Ecco qualche scatto di fine ottobre. Cominciamo con la S'ciara, gruppo montuoso molto apprezzato dagli alpinisti, che sta a nord di Belluno e che ho ripreso poco distante dal mio luogo di lavoro.
Nel giardino continuano a fiorire le rose.
Ecco qualche scatto di fine ottobre. Cominciamo con la S'ciara, gruppo montuoso molto apprezzato dagli alpinisti, che sta a nord di Belluno e che ho ripreso poco distante dal mio luogo di lavoro.
Nel giardino continuano a fiorire le rose.
L'amminazione enzimatica riduttiva costituisce una metodologia sintetica diretta, selettiva e green che ha suscitato un notevole interesse in breve tempo e sta emergendo come un potente strumento per la sintesi di ammine alchilate chirali.
La scoperta di un numero crescente di immine reduttasi con attività di aminasi riduttiva (RedAm) ha consentito studi meccanicistici e di profilazione del substrato. Tuttavia, il loro potenziale per applicazioni commerciali non è stato realizzato - almeno non per il momento.
Kumar e collaboratori riportano QUI, su Nature (settembre 2021), la scoperta dell'attività RedAm in un enzima immina reduttasi per l'amminazione riduttiva diretta di un chetone ciclico con metilammina.
I ricercatori approfondiscono anche l'ingegnerizzazione dell'enzima per accedere a un cis-ciclobutil-N-metil-ammina per la produzione di un candidato farmaco in fase avanzata, l'inibitore della Janus chinasi 1 (JAK1), Abrocitinib.
L'enzima ingegnerizzato, Sp RedAm-R3-V6, ha mostrato un miglioramento delle prestazioni >200 volte rispetto all'enzima naturale ed è stato utilizzato con successo per sviluppare un processo di produzione commerciale con una resa isolata del 73% con una purezza del 99,5% e un'elevata selettività (>99 :1 cis : trans ).
Questo processo è stato utilizzato con successo per produrre tonnellate di ammina, dimostrando il potenziale della tecnologia RedAm per la produzione commerciale.
Ora, chissà che qualcuno non applichi l'amminazione riduttiva enzimatica diretta del fenilacetone con metilammina: attendiamo con trepidazione il prossimo Walter White.
FONTE: Nat Catal 4, 775-782 (2021). https://doi.org/10.1038/s41929-021-00671-5
Oggi la giornata è iniziata sperimentando che, nonostante stia invecchiando, ho ancora una discreta potenza vocale. Ogni tanto un piccolo sussurro mi trovo costretto a farlo, giusto per riportare un po' d'ordine: un sussurro luminoso ma potente, come l'accordo perfetto di Do maggiore che, all'inizio della Creazione di Haydn, segna l'esplosione della luce a fugare le tenebre e il caos.
Tuttavia, un sicuro segno di invecchiamento (o di innamoramento?) è costituito dal fatto che un paio d'ore più tardi mi sono perso nel regno del Carbonio, un po' come Dorothy nel regno di Oz o come Alice in the wonderland: ma Alice non va - notoriamente - d'accordo con la Chimica Organica ed io invece la considero un Paradise lost.
Tanto preso dalla lezione sugli alcoli in un turbine di passione, quasi come quella che ha travolto Paolo e Francesca nel Quinto canto, non ho più percepito lo scorrere del tempo. Lo stesso capitava al Cannizzaro, che però veniva interrotto dagli allievi del suo corso i quali, non troppo garbatamente, cominciavano a battere i piedi sul pavimento per far capire all'augusto professore che la lezione era finita.
Io invece sono andato avanti imperterrito a descrivere la reazione del propilene con l'acqua e a generalizzare la cosa, enunciando che:
ALCHENE + ACQUA = ALCOOL
Quell'uguale è brutto, ma passatemelo, almeno per il blog. Alla lavagna ho descritto il meccanismo: quando un alchene reagisce con l'acqua in una reazione di addizione per sintetizzare un alcool, il gruppo funzionale ossidrile (-OH) si lega al carbonio che ha il maggior numero di legami carbonio-carbonio, mentre l'idrogeno si lega al carbonio all'altra estremità del doppio legame, che ha più legami carbonio-idrogeno.
Questa addizione passa attraverso la formazione di un carbocatione intermedio, che il vecchio professore all'università raccontava come "...l'H+ che si lega al doppio legame: H va con H e + va sul C più interno".
Così riassumeva, un po' brutalmente, la regola di Markovnikov, enunciata dal chimico russo nel 1869 (lo stesso anno in cui Mendeleev pubblicò la tavola periodica) dopo una serie di osservazioni empiriche. Solamente gli studi di Olah sui carbocationi hanno portato a capire il perché di quei risultati sperimentali.
Così, idratando l'etilene si ottiene etanolo; e dal propilene si ottiene 2-propanolo (alcool isopropilico).
Queste reazioni hanno anche un interesse industriale, oltre che biochimico: per idratazione del doppio legame dell'acido fumarico si ottiene l'acido malico, come sa bene chi ha studiato il ciclo di Krebs.
Capita di incontrare qualcuno che nella sua vita crede di poter fare, da solo, più strada di quanto ne abbia percorsa l'Uomo (o meglio, il genere Homo) nell'arco di tutta la sua Evoluzione, rappresentata fantasiosamente nell'immagine sottostante.
Lasciandosi alle spalle l'evoluzione dell'Uomo, magari senza averla studiata, ciascuno a mio modesto avviso è libero di credere quel che vuole, ben s'intenda.
Vorrei soffermarmi ora sull'immagine che ha ispirato questa rappresentazione: l'originale compare per la prima volta nel 1965 e mostra un primate - con una locomozione sui quattro arti - che progressivamente si alza arrivando ad assumere sembianze sempre più antropomorfe, attraversando una successione di ominidi antichi ed arcaici (Australopitecus sp. e le prime specie del genere Homo) fino al risultato finale: Homo sapiens.
L'immagine è stata presa dal libro The Early Man che non aveva come scopo quello di illustrare l'evoluzione umana, con la conseguenza che questa marcia del progresso divenne popolare fornendo un'idea falsa a più livelli.
L'uomo, come ogni organismo vivente, non sfugge all'evoluzione ed ai suoi meccanismi. Evoluzione richiama il cambiamento - tema della mostra di cui dissi al post precedente - ed anche l'uomo cambia. Siamo diversi, oggi, dagli esemplari del genere Homo di 100 anni fa, come da quelli di duemila anni fa e così via: questo perché l'uomo non costituisce un punto di arrivo dal punto di vista evolutivo.
Il pensiero comune, fino a qualche tempo fa, conduceva a concepire l'evoluzione come se avesse una finalità, un punto di arrivo - che in questo caso rappresenterebbe l'uomo come massimo esponente tra gli animali, il più intelligente e perfetto, in accordo con alcune dottrine religiose e filosofiche.
Theilard de Chardin (1881-1955), gesuita e antropologo, parlava di punto omega e passava poi a considerazioni metafisiche, quasi mistiche, enunciando il suo credo e conservando tuttavia il rigore del metodo nei suoi studi sul Sinantropo.
Questo concetto (punto di arrivo, punto omega), evolutivamente parlando, è incorretto perché l'evoluzione (biologica) non è lineare, ma può essere rappresentata con un diagramma ad albero assai ramificato, o "come un ramo di corallo" secondo quanto scrisse Darwin nei suoi taccuini (immagine sotto), dove soltanto la parte superiore (parte viva) contiene i discendenti viventi che a loro volta hanno degli antenati comuni che formano la parte basale (parte morta).
Infatti ogni antenato comune di qualsiasi organismo non è più in vita, come quello condiviso dall'uomo e dagli scimpanzé che, con continue mutazioni ed altri meccanismi evolutivi, ha portato alla divergenza di questi due grandi gruppi - isolati geograficamente dal formarsi del gran Rift africano: gli antenati degli scimpanzé si sarebbero evoluti nelle foreste dell'attuale Congo, mentre Homo avrebbe compiuto il suo cammino evolutivo nella savana, tra Tanzania e Kenya, dove sono stati ritrovati gli scheletri di alcuni ominidi come Lucy.
Con una enorme semplificazione, si potrebbe azzardare e dire che, fino a circa sette milioni di anni fa, abbiamo percorso, evolutivamente parlando, la stessa strada per poi intraprendere percorsi differenti, alcuni dei quali conclusi con l'estinzione, altri giunti fino ad oggi con le specie attuali ma non definitive.
A chi afferma sbrigativamente che l'uomo discende dalle scimmie rispondiamo: non di certo da quelle che oggi chiamiamo scimmie, evolutesi parallelamente agli altri animali, ma forse da qualche avo comune. La ricerca continua e per ora assumiamo i risultati relativi al cammino percorso, in attesa di compiere un passo avanti.
Il merito della rappresentazione offerta in apertura del post - opera degli studenti di un liceo artistico - consiste nel tracciare un parallelo, in un modo un po' improbabile, tra l'evoluzione biologica e l'evoluzione delle culture.
Il celeberrimo genetista Luigi Luca Cavalli Sforza (1922-2018) ha il merito di aver condotto, con rigoroso approccio scientifico, un'indagine accurata sul rapporto sussistente tra evoluzione culturale ed evoluzione biologica.
Tale indagine resta ancora oggi una fondamentale introduzione a qualsiasi discussione sui temi del valore della genetica nella cultura e delle reciproche influenze tra sfera naturale e sfera culturale.
Le sue riflessioni sono state raccolte in un libro che mi permetterei di consigliare, L'evoluzione della cultura (Codice Edizioni), utile per capire che cosa sia la cultura.
Cavalli Sforza ci ha regalato un affascinante affresco dell'innovazione e della conservazione culturale alternativo alle ricostruzioni incentrate esclusivamente sulla selezione genica, con conseguenze di grande rilievo per i nostri modi di concepire le differenze culturali, la presunta esistenza di "razze" umane (virgolette d'obbligo e link da consultare clikkando!), le culture nazionali e le loro relazioni.
QUI trovate la recensione su Le Scienze; avevo acquistato il libro in allegato alla rivista, ormai qualche anno fa. Ma si tratta di una lettura sempre valida e di un approfondimento che va bene proporre reiteratamente anche tra i banchi di scuola.
Lo spunto di quest'anno è riassunto nella parola scelta per dare il titolo alla mostra: cambiare. Una chiave di lettura è stata offerta dalla professoressa Lidia Rui sul blog dell'associazione Pig&Menti che potete leggere QUI.
Sabato 16 ottobre, penultimo giorno, siamo andati a vederla pure io e il mio collega di matematica, professor Simone Tramontin. L'appuntamento era per le 18:40, sicché siamo partiti nel pomeriggio e abbiamo scelto, come strada di andata, di passare per il Cadore. Ecco Lorenzago.
Chi era davvero Charles Darwin? Uno studioso che scriveva libri, amante della tranquillità domestica, oppure un viaggiatore irrequieto? Un uomo cauto e timido o l'infaticabile ricercatore che scoprì in sé l'intuizione che avrebbe ridefinito la storia della specie umana? Uno schivo e solitario allevatore di colombi o un padre e un nonno affettuoso? Un collezionista di scarafaggi o un abile giocatore di biliardo? Sulla teoria dell'evoluzione e sul suo autore sono state scritte montagne di libri e articoli, dai più divulgativi ai più specialistici.
David Quammen (noto al pubblico come autore di Spillover) in una sua opera, tradotta in italiano come L'evoluzionista riluttante, ha affrontato il personaggio Darwin da una prospettiva diversa, partendo dal dato biografico del naturalista inglese per intrecciarlo in una rete sempre più fitta con il percorso intellettuale e scientifico che lo portò a pubblicare - dopo anni e anni di letture, approfondimenti, ricerche e tentennamenti - il testo che avrebbe posto le basi della biologia contemporanea: L'origine delle specie.
Il risultato è il ritratto a tutto tondo di un uomo che dalla tranquilla campagna inglese ha preparato una rivoluzione culturale che ancora oggi non ha esaurito la propria vis.
Fisicamente sofferente, provato da una serie di lutti familiari, sostenuto da una moglie generosa e devota, amante del silenzio, della quiete e poco incline alla vita mondana, Darwin percorre un cammino intellettuale lungo, che attinge ai suoi diari del Viaggio di un naturalista intorno al mondo, a bordo del brigantino Beagle, e alle opere di diversi autori.
Tra questi figura William Paley (1743-1805), filosofo e teologo inglese che studiò e insegnò al Christ's College di Cambridge, abbracciando poi la carriera ecclesiastica.
In The principles of moral and political philosophy (1785), Paley trattò dei doveri della vita civile sulla base di un utilitarismo teologico. In difesa della dottrina cristiana scrisse A view of the evidences of Christianity (2 voll., 1794), in cui difende l'attendibilità dei miracoli, e Natural theology, or evidences of the existence and attributes of the Deity collected from the appearances of nature (1802), in cui stabilisce l'esistenza di Dio a partire dai fenomeni naturali.
A Paley dobbiamo la celeberrima immagine dell'orologiaio per rappresentare l'idea di un essere intelligente che ha disposto l'ordine della Creazione come gli ingranaggi di un orologio.
Nello sviluppo delle sue idee, Darwin prenderà le distanze dall'idea di un disegno intelligente e introdurrà il concetto di selezione naturale quale spinta dell'evoluzione.