domenica 26 maggio 2019

Una domenica tra grandi doveri e piccoli piaceri...


All'ora segnata dal mio vecchio G-Shock, ero da poco ritornato a casa, dopo essere andato in municipio per rinnovare la tessera elettorale ed essermi recato al seggio per adempiere al mio dovere di votare: per il Sindaco e per il Parlamento europeo. 

Tornato a casa, con la diffusa tecnica pittorica contemporanea nota come "pennarello su fotocopia", ho realizzato l'opera seguente, dall'eloquente titolo: "L'endocrino del Belvedere".


Il profilo dell'Apollo pitico era stato da me tratteggiato un quarto di secolo fa, per un'esercitazione scolastica. Ritrovato il bozzetto tra pacchi di carta destinata al riciclaggio, ho deciso di riutilizzarlo per preparare materiali didattici, come lo schema delle ghiandole endocrine che ho fotocopiato e recentemente distribuito, avendo accennato in classe a questo fantastico capitolo della fisiologia umana e animale. 

venerdì 17 maggio 2019

Giocando con la fluoresceina...

La fluoresceina è un colorante ottenuto per la prima volta nel 1871, presso i laboratori della Bayer. Si prepara per reazione dell'anidride ftalica con la resorcina, per semplice riscaldamento (a 200°C) o utilizzando cloruro di zinco anidro come catalizzatore.


Il sale sodico della fluoresceina è detto uranina: si presenta come una polvere rossiccia che in acqua dà soluzioni colorate intensamente in giallo-verde e una caratteristica fluorescenza se investito di radiazione UV a 254 nm. 


Il colorante non si utilizza tanto nella tintura dei tessuti quanto piuttosto come tracciante in speleologia, per individuare il corso di fiumi sotterranei o la direzioni di correnti marine o lacustri. Trova impiego anche in chimica analitica come indicatore.


Per reazione con il bromo, dà eosina (un importante colorante usato in istologia); per reazione con lo iodio, dà eritrosina (un importante colorante alimentare).


Nelle foto pubblicate in questo post vedete l'effetto di un insignificante granello di uranina in acqua fredda: il colorante diffonde lentamente dando luogo a linee visivamente suggestive, che un'amica ha definito il genio della lampada mentre prende forma.

martedì 14 maggio 2019

La S'ciara imbiancada...

Due scatti a confronto. Ecco il gruppo dello Schiara ieri, 13 maggio 2019...


... e oggi, 14 maggio, ripreso all'incirca dallo stesso punto.


Evviva la neve di metà maggio.

domenica 12 maggio 2019

"Va sossopra il mio cervello" ossia il gran concerto degli ormoni...

Ogni giorno, dentro di noi, avviene una serie di reazioni tra loro interdipendenti, che si manifesta nel mantenimento dell'omeostasi (ovvero di un ambiente interno costante, come scriveva Claude Bernard a metà Ottocento). Ciò è possibile grazie a meccanismi di integrazione e di controllo che raggiungono ogni parte del nostro organismo e che fanno capo al sistema nervoso e al sistema endocrino.

Il sistema endocrino è formato dalle ghiandole a secrezione interna: esse riversano i loro prodotti direttamente nel circolo sanguigno. Tali prodotti sono chiamati ormoni, molecole di varia natura chimica (peptidi, proteine, steroidi, ammine) che hanno diverse funzioni riassumibili per comodità in tre gruppi:
  • stimolano altre ghiandole;
  • regolano il metabolismo;
  • favoriscono la crescita.
Le varie ghiandole lavorano in armonia tra loro e con tutto il resto del corpo: prepariamoci allora ad apprezzare un concerto che in primavera (ma non solo) si fa particolarmente sentire, il concerto endocrino. Protagoniste della performance sono l'ipofisi, l'epifisi, la tiroide, le paratiroidi, il pancreas, le capsule surrenali e le gonadi, con i loro ormoni.

Nel 1931, Sir Walter Langdon Brown (1870-1946) scrisse che l'ipofisi è il direttore dell'orchestra endocrina - come ricorda Douglas Hubble in un articolo apparso il 25 febbraio 1961 sulle colonne del British Medical Journal.


In realtà, molti autori convengono sul fatto che il ruolo di direttore spetti all'ipotalamo e che l'ipofisi sia invece il primo violino: si parla di asse ipotalamo-ipofisi.


Nel 1932, Langdon Brown, presso l'università di Cambridge, si dedicò allo studio dello sviluppo dell'ipofisi considerando gli embrioni di pollo.

Nell'uomo, questa piccola ghiandola comincia a formarsi alla quarta settimana dal concepimento e si sviluppa fino a raggiungere le dimensioni di un fagiolino, dalla massa compresa tra mezzo grammo e un grammo. Essa è divisa in due parti: l'adenoipofisi (con le cellule cromofile secernenti vari ormoni) e la neuroipofisi (con i granuli argentofili, ricchi di ossitocina, e i granuli aurofili ricchi di vasopressina).


Immaginiamo ora di compiere uno sforzo fisico: meteo permettendo, immaginiamo di giocare una partita a tennis. Lo sforzo fisico richiede una maggiore produzione di energia (ATP). Accade una cascata di eventi, concatenati tra loro:
  • l'ipotalamo produce i fattori di rilascio ormonale;
  • i fattori di rilascio stimolano l'ipofisi a produrre i suoi ormoni;
  • l'ipofisi produce, ad esempio, l'ormone TSH, che è rilasciato nel sangue;
  • l'ormone TSH stimola la tiroide a produrre i suoi ormoni a base di iodio;
  • gli ormoni tiroidei si diffondono attraverso il circolo sanguigno e incrementano l'attività dei mitocondri.
  • Per produrre più energia è necessaria una maggiore quantità di ossigeno: ecco che, grazie all'adrenalina (prodotta dal midollo delle ghiandole surrenali), la frequenza respiratoria aumenta, i bronchi si dilatano, il cuore batte più in fretta.
  • E' necessaria anche una maggiore quantità di glucosio: l'adrenalina, come anche il glucagone (prodotto dal pancreas), stimola l'idrolisi del glicogeno (riserva di energia conservata nel fegato e nei muscoli) in glucosio, utilizzabile dalle cellule muscolari.

  • La partita si è prolungata parecchio e le riserve di glicogeno sono esaurite. Per ordine dell'ipotalamo, l'ipofisi rilascia l'ormone ACTH che stimola la corteccia surrenale a produrre il cortisolo. Il cortisolo induce la trasformazione degli amminoacidi (in particolare l'alanina) in zuccheri.

Va sossopra il mio cervello
sbalordito in tanti imbrogli:
quel vascel fra l'onde e scogli
ei sta presso a naufragar.

Nella testa ho un campanello
che suonando fa din din.
Nella testa ho un gran martello
mi percuote e fa tà tà.

Sono come una cornacchia 
che spennata fa crà crà.
Come scoppio di cannone
la mia testa fa bum bum.

Finora il concerto degli ormoni è stato in crescendo (quasi un crescendo rossiniano…). Tuttavia, particolari meccanismi di controllo dell'attività ormonale compensano la sovraeccitazione: le molecole degli ormoni sono distrutte da particolari enzimi che si trovano nelle cellule del fegato e in altre cellule. 

Gli effetti dovuti agli ormoni sono registrati dall'ipotalamo che interrompe la produzione dei fattori di rilascio ormonale; l'ipofisi, a sua volta, ferma la produzione del TSH e dell'ACTH e quindi la tiroide e la corteccia surrenale diminuiscono di conseguenza la produzione dei loro ormoni. Ecco che al crescendo segue un diminuendo… piano… pianissimo… fermiamoci a riprendere fiato!

Nell'arco di una giornata, alcuni ormoni conoscono dei momenti in cui sono prodotti in maggiore quantità, che poi diminuisce per riprendere il giorno successivo, in cicli di circa 24 ore. Il grafico sottostante evidenzia alcuni di questi cicli.



venerdì 10 maggio 2019

Un ritratto... in bianco?

Nel video sottostante si osserva che per reazione dell’acetato di piombo con il carbonato di sodio (entrambi in soluzione acquosa) precipita il carbonato di piombo basico, noto come biacca, pigmento bianco usato per secoli dai pittori di ogni tempo. Poi fu sostituito dall’ossido di zinco (metà XIX secolo) e dal biossido di titanio.

(video originale del blogger)
Tuttavia, bianco di zinco e bianco di titanio, pigmenti moderni, non garantiscono gli effetti che solo la biacca può dare – effetti ben noti agli antichi maestri, da Leonardo Raffaello e a Tiziano: la preparazione del pigmento, al tempo dei grandi maestri del Rinascimento italiano, era però diversa e laboriosa, con lastre di piombo avvolte in panni intrisi di aceto e sepolte nella concimaia o con altri metodi.

Da qualche anno, Renzo Barbazza, talentuoso pittore oltre che medico e professore, sta cercando di eseguire il ritratto dello scrivente blogger nelle vesti di Lodovico Capponi juniore, così come dipinte da Agnolo Bronzino (1503-1572). 
A. Bronzino, Lodovico Capponi juniore
Il problema del bianco si è posto quando ha dovuto rendere i lumi della manica dell’arto superiore sinistro. Usando il bianco oggi in commercio, Renzo ha notato che la miscela di colore forma grumi, mentre osservando il modello originale di Bronzino si nota che essa è omogenea: Bronzino usava il bianco di piombo, non il bianco di zinco o quello di titanio. 
Ecco perché si è resa necessaria la preparazione di quel composto, realizzata dallo scrivente ormai nove anni fa, con la collaborazione del dr. Alberto Citron che ha realizzato il video.
R. Barbazza, Marco Capponi.



venerdì 3 maggio 2019

La gita a Venezia...

Oggi, 3 maggio 2019, sono stato a Venezia per lavoro: un viaggio di istruzione al Guggenheim - un'occasione per rivedere l'amata città, teatro di uno dei periodi più felici dei miei primi quarant'anni.


Già: sono venuto al mondo nel 1979, anno in cui Peggy Guggenheim moriva e si faceva seppellire nel giardino della sua casa - museo, accanto ai resti dei suoi amati cani. E delle opere d'arte che collezionava. Sopra, Pollock. Qui sotto, Klee.


E ancora: Picasso.


E molti altri, da Picabia a Kandinsky, da Braque a Tancredi Parmeggiani.


Al di là di questo, ho amato respirare il profumo dell'aria di mare, mixato all'odore dello sporco che contraddistingue inevitabilmente calli e campi.
Ho rivisto con profonda nostalgia Campo Santa Margherita, dove in una trattoria ho anche pranzato con sarde in saòr e spaghetti al nero di seppia.


E ho volentieri rivisto il canale della Giudecca, sul quale incombeva un cielo minaccioso. 


Quei nuvoloni neri sembravano uscire dalle ciminiere di quel che resta del Petrolchimico di Marghera, riconoscibile dal caratteristico ponte ad arco e dalle alte ciminiere che si intravedono sullo sfondo e meglio nel dettaglio sottostante.


Rinunciato alla passeggiata alle Zattere, visto il forte vento, ho ripiegato verso l'interno, con immancabile tappa da Lele.


Campi, chiese e ponti non mancano, a Venezia: e si scorge tra essi un'insolita costruzione in legno, la cui architettura un poco rustica ricorda quella di un tabià di montagna. Si tratta invece dell'antico "squero di San Trovaso", un'officina per la costruzione e la riparazione delle gondole, ben visibile percorrendo la calle sulla destra della fotografia. A San Trovaso è dedicata la chiesa che si intravede subito dietro.


E quest'altro scorcio invece mi è particolarmente caro e assai familiare: ai tempi della tesi, uscendo da Santa Marta, alla sera, dopo le ore di laboratorio, passando il ponte da cui è preso lo scatto, arrivavo a uno dei bacari più famosi di Venezia, per un cicchetto e un'ombra di rosso, prima di andare in stazione e prendere il treno per rincasare.


Ovviamente, manco a dirlo, ho onorato la tradizione anche stavolta… in attesa della prossima.