni intercorsi tra scoperta e pubblicazione si giustificano con la volontà del professor Hoppe-Seyler di ripetere tutti gli esperimenti dell'allievo Miescher prima di dare alle stampe i risultati.

Miescher continuò a studiare gli acidi nucleici; toccò tuttavia ad altri scienziati (Kossel, Griffith, Avery, Macleod) intuirne il ruolo nella trasmissione dell'informazione genetica e definirne la struttura (predetta da Schroedinger nel 1937 e descritta prima da Rosalind Franklin; poi da Watson e Crick che vinsero il premio Nobel).

Oggi, raccontare la storia del DNA è qualcosa di più che narrare di scienziati e di esperimenti; è raccontare l'evoluzione della vita sulla terra e della capacità di cellule e di organismi sempre più complessi di adattarsi ad ambienti esterni spesso ostili, attuando soluzioni originali per mantenere costante l'ambiente interno - soluzioni che sono state "appuntate" nel DNA e poi conservate e trasmesse di generazione in generazione.

mercoledì 5 dicembre 2018

L'origine della vita: un breve video.


Oparin, Urey, Miller: 
dieci minuti per scoprire 
le teorie sul passaggio 
dall'evoluzione chimica 
all'evoluzione biologica.

(video dell'Enciclopedia Britannica)

giovedì 29 novembre 2018

RENZO BARBAZZA E L'ARTE NEL 1918

"L'arte nel 2018": è il titolo dell'intervento del professor Renzo Barbazza presso la Sala Bianchi a Belluno, sabato 1° dicembre alle 18.00

Dopo una riflessione simile dedicata all'anno 1915, presentata a Belluno e a San Vendemiano in occasione del centenario dell'entrata in guerra dell'Italia, il relatore presenterà sabato una prolusione sull'arte nel centenario della pace, passando in rassegna la produzione di quell'anno ed evidenziandone le peculiarità.


Renzo Barbazza, medico, patologo e docente di anatomia umana normale, si è dedicato alla pittura e allo studio dei manufatti del genere Homo fin dagli anni Settanta. 

Come autore, ha prodotto numerose opere esposte in mostre collettive e personali in diverse località europee, con ampi consensi di importanti critici. 

Egli ha inoltre concepito un'atlante sincronico-diacronico e diacronico-sincronico di tali manufatti: l'ambiziosa opera è in corso di realizzazione grazie alla collaborazione con enti, associazioni e singole persone, tra cui Lucia Farinazzo e Paola Trapani.

L'incontro di sabato è promosso dal Comune di Belluno e dall'Aics. Ingresso libero e gratuito.

mercoledì 28 novembre 2018

Schizzi...

In questo post regalo un piccolo spazio a un giovanissimo fotografo che quest'estate ha realizzato una bellissima photogallery di alcune opere pittoriche di Renzo Barbazza, prossima ad essere data alle stampe.

Nei tempi morti, Davide (questo il nome del fotografo) si è divertito a riprendere qualche campione scelto tra i minerali che conservo nel mio studio, come questo…


… oppure questa tormalina - che ricorda un po' il monolite kubrickiano


… oppure questo cristallo di solfato rameico pentaidrato, fatto crescere da una mia alunna.


Chiudo la brevissima rassegna con il cranio di una giovane femmina di capriolo: questo oggetto che ho trovato da bambino lo conservo tuttora nel mio studio e qui lo ammiro insieme a voi sotto una luce nuova.


Alla prossima!
mc



sabato 17 novembre 2018

SUNTO DELL'ULTIMA LEZIONE

Ieri, 16 novembre, ho concluso il mio ciclo di lezioni all'Università degli Anziani - Adulti (UAA) di Belluno.

Quest'anno ho trattato il glucosio, dal punto di vista storico, chimico e biochimico. Ho iniziato raccontandone la scoperta e l'evoluzione delle tecniche per determinarlo nei liquidi biologici; mi sono soffermato sul sapore dolce e sulle sostanze che percepiamo dolci (naturali e sintetiche); ho approfondito, per sommi capi, il metabolismo del glucosio nel corpo umano (QUI il riferimento) e in alcuni microorganismi (come i saccaromiceti, che operano la fermentazione alcolica trasformando il glucosio in etanolo e anidride carbonica).

Dell'ultimo argomento trattato, a due giorni dalla giornata mondiale del diabete, pubblico sotto il riassunto della mia esposizione che è stato distribuito ai presenti.


Qua e là ho raccontato, senza però calcare troppo la mano, anche i dettagli degli esperimenti, comprendenti dissezioni di cadaveri e osservazioni su animali (soprattutto cani).


Il codice cromatico sviluppato dal Prof. Barbazza sarà oggetto di un'esposizione dello stesso in primavera: io ho dato più spazio agli aspetti storici e chimici. 

Per concludere, condivido qui il commento di una persona del pubblico quando ho accennato al fatto che oggi l'insulina oggi è prodotta per via biotecnologica: "adesso schiavizzano anche i batteri". Tant'è.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
  • AAVV, La grande enciclopedia medica, Curcio editore, voce "Pancreas"
  • H. Berger, M. Buchler & co, The Pancreas, Wiley, 2008
  • L. Cerruti, Bella e potente..., Editori Riuniti, 2003
  • H.M. Dittrich - H.H. von Dorsche, On the development of anatomical research on the Pancreas from Vesalius to Bichat (capitolo di libro, QUI)
  • J. Howard, W. Hess, History of the pancreas - Mysteries of a Hidden Organ, Springer, New York, 2012
  • A. C. Rodriguez de Romo, J. Borgstein, Claude Bernard and pancreatic function revisited after 150 years (articolo su rivista, QUI).
  • J. Williams, The Nobel Pancreas: a historical perspective (articolo su rivista, QUI)

martedì 13 novembre 2018

A Rossini, nel 150esimo anniversario della morte.


Gioacchino Rossini, + 13.11. 1868

Quando corpus morietur
Fac ut animae donetur
Paradisi gloria. Amen.
In sempiterna saecula.

domenica 11 novembre 2018

La strada


Mi sono reso conto che consigliare ad una persona sofferente di "dimenticare" il proprio vissuto e le emozioni di fronte ad esso non è dimostrazione di amicizia, ma di superficialità. Bisogna andare avanti, ma la strada fatta non si cancella: che sia stata in salita o in discesa, larga o stretta, al sole o all'ombra e qualche volta sbarrata, non si cancella. 
mc

venerdì 9 novembre 2018

Un servizio di Marco Maisano


Sopra e sotto trovate la prima e la seconda parte del servizio su Gela, curato da Marco Maisano per Nemo - Nessuno escluso. Esse sono state mandate in onda su Rai Due il 26 ottobre e il 2 novembre, rispettivamente.

A partire dagli anni Sessanta, l'ex-ANIC ha certamente portato nella cittadina lavoro e benessere economico, ma anche problemi ambientali legati a lavorazioni impattanti come quelle che possono essere connesse all'industria petrolifera e petrolchimica. Ne avevo accennato QUI.


Nel video sottostante un ex-escavatorista racconta di aver interrato rifiuti tossici, ascoltando il commento degli ingegneri: "tra cinquant'anni qui moriranno tutti di tumore". A partire da questa testimonianza è stata aperta un'indagine, di cui attenderemo gli sviluppi.



PS: il vero aspetto interessante di questa e di altre vicende analoghe concerne l'evoluzione della legislazione in merito allo smaltimento dei rifiuti industriali. Non è affatto banale: qualcuno si è chiesto se fosse legale smaltire i rifiuti in quel modo, al tempo in cui l'operaio di cui sopra ha sotterrato i supporti ceramici dei catalizzatori esausti? 

domenica 4 novembre 2018

Lana di vetro e catalizzatori per la fotochimica

La catalisi eterogenea presenta significativi vantaggi sulla catalisi omogenea per quanto riguarda la facile separazione del catalizzatore dalla miscela di reazione e il suo riciclo.


Un recente studio condotto da Ayda Elhage (con i suoi colleghi dell'Università di Ottawa, nel gruppo del prof. Scaiano) e pubblicato QUI, propone la lana di vetro come supporto per metalli (come Pd, Co, Cu, Au, Ru) o loro ossidi allo scopo di preparare catalizzatori.


Su scala di laboratorio è stata sperimentata per reazioni termiche oppure fotochimiche come cicloaddizioni, dealogenazioni, coupling C-C (es. reazione di Sonogashira), click-chemistry (per formare cicli C-N): il recupero è facile (basta una pinzetta).


La giovane ricercatrice, nata in Libano, si è laureata in Chimica all'università di Beirut, ha ottenuto l'abilitazione all'insegnamento e come docente ha lavorato nella scuola secondaria. Dal 2014 si è trasferita a Ottawa, dove ha iniziato a lavorare sulla reattività fotochimica di ioduri alchilici, alchenilici e arilici in presenza di particelle d'oro supportate su TiO2.

Nell'articolo citato ella propone l'uso della lana di vetro, noto materiale usato come isolante termico, quale economico supporto per catalizzatori eterogenei in luogo dei tradizionali supporti ceramici o basati su allumina, silice, etc.

venerdì 2 novembre 2018

Il "Trattato" di Karrer ...

Con mia immensa gioia, sono riuscito a procurarmi una copia del Trattato di Chimica Organica di Paul Karrer (1889-1971) in edizione italiana, per i tipi di Sansoni (Firenze, 1956).

Come si evince leggendo l'introduzione di Livio Cambi, l'edizione è stata curata da Lamberto Malatesta (per la parte dei composti alifatici) e da Giovanni Jacini (per la parte dei composti aromatici). Lo stesso Cambi così descrive l'opera: 

"Dalla prima comparsa nel 1927 è stato un rapido susseguirsi di nuove edizioni, fino alla settima del 1941. [...] La ragione del successo di quest'opera risiede soprattutto nell'equilibrio mirabile nello sviluppo dei singoli argomenti [...] La trattazione è fondata saldamente sul sano metodo e criterio chimico sperimentale, ed esula da essa ogni eccesso di sviluppi teorici di cui oggi talvolta si abusa e che finora hanno costituito piuttosto un ornamento che uno strumento utile alla effettiva indagine chimica".

Magari qualche chimico organico di oggi potrebbe non essere molto d'accordo sull'ultima affermazione riportata, ma passiamo oltre.


Paul Karrer (1889-1971) nacque a Mosca. Fu allievo di Werner, con il quale si laureò nel 1911; successivamente passò a Francoforte, dove fu collaboratore di Ehrlich.

Nel 1918 divenne professore a Zurigo, dove divenne direttore dell'Istituto di Chimica. Si occupò dapprima di derivati arsenicali del benzene; poi di polisaccaridi e di amminoacidi. Fu uno dei massimi studiosi dei carotenoidi e delle vitamine: isolò la vitamina A e dimostrò che deriva dal carotene; isolò la riboflavina (vitamina B2) e indagò la struttura del tocoferolo (vitamina E).

L'Accademia dei Lincei gli accordò il premio Cannizzaro nel 1935; l'Accademia svedese delle Scienze coronò il suo lavoro con il premio Nobel per la Chimica nel 1937, ex aequo con il britannico Haworth.

Continuò la sua attività di ricerca occupandosi di alcaloidi, ai quali dedica un ampio spazio nella sezione conclusiva del trattato.

Il testo inizia delineando il campo di indagine della materia trattata e prosegue descrivendo l'esecuzione dell'analisi elementare dei composti organici, gli idrocarburi alifatici, i derivati alogenati, gli alcoli e i derivati, i composti dello zolfo, le ammine e i derivati organometallici, i composti carbonilici, i nitrili e altri derivati azotati. Tratta prima i composti monofuzionali, poi bifunzionali, trifunzionali e poi polifunzionali, per concludere la prima parte descrivendo gli zuccheri.

Nella seconda, esso parte tratta i composti aromatici, partendo dal benzene e proseguendo con i derivati alogenati, con i nitroderivati, i nitrosoderivati, gli acidi solfonici, i fenoli, gli alcoli aromatici, le aniline, i coloranti, le fenilidrazine e altri composti contenenti P, As, Sb e metalli alcalini. Conclude la parte trattando i composti ciclici ottenuti per riduzione parziale o totale dell'anello aromatico.

Nella terza parte, esso tratta i composti eterociclici e conclude con gli alcaloidi. Una brevissima quarta parte è dedicata alla preparazione dei composti contenenti radioisotopi, tanto utili come marcatori e in altri impieghi.


Avrò di che leggere e rallegrarmi un poco in questi giorni grigi.

giovedì 1 novembre 2018

Dalla Valle del Boite: altre immagini della sciagura...

Qualche giorno fa ho pubblicato il link ad un video che mostra il villaggio ENI in comune di Borca di Cadore, con l'abetaia, l'hotel, le villette e tanti bimbi sorridenti che svolgono le loro attività nella colonia estiva cinquant'anni fa.

In questo post, pubblico invece una selezione di alcune foto significative, gentilmente inviatemi dal signor Francesco Dall'Asta, che abita in un paese poco lontano da Borca, sempre nella valle dove scorre il fiume Boite (infatti il nome del comune di riferimento è Valle di Cadore).


Anche questa valle è stata martoriata dalla furia del vento (paragonato a un uragano di forza 4), dell'acqua e della terra che lunedì scorso ha imperversato tra le Dolomiti e tra le altre montagne delle Venezie. 





Credo che le immagini non abbiano bisogno di commenti o di didascalie.

mercoledì 31 ottobre 2018

UN FLAGELLO PER LA MONTAGNA VENETA

Un disastro come da tempo non si vedeva ha martoriato la montagna veneta: frane, smottamenti, esondazioni, strade cancellate, campi sott'acqua, case scoperchiate dal vento fortissimo di lunedì scorso. 


Non dico di più: lascio ad altri il compito di riportare la cronaca di un evento annunciato: QUI potete leggere un'intervista al Prof. Luigi D'Alpaos, che da anni mette in guardia sulle conseguenze del dissesto idrogeologico e sulla necessità di non sottovalutare la situazione. Nel testo linkato il riferimento è all'ultimo tratto del corso della Piave - ma un discorso analogo può essere esteso a tutto il bacino idrografico. 

Interessanti sono anche le considerazioni espresse in questo video: più che interessanti, direi fondamentali (per fortuna ci sono ancora Luminari che fan ben sperare per la dignità dell'Università italiana).


Ecco, nella foto sotto, le acque della Piave ingrossate e cariche di detriti: non me ne voglia D'Annunzio, ma riporto ancora una volta il nome del fiume al femminile, anche se il Vate non poteva sopportare che un eroe della Grande Guerra potesse essere donna.


Più di metà della provincia di Belluno è rimasta senza corrente elettrica e senza collegamenti telefonici per moltissime ore. 

Per lo scrivente, il disagio imposto dal maltempo si è limitato a questo: trentasei ore senza elettricità e senza internet. Ho riscoperto il piacere di studiare a lume di candela, per preparare le prossime lezioni…


Nel dramma, sono stato fortunato, vorrei dire benedetto. A parte l'isolamento forzato, non ho avuto altri problemi: ci sono persone che hanno subito notevoli danni all'abitazione, all'automobile o ad altre cose. Ci sono stati anche morti e dispersi, come possiamo leggere sui mezzi di informazione.

Un plauso va a tutti coloro che hanno saputo gestire l'emergenza con prudenza, fortezza ed equilibrio: agli amministratori e ai soccorritori. Grazie.

Una nota di biasimo va a chi lascia crescere la vegetazione (specialmente alberi) in modo selvaggio attorno alle linee elettriche e alle vie di comunicazione.

A chiusura di questo breve post, riporto il video con la celebre predica di don Camillo agli alluvionati di Brescello: non credo proprio che un (vero) prete oggi saprebbe fare meglio.


Un abbraccio a tutti, soprattutto agli abitanti delle "terre alte".


A presto!

lunedì 29 ottobre 2018

ACCADUEO' - un romanzo di Ezio Franceschini

Qualche giorno fa ho acquistato e letto tutto d'un fiato il romanzo "Accadueò" di Ezio Franceschini, giornalista veneziano trapiantato in Alpago, collaboratore del Corriere delle Alpi (lo sono stato anch'io molti anni fa) e docente di Comunicazione.


La vicenda è ambientata nel Bellunese, un territorio che l'autore immagina essere preda di uno sfruttamento idroelettrico senza scrupoli: ogni salto utile una centralina, un torrente imbrigliato, un'opera di presa. In effetti, il bacino della vecchia Piave è davvero uno dei più artificializzati d'Europa e dopo 55 anni è ancora aperta la tremenda ferita del Vajont, con i suoi 2000 morti.


Marcello, collaboratore di uno dei quotidiani locali, indaga su alcuni episodi di sabotaggio alle centraline e accompagna una collega di città giunta appositamente per un servizio sulla realtà montana  - devastata da un'industrializzazione selvaggia, dettata dal profitto e dai soldi facili degli incentivi a sostegno delle fonti rinnovabili.

"L'acqua è la vita che ci resta… 
quando se ne saranno impossessati, 
poi toccherà all'aria che respiriamo".

Oltre ai sabotatori, il giornalista conosce anche un gruppo di pacifici manifestanti, i "custodi dell'acqua", che della difesa delle acque libere ha fatto la sua bandiera - e forse un progetto di vita che vagamente mi ha riportato a Thoreau e alla sua vita nei boschi, ove la Natura diventa il termine ultimo di ogni ricerca filosofica: "andai nei boschi per vivere con saggezza… suggendo il midollo della vita… per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto". Questa citazione di qualche (celebre) frammento tratto da Thoreau è una mia associazione, non la trovate nel libro: piuttosto trovate descritte le speranze, anche ingenue, di qualche adolescente sognatore che cerca di tornare… into the wild.


Non dico altro, sia sulla trama sia sui personaggi, ma vi dico solo che la Natura, nelle ultime pagine del romanzo (che anche qua non è poi troppo distante dalla realtà), presenta il conto, in un finale che oserei definire un po' distopico (e in ciò risiede forse il tratto più originale dell'intera narrazione, accanto a un certo trasporto nel restituire la vita di redazione, che Ezio mostra di conoscere bene, in un affresco dai colori piuttosto vivaci).

"Qualche decina di metri più in là si intravedeva il bordo della voragine di marne e arenaria che aveva inghiottito mezza collina. Le redazioni dei due quotidiani erano finite entrambe in fondo alla scarpata, travolte, spinte dalla frana quasi sulla riva del fiume. […] La voragine però aveva inghiottito anche il suo lavoro...". 

E che cosa farà, allora, il nostro Marcello? Per scoprirlo, leggete il libro: Accadueò, di Ezio Franceschini - LFA Publisher, aprile 2018, pp. 152.


domenica 28 ottobre 2018

Breve cronologia dell'ANIC

L'Anic S.p.A., acronimo di Azienda Nazionale Idrogenazione Carburanti, è stato il nome di una azienda di stato, operante nel settore petrolchimico, protagonista di dello sviluppo industriale in Italia negli anni del Secondo dopoguerra.
Eccone brevemente la cronistoria.
  • 1936: l'azienda è fondata in piena autarchia per la produzione di combustibili, succedanei del petrolio, per idrogenazione del carbone.
  • 1938: viene fondata la raffineria di Bari.
  • 1940: viene costruita la raffineria di Livorno con attrezzature per produrre lubrificanti e paraffine.
  • 1953: nasce l'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi).
  • 1958: entra in funzione lo stabilimento di Ravenna per la fabbricazione di fertilizzanti (ammoniaca, urea, nitrato ammonico) e di gomma sintetica.
  • 1959: entra in funzione lo stabilimento di Gela, indirizzato prevalentemente all’attività di raffinazione.
  • 1962: entra in funzione lo stabilimento di Pisticci (Matera), per produrre metanolo e fibre sintetiche.
  • 1963: entra in funzione la raffineria di San Nazzaro dei Burgondi (Pavia).
  • 1971: entra in funzione lo stabilimento di Manfredonia, per la produzione di fertilizzanti, teatro di un drammatico incidente nel settembre 1976.
  • Anni Settanta: crisi del settore petrolchimico. 
  • 1984: Anic confluisce in Enichem.
Il seguente video racconta le attività dell'azienda, estese anche agli intermedi per l'industria farmaceutica e alla chimica fine.


Note: immagini dal web, video linkato dal canale youtube dell'Archivio nazionale del cinema d'impresa.