mercoledì 31 ottobre 2018

UN FLAGELLO PER LA MONTAGNA VENETA

Un disastro come da tempo non si vedeva ha martoriato la montagna veneta: frane, smottamenti, esondazioni, strade cancellate, campi sott'acqua, case scoperchiate dal vento fortissimo di lunedì scorso. 


Non dico di più: lascio ad altri il compito di riportare la cronaca di un evento annunciato: QUI potete leggere un'intervista al Prof. Luigi D'Alpaos, che da anni mette in guardia sulle conseguenze del dissesto idrogeologico e sulla necessità di non sottovalutare la situazione. Nel testo linkato il riferimento è all'ultimo tratto del corso della Piave - ma un discorso analogo può essere esteso a tutto il bacino idrografico. 

Interessanti sono anche le considerazioni espresse in questo video: più che interessanti, direi fondamentali (per fortuna ci sono ancora Luminari che fan ben sperare per la dignità dell'Università italiana).


Ecco, nella foto sotto, le acque della Piave ingrossate e cariche di detriti: non me ne voglia D'Annunzio, ma riporto ancora una volta il nome del fiume al femminile, anche se il Vate non poteva sopportare che un eroe della Grande Guerra potesse essere donna.


Più di metà della provincia di Belluno è rimasta senza corrente elettrica e senza collegamenti telefonici per moltissime ore. 

Per lo scrivente, il disagio imposto dal maltempo si è limitato a questo: trentasei ore senza elettricità e senza internet. Ho riscoperto il piacere di studiare a lume di candela, per preparare le prossime lezioni…


Nel dramma, sono stato fortunato, vorrei dire benedetto. A parte l'isolamento forzato, non ho avuto altri problemi: ci sono persone che hanno subito notevoli danni all'abitazione, all'automobile o ad altre cose. Ci sono stati anche morti e dispersi, come possiamo leggere sui mezzi di informazione.

Un plauso va a tutti coloro che hanno saputo gestire l'emergenza con prudenza, fortezza ed equilibrio: agli amministratori e ai soccorritori. Grazie.

Una nota di biasimo va a chi lascia crescere la vegetazione (specialmente alberi) in modo selvaggio attorno alle linee elettriche e alle vie di comunicazione.

A chiusura di questo breve post, riporto il video con la celebre predica di don Camillo agli alluvionati di Brescello: non credo proprio che un (vero) prete oggi saprebbe fare meglio.


Un abbraccio a tutti, soprattutto agli abitanti delle "terre alte".


A presto!

lunedì 29 ottobre 2018

ACCADUEO' - un romanzo di Ezio Franceschini

Qualche giorno fa ho acquistato e letto tutto d'un fiato il romanzo "Accadueò" di Ezio Franceschini, giornalista veneziano trapiantato in Alpago, collaboratore del Corriere delle Alpi (lo sono stato anch'io molti anni fa) e docente di Comunicazione.


La vicenda è ambientata nel Bellunese, un territorio che l'autore immagina essere preda di uno sfruttamento idroelettrico senza scrupoli: ogni salto utile una centralina, un torrente imbrigliato, un'opera di presa. In effetti, il bacino della vecchia Piave è davvero uno dei più artificializzati d'Europa e dopo 55 anni è ancora aperta la tremenda ferita del Vajont, con i suoi 2000 morti.


Marcello, collaboratore di uno dei quotidiani locali, indaga su alcuni episodi di sabotaggio alle centraline e accompagna una collega di città giunta appositamente per un servizio sulla realtà montana  - devastata da un'industrializzazione selvaggia, dettata dal profitto e dai soldi facili degli incentivi a sostegno delle fonti rinnovabili.

"L'acqua è la vita che ci resta… 
quando se ne saranno impossessati, 
poi toccherà all'aria che respiriamo".

Oltre ai sabotatori, il giornalista conosce anche un gruppo di pacifici manifestanti, i "custodi dell'acqua", che della difesa delle acque libere ha fatto la sua bandiera - e forse un progetto di vita che vagamente mi ha riportato a Thoreau e alla sua vita nei boschi, ove la Natura diventa il termine ultimo di ogni ricerca filosofica: "andai nei boschi per vivere con saggezza… suggendo il midollo della vita… per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto". Questa citazione di qualche (celebre) frammento tratto da Thoreau è una mia associazione, non la trovate nel libro: piuttosto trovate descritte le speranze, anche ingenue, di qualche adolescente sognatore che cerca di tornare… into the wild.


Non dico altro, sia sulla trama sia sui personaggi, ma vi dico solo che la Natura, nelle ultime pagine del romanzo (che anche qua non è poi troppo distante dalla realtà), presenta il conto, in un finale che oserei definire un po' distopico (e in ciò risiede forse il tratto più originale dell'intera narrazione, accanto a un certo trasporto nel restituire la vita di redazione, che Ezio mostra di conoscere bene, in un affresco dai colori piuttosto vivaci).

"Qualche decina di metri più in là si intravedeva il bordo della voragine di marne e arenaria che aveva inghiottito mezza collina. Le redazioni dei due quotidiani erano finite entrambe in fondo alla scarpata, travolte, spinte dalla frana quasi sulla riva del fiume. […] La voragine però aveva inghiottito anche il suo lavoro...". 

E che cosa farà, allora, il nostro Marcello? Per scoprirlo, leggete il libro: Accadueò, di Ezio Franceschini - LFA Publisher, aprile 2018, pp. 152.


domenica 28 ottobre 2018

Breve cronologia dell'ANIC

L'Anic S.p.A., acronimo di Azienda Nazionale Idrogenazione Carburanti, è stato il nome di una azienda di stato, operante nel settore petrolchimico, protagonista di dello sviluppo industriale in Italia negli anni del Secondo dopoguerra.
Eccone brevemente la cronistoria.
  • 1936: l'azienda è fondata in piena autarchia per la produzione di combustibili, succedanei del petrolio, per idrogenazione del carbone.
  • 1938: viene fondata la raffineria di Bari.
  • 1940: viene costruita la raffineria di Livorno con attrezzature per produrre lubrificanti e paraffine.
  • 1953: nasce l'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi).
  • 1958: entra in funzione lo stabilimento di Ravenna per la fabbricazione di fertilizzanti (ammoniaca, urea, nitrato ammonico) e di gomma sintetica.
  • 1959: entra in funzione lo stabilimento di Gela, indirizzato prevalentemente all’attività di raffinazione.
  • 1962: entra in funzione lo stabilimento di Pisticci (Matera), per produrre metanolo e fibre sintetiche.
  • 1963: entra in funzione la raffineria di San Nazzaro dei Burgondi (Pavia).
  • 1971: entra in funzione lo stabilimento di Manfredonia, per la produzione di fertilizzanti, teatro di un drammatico incidente nel settembre 1976.
  • Anni Settanta: crisi del settore petrolchimico. 
  • 1984: Anic confluisce in Enichem.
Il seguente video racconta le attività dell'azienda, estese anche agli intermedi per l'industria farmaceutica e alla chimica fine.


Note: immagini dal web, video linkato dal canale youtube dell'Archivio nazionale del cinema d'impresa.

sabato 27 ottobre 2018

Ricordando Mattei...

Per ricordare Enrico Mattei, scomparso in circostanze tragiche il 27 ottobre 1962, propongo questo breve video sul villaggio ENI di Corte di Cadore (BL), da lui stesso voluto per i suoi collaboratori. 

Il villaggio fu progettato da Edoardo Gellner (con qualche intervento di Carlo Scarpa) e costruito in comune di Borca di Cadore: villette, capanne, due hotel e una chiesa si inseriscono nel paesaggio montano ai piedi dell'Antelao, in un punto panoramico dal quale si gode una bella vista del Pelmo e delle montagne che incorniciano Cortina d'Ampezzo.i 

Il tema musicale della colonna sonora, curata da Egisto Macchi, è il medesimo che accompagna le scene del film che documenta la costruzione del petrolchimico di Gela.


Buona visione!

mercoledì 24 ottobre 2018

FUMO...


24 ottobre 2018. Esco con l'intenzione di godermi un classico tramonto d'ottobre, con i cieli tinti di rosso, di porpora, di rosa, di giallo. Lo spettacolo ci sarebbe pure e meglio si nota nella foto sotto: è tuttavia offuscato da nuvole di fumo grigio che si notano a destra, nei due scatti, e che provengono dall'Agordino.


Quei nuvoloni di fumo sono causati da un incendio che ha distrutto i boschi nelle valli di San Lucano. La foto dal satellite, scattata alle 16.50 (l'ora è riportata in alto a sinistra), evidenzia la zona dove ha origine il fumo e il propagarsi dello stesso verso sud (nel cerchio rosso).


Le immagini dell'incendio, in loco, sono tremende: la valle si è riempita di fumo e le fiamme corrono - preciso che ora l'evento è monitorato dai Vigili del Fuoco

La causa dell'incendio? Sembra sia da imputare a un albero rovinato sulla linea dell'alta tensione: leggeremo gli aggiornamenti nelle prossime ore, mentre un video gira in internet (non so chi ne sia l'autore e pertanto non lo ripubblico qui) e mostra la furia del fuoco distruttore.


Quello stesso fumo ha oscurato il sole in Val Belluna: ad un certo punto, questo pomeriggio esso appariva come un punto rosso, avvolto da una nube grigia sovrastante un aria giallastra, carica dei prodotti della combustione: l'odore resinoso era netto e percepibile.


La foto, scattata dall'amico Davyd (che ringrazio), rende bene quanto ho appena descritto. E Belluno? Eccola qui sotto, avvolta dalla tremenda nube che si porta via i boschi di San Lucano e sporca di grigio e di giallo il cielo blu cobalto - che appare di suo così bello e limpido in questi ultimi giorni di ottobre...


MC

Generalità sugli enzimi

Gli enzimi sono i catalizzatori biologici, caratterizzati da:
  • peso molecolare elevato;
  • selettività;
  • specificità;
  • operatività in condizioni fisiologiche;
  • facile denaturabilità.
Essi consistono in proteine globulari che svolgono la loro azione con l'ausilio di cofattori enzimatici: la parte proteica è detta apoenzima, la parte non proteica (ioni metallici e/o vitamine) è detta coenzima.

L'attività enzimatica è fortemente condizionata dall'ambiente: valori ottimali di temperatura, di pH e di altri parametri influiscono sulla struttura e sulla funzione dell'enzima.

La molecola riconosciuta dall'enzima, sulla quale esso opera una sola trasformazione, è detta substrato.

Il substrato (S) si lega all'enzima (E) nel sito attivo per dare l'addotto enzima-substrato (ES). Presso il sito attivo avviene la reazione che porta alla formazione dell'addotto enzima-prodotto (EP) e quindi al rilascio del prodotto (P) e dell'enzima che riconosce un altra molecola di substrato e dà il via a un nuovo ciclo catalitico. 

Il numero di cicli catalitici nell'unità di tempo corrisponde al turnover dell'enzima. Il numero di turnover è massimo nelle condizioni ottimali e decresce al di fuori di esse o in presenza di inibitori.

Un inibitore può essere:
  • inibitore competitivo: si lega al sito attivo al posto del substrato (quindi compete con il substrato per il sito attivo);
  • inibitore non competitivo: si lega in un sito diverso dal sito attivo; modifica la forma dell'enzima - quindi anche la forma del sito attivo - e impedisce al substrato di legarsi.
  • inibitore da substrato: un eccesso di substrato non aumenta la velocità massima della reazione catalizzata dall'enzima.
A seconda del tipo di reazione catalizzata, gli enzimi sono classificati in sei classi:
  • idrolasi (reazioni di idrolisi);
  • ossidoreduttasi (reazioni redox)
  • liasi (addizione o eliminazione con formazione di doppi legami C=C)
  • ligasi (condensazione di piccole molecole con formazione di molecole più grandi e consumo di energia)
  • transferasi (trasferimento di gruppi funzionali)
  • isomerasi (isomerizzazione di molecole); 
Lo sfruttamento di reazioni catalizzate da enzimi è antichissimo e coinvolge la fabbricazione di birra, vino e altre bevande alcoliche; la levitazione del pane, la preparazione dei formaggi, etc.
Solo agli inizi del XIX secolo si è cominciato a studiare scientificamente questi fenomeni. Kirchoff aveva osservato l'idrolisi dell'amido prima ad opera di acidi diluiti e poi di un estratto di frumento, dal quale Payen e Persoz isolarono la diastasi nel 1833. Tre anni più tardi, Schwann isolò la pepsina dal succo gastrico e riconobbe la sua azione nella digestione delle proteine. Nello stesso anno, Berzelius introdusse il termine catalisi e intuì che anche l'azione degli enzimi dovesse essere inclusa tra i fenomeni catalitici.
Negli anni successivi, Pasteur e altri osservarono che il lievito non era una sostanza ma un organismo vivente costituito da cellule. Da esse, Berthelot isolò l'invertasi (1860), sostanza capace di eseguire l'inversione del saccarosio. Kuhne, scopritore della tripsina, introdusse il termine enzima (= "nel lievito") per indicare tutte le sostanze biologiche con azione catalitica. Buchner osservò che gli enzimi mantengono le loro proprietà catalitiche anche al di fuori del contesto cellulare e studiò la zimasi - che catalizza la fermentazione alcoolica.
Nel 1913 Michaelis e Menten quantificarono l'attività degli enzimi, descrivendola con un'equazione che porta il loro nome.
Tra il 1925 e il 1935, Sumner cristallizzò e caratterizzò ai raggi X l'ureasi; Northrop e Kunitz fecero altrettanto con pepsina, tripsina e chimotripsina. I dettagli del ciclo catalitico di questi enzimi furono descritti da Robert M. Stroud negli anni Settanta. Ogni singolo passaggio, che coinvolge reazioni semplici, è giustificato attraverso le leggi generali della Chimica Organica: attacco nucleofilo, attacco elettrofilo, addizione o eliminazione di piccole molecole (acqua, ammoniaca), etc.

martedì 16 ottobre 2018

Un bel regalo della mamma...


Dopo la vita nella sua interezza e il tempo dedicatoci nell'infanzia, ecco il regalo più bello che ci ha fatto la mamma: il mitocondrio.

Questo organulo, come si legge spesso sui libri scolastici di biologia, costituisce la centrale energetica delle cellule e non solo: in esso avvengono molte altre funzioni fondamentali per il metabolismo dei carboidrati, dei lipidi, degli amminoacidi, delle purine e delle porfirine.

Ogni cellula contiene da decine a centinaia di mitocondri e il numero varia a seconda del tipo di cellula. Essi sono presenti in tutte le cellule eucariote e mancano nelle cellule procariotiche - nelle quali le funzioni necessarie sono trasferite ad altre strutture interne.

1898. Il termine mitocondrio fu introdotto da Carl Benda: dal greco, letteralmente significa chicco di filo.

1907. Il mitocondrio è identificato come organulo cellulare.

1950. Albert Lehninger e Eugene Kennedy individuano il mitocondrio come sede della beta-cheto-ossidazione degli acidi grassi, del ciclo di Krebs e della fosforilazione ossidativa. Studi successivi chiariranno il meccanismo della sintesi dell'ATP, molecola che costituisce la "valuta energetica" della cellula. Il tema è stato richiamato altrove in questo blog (QUI).

Oggi i mitocondri destano interesse tra medici e biologi per il loro ruolo svolto nel metabolismo delle specie reattive dell'ossigeno (coinvolte, ad esempio, nell'invecchiamento cellulare) e nell'apoptosi (attuazione del programma di autodistruzione cellulare).

Come si può notare dall'attenta osservazione dell'immagine soprastante (ottenuta con il microscopio elettronico), procedendo dall'esterno verso l'interno, in un mitocondrio si possono identificare:
  • una membrana esterna, costituita da fosfolipidi, proteine (tra cui molti enzimi coinvolti nel metabolismo lipidico e altri ancora come la monoamminossidasi) e canali di porina che permettono a piccole molecole di diffondere nello spazio intermembrana;
  • uno spazio intermembrana, che separa la membrana esterna dalla membrana interna;
  • una membrana interna (ricca di creste mitocondriali, speciali ripiegamenti presso i quali avviene la sintesi dell'ATP, ad opera dell'enzima ATP-sintasi);
  • la matrice (colorata in blu, contiene acqua, proteine idrosolubili e tra queste molti enzimi; ribosomi e DNA mitocondriale organizzato in cromosomi circolari).
Nella matrice avvengono le reazioni che compongono importanti vie metaboliche, quali la degradazione (beta-cheto-ossidazione) degli acidi grassi, il ciclo di Krebs, una parte del ciclo dell'urea, etc.


Ricordo ancora di aver familiarizzato con il vocabolo mitocondrio, da piccolo, guardando i cartoni animati di Albert Barillé - nei quali, attraverso la rappresentazione fantastica, essi assumevano i contorni di imponenti stabilimenti industriali (immagine sottostante). 

In effetti, studiando le vie metaboliche molti anni dopo, sotto la guida di un grandissimo docente che ringrazio ogni giorno di aver incontrato nel mio percorso formativo, mi sono reso conto che nel tracciare i diagrammi di flusso delle trasformazioni della materia in un impianto trovo molte analogie con  le intricate mappe metropolitane - con le quali oggigiorno si rappresentano le interconnessioni delle trasformazioni che avvengono nelle nostre cellule (QUI qualche altro esempio, oltre a quello sopra riportato). 

Anche là, nel piccolo spazio dell'organulo, si trovano reagenti, intermedi, catalizzatori (gli enzimi); si calcolano bilanci in merito agli scambi di materia ed energia (il mitocondrio gioca un ruolo essenziale nella produzione del calore) e si teme pure anche qualche incidente - che può costare la vita. Ah, dimenticavo: ci sono pure i sistemi di trasporto, analoghi di camion cisterna e di treni merci.


Qual è l'origine dei mitocondri? Secondo la teoria endosimbiontica, essi sarebbero stati dei batteri ancestrali con metabolismo ossidativo; successivamente sarebbero stati inglobati in una cellula eucariote con mutuo beneficio. 

I mitocondri, grazie alla respirazione cellulare, producono molta energia, necessaria alle molteplici reazioni coinvolte nella sintesi del variegato proteoma di una cellula complessa come quella eucariote - che da sola non sarebbe in grado di ottenere per altra via.

Nelle cellule delle varie specie viventi, i mitocondri hanno origine da altri mitocondri: come ho ricordato in apertura, ciascuno di noi li eredita dalla propria madre biologica e questi si duplicano all'interno delle cellule.


Grazie per la lettura!
mc

sabato 13 ottobre 2018

Pensieri sparsi...



Sono seduto nel mio studio, solo, immerso nel silenzio. Dietro a me, lo scaffale imponente dei libri di medicina occupa un'intera parete; alla mia sinistra, il tavolo da lavoro, rigorosamente in disordine, coperto di pipette, barattoli e diverse bottiglie del gingerino riciclate a mo' di beute. 

Oltre il tavolo, il vecchio mobile angolare cede sotto il peso dei trattati di chimica: dai testi scolastici a quelli universitari, dai grandi classici ai fascicoli con gli appunti di corsi e conferenze, fino alle ultime novità editoriali apparse recentemente sul panorama divulgativo nazionale.

Nell'angolo opposto, il frigo con le bibite e sopra, appese alla parete, le fotografie degli anni universitari che mi ritraggono con gli amici più cari.

Mi guardo attorno e mi dico fortunato: perché ho uno studio tutto mio dove conservare gli oggetti più preziosi, non tanto sul piano economico, quanto su quello personale. Si tratta di una "fortuna" che sento minacciata e non so spiegare il perché. Forse da un futuro incerto? Forse dal vento politico? Forse da un cataclisma naturale? Un terremoto? Un'alluvione? O forse semplicemente dal tempo che passa contrappuntato alla delusione per alcuni progetti irrealizzati, per taluni irrealizzabili e per altri ancora mai cominciati. Barba e capelli imbiancano sempre più velocemente, denti e articolazioni cominciano a dolere e anche l'appetito viene assai meno, rispetto a un tempo.

In occasione del mio genetliaco, ho riletto per l'ultimo volta quella sorta di inno ai trentenni che Oriana Fallaci ha inserito in "Se il sole muore": l'ho letto la prima volta seduto al tavolino di un bar, a Venezia (presso Santa Marta), il giorno che ho compiuto 30 anni. 

Da allora, ogni anno, l'ho ripreso e mi ha sempre riempito di entusiasmo, immaginandomi sulla cima della montagna a contemplare da un lato la strada percorsa in salita e dall'altro quella da fare in discesa per tornare a valle. Innanzi a me, il paesaggio.

Dal prossimo anno sparirà il tre per lasciare il posto al quattro; si comincia a scendere, si lascia la cima - che con mio rammarico non è poi così alta come avrei desiderato e per la quale ho fatto sacrifici, rinunce e ho profuso molto impegno, forse non abbastanza. 

Intanto, per uno puzzo troppo da prete, per un altro sono figlio di un socialista (ma socialista non sono e non sono mai stato), per quell'altro è meglio che faccia musica, per quest'altro ho la barba lunga, per troppi sono vecchio, per qualcuno sono ancora giovane, per tanti non ho abbastanza esperienza, per alcuni non ho mai lavorato in vita mia (e questi sono quelli che si riposano portando stanghe e che sgobbano per il piacere di stancarsi, quando invece stancano gli altri con i loro discorsi vuoti e ripetitivi).

Se penso al presente, sono felice: materialmente non mi manca nulla, ho il mio studio nel mio pezzo di casa in campagna, immerso nel silenzio rotto dal canto degli uccelli e dal ronzio di vespe e zanzare. Ho il mio lavoro, che mi piace e che ben si accorda con il mio percorso formativo - anche se la nostalgia del laboratorio c'è sempre e brucia assai: dell'HPLC, del reattore per le carbonilazioni, della bilancia analitica, del capo e della fenilidrossilammina, dell'odore aromatico del nitrobenzene. 

Già: perché, qualche anno fa, nel giorno del mio compleanno ho pure presentato il mio lavoro di tesi per la laurea triennale - quello che mi ha fatto innamorare della catalisi, campo a cui avrei dedicato volentieri qualche altro anno di attività. Le cose sono andate diversamente. It doesn't matter.

Alzo lo sguardo, vedo le luci del tramonto rischiarare la finestra della mia stanza e distrarmi dai ricordi e dalle malinconie. Alla fine sento un gran bisogno di dire: "grazie". Non so a chi. Forse alla mamma, che mi ha messo al mondo trentanove anni or sono; forse ad alcune persone significative per la mia formazione (quasi tutte non bellunesi); sicuramente agli Amici, così lontani geograficamente ma sempre presenti nei ricordi e nel Lev - il cuore. Magari il buon don Giacomo, se mai mi riceverà ancora, mi ricorderà anche di ringraziare Qualcun altro, lassù. 



lunedì 8 ottobre 2018

O.D.E.

L'ossido di etilene è un composto organico ossigenato, la cui formula bruta è C2H4O (isomero dell'acetaldeide) e la formula di struttura è descritta da un ciclo a tre termini (due atomi di C e uno di O), molto tensionato e quindi assai reattivo: è il più semplice degli epossidi.


Fu descritto per la prima volta da Charles Adolph Wurtz nel 1859: egli lo preparò prima trattando l'alcool etilico con acqua di cloro, per ottenere il 2-cloroetanolo; e quindi, facendo reagire quest'ultimo con potassa caustica, si aveva l'ossido di etilene.


L'interesse per questo composto crebbe dal 1914 perché da esso si preparavano il glicole etilenico (usato come antigelo) e le ipriti (usate come aggressivi chimici).

Il vecchio libro del Molinari tratta le ipriti proprio nel capitolo dedicato alla cloridrina etilenica (vecchio nome del 2-cloroetanolo) e al glicole etilenico, derivati dall'ossido di etilene - in quanto allora quest'ultimo si preparava ancora con il metodo di Wurtz, portato su grande scala da Caro.

Solo nel 1931 Theodore Lafort perfezionerà il metodo attualmente usato per produrlo, ovvero l'ossidazione dell'etilene con aria (oppure ossigeno) in presenza di argento come catalizzatore.


Questa idea, riportata su scala industriale per la prima volta dalla Union Carbide, è stata ripensata poi in diverse soluzioni ingegneristiche che usano aria (un tempo) oppure ossigeno (i più moderni) come ossidanti.

Tra gli accorgimenti introdotti, uno riguarda la dispersione di uno strato di argento su un supporto opportuno; un altro, l'aggiunta di 1,2-dicloroetano come inibitore per minimizzare l'ossidazione totale dell'etilene ad anidride carbonica e acqua.


Oggi, l'ossido di etilene costituisce uno dei più importanti prodotti dell'industria chimica organica in quanto è un importante intermedio per la sintesi di:
  • glicole etilenico, usato oltre che nei liquidi antigelo, anche nella sintesi di materie plastiche (poliesteri, poliuretani);
  • PEG (poli-etilen-glicoli), importanti componenti dei cosmetici e dei detergenti, in quanto agiscono come tensioattivi non ionici;
  • etanolammine, usate nella formulazione di cosmetici (monoetanolammina: MEA; dietanoloammina: DEA; trietanolammina: TEA) oltre che nel trattamento di gas acidi;
  • etilen-carbonato, per reazione con CO2 in presenza di opportuni catalizzatori, usato per preparare altri carbonati organici, con la formazione di glicole etilenico come coprodotto.

Altro composto, ottenibile dalla reazione del benzene con l'ossido di etilene, è il 2-feniletanolo, il cui profumo ad alcuni ricorda il gelsomino, ad altri la rosa:


L'ossido di etilene è usato anche nella sterilizzazione di strumenti chirurgici in quanto uccide microorganismi patogeni (batteri, funghi, spore). 

Nota e descritta in letteratura è la tossicità da inalazione per l'uomo; negli animali, l'esposizione a questo composto è associata a mutazioni e a forme neoplastiche a carico del fegato.

domenica 7 ottobre 2018

MUSICA? NO, GRAZIE.

Continuo a ricevere e-mail con inviti a dedicarmi ad attività musicali e questo con sommo dispiacere da parte mia.

Quando ero giovane e avrei voluto davvero dedicarmi alla musica, ho incontrato innumerevoli resistenze: in casa, a scuola, nel giro dei coetanei...

"Di musica non si vive", "la musica è roba da falliti": fatalità, i miei primi soldini li ho "guadagnati" strimpellando di qua e di là, soprattutto a funzioni religiose - in anni in cui il messaggio cristiano mi affascinava, quasi mi incendiava.

Da adolescente, adoravo la musica: erano gli anni in cui ero iscritto (ma oggettivamente frequentavo poco), ancora con mio sommo dispiacere (mai, per altro, sopito), al liceo scientifico della mia città natale. 



Tanto detestavo (e detesto) quella scuola che, dopo aver ottenuto il diploma (98/100), non ci ho più messo piede (e quasi sono passati vent'anni).

Ho continuato a suonare (sempre meno) e andare ai concerti: dal 2008, dopo aver completato gli studi in ambito teologico e filosofico (da laico, non sono ministro di culto), ho progressivamente abbandonato tutto (musica e religione) per studiare altro, fino al 2013 - anno in cui ho smesso definitivamente di suonare.

Se avessi voluto continuare a dedicarmi alla musica non mi sarei iscritto a Chimica, all'università, ma ad altro corso di laurea. Invece ho sentito il bisogno di riconciliarmi con il mondo delle Scienze naturali - e con la Chimica in particolare, dopo aver imparato a detestarle sui banchi del liceo.

Poi, al termine del mio brillante percorso di studi in ambito chimico (con un 110 L che prima o poi la politica svuoterà del suo significato), vanificato dalla scelta di una tesi magistrale del tutto sbagliata, mi sento dire che puzzo troppo da prete per continuare e che è meglio che mi dedichi a suonare e a scrivere.

Insisto: se avessi voluto questo per la mia vita, avrei investito in altri studi, non in quelli che ho portato a termine e che attualmente mi offrono l'occasione di potermi guadagnare da vivere onestamente - e anche con una certa soddisfazione personale, nonostante la precarietà (mal comune, mezzo gaudio...).

Qualche giorno fa ho trovato il mio vecchio insegnante di Lettere: è una delle poche persone di quegli anni di scuola lontani e tristi che rivedo sempre volentieri. Tra le varie cose, mi ha chiesto come andava con la musica... la risposta è stata: "ho smesso". C'è chi smette di fumare, di tirare cocaina, di correre in macchina, di giocare a calcio: io ho smesso con la musica. Ho dato, ad ogni stagione il suo frutto. La stagione della musica per me è finita cinque anni fa. Fatevene una ragione.

Amen.

mercoledì 3 ottobre 2018

ICAM 300 GIORNI



19 maggio 1985: l'impianto per l'etilene di Priolo (Siracusa) va a fuoco. L'incendio è contenuto, i sistemi di sicurezza funzionano e salvano i reparti dello stabilimento prossimi a quello dove ha avuto origine l'evento.


In undici mesi è ricostruito, grazie all'impegno delle maestranze locali, di altri tecnici provenienti dal nord e alla collaborazione di varie aziende. 


Il 4 aprile 1986 lo stabilimento riprende la sua attività e Lucio Dalla, autore della colonna sonora, incide la sua "ballata del fuoco" su testo di Tonino Guerra. La regia del film "Icam 300 giorni" è dei fratelli Taviani e di Valentino Orsini.


Grandi registi tornano a filmare il sito produttivo siciliano, dopo il giovane Olmi che QUI avevo ricordato documentare la costruzione del "grande paese d'acciaio". E l'anno prima dell'inaugurazione dello stabilimento, a Siracusa, la Madonna pianse le sue lacrime: forse aveva contemplato la costa sfigurata dalle ciminiere, dalle colonne e dai parchi serbatoi, laddove prima c'erano spiagge e macchia mediterranea?


Clikkate per ingrandire e osservare il diagramma di flusso dello steam cracking sovrapposto all'immagine dello stabilimento come si vede dalla SP 62.

Bisogna ricordare che:
  • oggigiorno, le materie plastiche si ricavano dal petrolio;
  • il petrolio greggio, dissalato e deacquificato, è frazionato in vari tagli, tra i quali la virgin nafta.
  • Nei processi di steam cracking, la virgin nafta: 
    • è riscaldata per una frazione di secondo a 900°C nei forni di pirolisi (a sinistra);
    • quindi è bruscamente raffreddata (quenching); 
    • si formano, tra i vari prodotti, etilene, propilene e butadiene, che sono separati in un complicato processo il quale sfrutta le proprietà fisiche di tali gas.
  • Dall'etilene si ricavano il polietilene, il polistirene, il PVC, il PET.
  • Dal propilene si ricava il polipropilene isotattico (scoperta di Giulio Natta).
  • Dal butadiene si ricava gomma sintetica (elastomeri).
  • QUI avevo già ricordato questi dettagli, con qualche approfondimento mirato.

lunedì 1 ottobre 2018

La sintesi del solfuro ferroso.


Il video soprastante mostra alcuni istanti della preparazione del solfuro ferroso a partire dagli elementi che lo costituiscono:
  • si tratta di una reazione esotermica (idea richiamata nell'immagine iniziale), anche se all'inizio deve essere somministrato del calore;
  • la reazione di sintesi coinvolge due elementi, lo zolfo (polvere gialla) e il ferro (polvere grigia);
  • prima i due solidi si mescolano intimamente, ma è possibile distinguere i granuli gialli dello zolfo dai granuli scuri di ferro. Abbiamo preparato un miscuglio eterogeneo, dal quale possiamo ancora recuperare i componenti puri separando il ferro (ad esempio, con una calamita) oppure lo zolfo con un solvente opportuno (S è solubile negli idrocarburi).
  • Riscaldando il miscuglio, avviene la reazione - che libera calore (notare il calor rosso alla fine del video).
  • Al termine abbiamo ottenuto un solido grigio, il solfuro ferroso (nella foto sotto), che non è attratto dalla calamita (come il ferro) e che non è solubile negli idrocarburi (come lo zolfo). Il composto che si è formato mostra proprietà diverse rispetto agli elementi costitutivi.

Altro esempio di sintesi di un composto dagli elementi, piuttosto facile da ricordare ma non da proporre sul piano sperimentale, è il seguente:
  • il sodio è un metallo alcalino, grigio, tenero (si taglia con un coltello), molto reattivo (reagisce con l'acqua liberando idrogeno gassoso, formando una soluzione di idrossido di sodio: la reazione è molto esotermica e talvolta il sodio si incendia oppure esplode, come ben sanno i pescatori di frodo);
  • il cloro è un non metallo di color verdognolo, gassoso, molto reattivo anch'esso e assai velenoso (fu usato come aggressivo chimico durante la Grande Guerra);
  • dalla combinazione del sodio con il cloro si forma il cloruro di sodio, NaCl, il comune sale da cucina che usiamo per condire l'insalata e che aggiungiamo all'acqua per cuocere la pasta. 
  • Anche in questo caso la reazione è molto esotermica, come potete vedere nel video sotto (non mio, ma linkato da youtube).

E adesso non venitemi a dire che "il sale fa male perché il sodio esplode e il cloro uccide", per favore! Grazie per la lettura e per la visione dei video. Alla prossima!