sabato 28 gennaio 2023

Non è una notizia...


Le malattie infettive - Covid in testa - sembrano non far più notizia e sui giornali comuni si torna a parlare di cancro, a seguito della diagnosi e talvolta anche della dipartita di alcuni pazienti illustri: tra questi, ecco calciatori e altri sportivi, persone del mondo dello spettacolo e degli affari. 

Continuano a morire del male del secolo anche persone comuni, specie quelle che vivono in zone altamente inquinate o che hanno lavorato in certi ambienti a contatto con certe sostanze pericolose, agenti biologici o radiazioni ionizzanti. O che fumano. O che bevono bevande alcoliche, anche in quantità limitate, come abbiamo letto recentemente. Qualcuno chiama sul banco degli imputati anche il caffè e le bevande zuccherate, anche se l'unica sostanza ad essere davvero presente in tutte le neoplasie è il monossido di diidrogeno


I giornalisti si sono lanciati in ampi approfondimenti e scorrendo in dettaglio le righe dei quotidiani abbiamo imparato che il tumore neuroendocrino del pancreas che ha colpito F. è cosa diversa dall'adenocarcinoma duttale che ha colpito V. - morto pochi giorni fa dopo cinque lunghi anni di lotta contro un male che non perdona nella maggior parte dei casi e spesso in modo assai più rapido di quanto sia toccato a lui. Per lo stesso male morì, il 28 gennaio 1972, lo scrittore Dino Traverso Buzzati. E poi anche Pavarotti e Steve Jobs.


G. Verdi - Ingemisco, da Messa di Requiem

Sono diventati familiari termini come linfoma, che ha colpito un noto volto della tv, oppure leucemia mieloide acuta, che ha tratto al passo estremo l'amatissimo calciatore e allenatore S. poco prima di Natale: a proposito leggevo oggi un articolo sul Corriere della Sera, che trovate QUI.

Senza parlare delle neoplasie del tratto digerente, diventate notizia con la morte di Pelé e con la cattura del noto boss siciliano - e anche con il ricordo della mitica Audrey Hepburn, mancata a causa di una di esse trent'anni or sono. 

A proposito, ho scorso l'altro giorno un articolo divulgativo comparso su un quotidiano che riporta dati (una mania, di questi tempi!) di recenti studi sulla trasmissione del microbiota da un individuo all'altro e alla possibile correlazione con il cancro del colon: potete leggerlo QUI. Aiutatemi tuttavia a reperire la fonte in letteratura, perché non sono stato in grado di ricavarla dal testo che vi ho linkato.


Qualche settimana fa mi sono trovato a raccogliere alcune domande sul tema di questo post, tanto tremendo quanto affascinante, suggerendo di cercare la risposta sul sito dell'AIRC o per mezzo della lettura del libro "L'imperatore del male" di Siddhartha Mukherjee, fuggendo la tentazione di accontentarsi della prima cosa che si trova in internet, dove purtroppo circolano informazioni che andrebbero accolte e pesate con molto senso critico - che in questo campo non è mai abbastanza. 

Aceto e colchicina, bicarbonato di potassio e succo di limone, santoni e guaritori, magie e miracoli sono solo facili e pericolosissime illusioni, al pari della notizia sensazionale che l'ennesimo cervello in fuga ha scoperto in qualche laboratorio a stelle e strisce l'ennesima cura risolutiva. 

Ritengo che si debba ben più di un po' di rispetto per chi ha consumato la sua vita sui libri nello studiare per diventare esperto di una o due delle centinaia di malattie che comunemente chiamiamo cancro: e altrettanto rispetto è dovuto ai pazienti, vip o anonimi che siano, e alle loro famiglie.

Il cancro non è una notizia: è una realtà terribile, che può entrare prepotentemente nella vita di ciascuno di noi come una prova durissima o come una sentenza capitale o come uno spartiacque che segna un prima e un dopo nelle vite di molte persone - siano esse pazienti, familiari, amici.


Giorgio Gaber - Il cancro.

venerdì 27 gennaio 2023

Quella notte...

Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.

Mai dimenticherò quel fumo.

Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.

Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede. 

Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l'eternità il desiderio di vivere.

Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, ed i miei sogni, che presero il volto del deserto.

Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso.

Mai.

(E. Wiesel, La notte)

domenica 22 gennaio 2023

Per una domenica di gennaio


Buongiorno e buona domenica a tutti, da me e da Rodio il gatto. Dopo una frugale colazione con caffè, fette biscottate e confettura di albicocche, mi sono messo a svolgere gli esercizi che ho assegnato per poterli controllare e correggere domani mattina. Rodio è rimasto sul divano: fuori è freddo e tira vento, almeno qua dove abito io.

Giunte le dieci, si è fatta l'ora della celebrazione domenicale. E nell'ascoltare anche là certe musiche di moda oggi potrei condividere nella sostanza la recente opinione di un celebre violinista, che è anche quella di multi puristi additati facilmente come retrò. Almeno ai piedi dell'altare, uno stile più severo e meno popolare si potrebbe auspicare. 

D'accordo, ho sempre ricordato a me stesso e a voi di non interessarmi più di musica e di religione, e coerentemente taccio. Però lasciatemi ascoltare una messa di Mozart, comodamente seduto in salotto nella quiete di casa. Per i più curiosi: si tratta della Messa in Re maggiore K 194, in una splendida esecuzione diretta da Harnoncourt.

Terminato l'ascolto, mi dedicherò un po' alla lettura, nell'attesa di sintonizzare la televisione su Raitre, questo pomeriggio, per guardare il programma dedicato ai viaggi - un modo per poter vedere luoghi che in vita mia non avrò mai occasione di visitare. Un ringraziamento a chi ha ideato, prodotto e condotto una trasmissione così interessante e ben confezionata.

giovedì 19 gennaio 2023

Neve in coppa...

Mentre scrivo queste righe, fuori dalla finestra un turbine di fiocchi volteggia prima di posarsi al suolo e imbiancare l'erba ormai ingiallita e la bruna terra dell'orto, sulla quale spuntano qua e là pochi gambi di prezzemolo ancora verdi. 


Già nei giorni scorsi il cielo annunciava l'arrivo della neve, come potete vedere dalla foto sopra, del 17 gennaio; stamattina, le nubi sembravano minacciarne nuovamente la venuta. E così è.

Sotto la neve, pane. Un buon auspicio, in questo vecchio adagio contadino. E intanto il fuoco brucia a stento nella vecchia stufa: lo riattizzo, aggiungo un ciocco alla volta, distanziando nel tempo le volte per risparmiare. Mi mancano il caldo, le rose, i pomodori; farei volentieri a meno del naso chiuso e dei dolori articolari. Mi consolo con il 3-0 e la coppa vinta dall'Inter... che dire? Sei fantastica, forte come il rock'n'roll...

sabato 14 gennaio 2023

Un libro e due righe su Spallanzani

Finalmente, quasi al termine di questa settimana, riesco a scrivere qualcosa di nuovo e la dedico a Lazzaro Spallanzani (Scandiano, 12 gennaio 1729 – Pavia, 11 febbraio 1799), sacerdote e scienziato considerato il padre della biologia sperimentale. 

Egli è il protagonista di un bel libro del professor Paolo Mazzarello, docente di storia della medicina all'università di Pavia: L'intrigo Spallanzani (ed. Bollati Boringhieri).

L'attività scientifica di Spallanzani si rivolse a quattro grandi capitoli della fisiologia: generazione, circolazione, digestione e respirazione.

Nel 1771, egli osservò per primo il moto del sangue nei capillari degli animali a sangue caldo e studiò la sistole cardiaca.

Provò con esperienze che la respirazione avviene all’interno dei tessuti; verificò che i pesci respirano con le branchie e accertò la respirazione cutanea degli anfibi.  

Applicando il metodo sperimentale, Spallanzani mostrò pure che la digestione è in fondo è un fenomeno prevalentemente chimico e non una semplice triturazione meccanica.

Nei suoi esperimenti sulla digestione egli prelevò del succo gastrico dall’esofago di una gallina d’India, lo mise dentro un tubo di vetro riempito di pezzi carne e chicchi di grano che si era messo attaccato alle ascelle, a mo’ di termostato, e realizzò per la prima volta nella storia della scienza un esperimento di digestione artificiale.

In questo modo non solo dimostrò che era il succo gastrico la causa e il fattore decisivo della digestione, ma anche che esso poteva operare perfettamente fuori dell’organismo: perfino dopo la sua morte.

In questo modo Spallanzani riuscì così ad escludere che nella digestione intervenissero processi o funzioni metafisiche di carattere vitalistico o semplice triturazione degli alimenti, e che l’intero processo era riconducibile ad una funzione di tipo chimico che sarà chiarita nei decenni a venire, come ricordato QUI.

Spallanzani sollevò poi il velo sul mistero della generazione con le sue pionieristiche ricerche sulla fecondazione artificiale, completate con gli studi sulla rigenerazione. Fu un convinto sostenitore dell’ovismo, combatté la teoria della generazione spontanea - riprendendo le osservazioni di Redi e anticipando Pasteur - ed espose anche le sue scoperte sull’inseminazione artificiale.

Nel 1773 dette alle stampe un trattato sulla circolazione del sangue (Dei fenomeni della circolazione), e nel 1776 gli Opuscoli di fisica animale e vegetabile, una raccolta di osservazioni sulla digestione in diversi animali. 

Viaggiò a Costantinopoli (1785) e nel Regno delle due Sicilie (1788): fu autore di un bellissimo resoconto del viaggio alle isole Eolie, in cui descrisse l'attività vulcanica e compì osservazioni sulla composizione dei gas emessi dallo Stromboli.

Spallanzani godette, vivente, di enorme prestigio, ebbe grandi riconoscimenti internazionali, fu socio di molte accademie e società scientifiche nonché corrispondente e amico di numerosi scienziati del suo tempo. Il suo prestigio suscitò invidie presso i colleghi che lo accusarono di aver sottratto reperti dal museo di storia naturale dell'ateneo, cosa dimostratasi falsa. E la vendetta non si fece troppo attendere... leggete "L'intrigo..."!

martedì 10 gennaio 2023

Gennaio, accanto al fuoco...

Giornata uggiosa, quella di ieri. Nebbia, freddo e poi precipitazioni l'hanno caratterizzata. Un bel modo per accompagnare il rientro al lavoro dopo un paio di settimane di necessario stop.

Oggi invece il meteo era decisamente più amichevole, quasi primaverile. 


Le cime imbiancate sullo sfondo risplendono, mentre la luna tramonta (quel puntino bianco al centro della foto).


Un altro scatto, subito dopo il precedente, lascia il posto a questo, con il campanile di Juvarra che si erge sopra i tetti della città storica e sembra benedire la neve.


Sotto la neve, pane: e tanta ne è caduta anche sulla S'ciara, il gruppo montuoso a nord della città.


Uscendo dal lavoro, al termine di una piacevole mattinata, ho trovato il tempo per un ultimo scatto: ai monti che abbracciano l'Alpago e fanno da cornice al lago di Santa Croce - bianchi pure quelli.


Che aggiungere? Una colonna sonora, forse... magari il tempo lento del concerto che Vivaldi ha dedicato all'Inverno... no, troppo banale. Meglio "Gennaio - accanto al fuoco" dalla raccolta di pezzi pianistici che Tchaikovsky ha dedicato ai dodici mesi: "Le stagioni" op. 37. Buon ascolto!

domenica 8 gennaio 2023

Sua maestà anatomica...

La triste notizia della morte di Gianluca Vialli (1964-2023) è stata accompagnata in questi giorni da molti approfondimenti giornalistici sulla patologia che lo ha condotto a morte: il tumore del pancreas.

Un caso di tumore del pancreas sembra sia stato descritto per la prima volta da Giovanni Battista Morgagni (1682-1771) nel suo celeberrimo trattato De sedibus ac causis morborum per anatomen indagata, del 1761. Sembra: la descrizione di Morgagni concerne quel che lui ha visto a occhio nudo, manca ovviamente il dato rilevabile al microscopio a confermare la diagnosi. 

Dopo Antonio Benivieni (1443-1502), Giovanni Battista Morgagni è considerato il fondatore dell'anatomia patologica. Il suo De Sedibus, considerato uno dei libri più importanti nella storia della medicina, ha stabilito una nuova era nella ricerca medica. Questo il trailer del film a lui dedicato.

Nato a Forlì in una famiglia agiata, ricevette una prima educazione in casa e nella città natale; studiò medicina a Bologna e si laureò nel 1701. Già da studente, Morgagni prese l'abitudine di annotare su un quaderno qualsiasi osservazione compiuta, giorno per giorno, durante uno studio sperimentale o una dissezione, abitudine che manterrà fino alla fine della sua carriera.

Entrato in contrasto con l'influente professor Giovanni Girolamo Sbaraglia (1641-1710), lasciò Bologna per Venezia, ove conobbe lo speziale Giangirolamo Zanichelli (1662-1730) e Giandomenico Santorini (1681-1737), anatomista e scopritore (tra le tante cose) del dotto accessorio del pancreas.

Tornato per un breve periodo a Forlì, si trasferì definitivamente a Padova, dove divenne professore di medicina e anatomia, guadagnandosi il meritato soprannome di "sua maestà anatomica", con cui era noto in tutta Europa.

Non c'è quasi una fase di anatomia patologica osservabile ad occhio nudo che Morgagni non abbia coperto. Nei resoconti di circa settecento necroscopie, per lo più del Morgagni, ci sono ottime descrizioni di cancri, in particolare del pancreas, dello stomaco e del retto, e di calcoli renali, cirrosi epatica e reni atrofizzati. C'è anche una descrizione inequivocabile della febbre tifoide.

Per tutto questo, Giovanni Battista Morgagni è considerato il padre dell'anatomia patologica - così lo definì Virchow. Il suo contributo può essere contestualizzato nell'ambito dello straordinario sviluppo dell'anatomia tra Seicento e Settecento, periodo in cui questa disciplina divenne la "regina" delle scienze naturali. 

Una nuova patologia basata sull'anatomia si rese possibile grazie alla prospettiva meccanicistica che aveva caratterizzato questa scienza nel Seicento, in particolare con l'opera di Marcello Malpighi (1628-1694), che Morgagni considerava il suo maestro e indirettamente lo era, essendo stato Morgagni allievo di Antonio Valsalva (1666-1732) e Valsalva allievo diretto del Malpighi. 

L'approccio di Malpighi e degli altri "iatromeccanici" fu oggetto di un ampio dibattito in cui i fautori del meccanicismo e dell'empirismo si contrapponevano e si intrecciavano con i sostenitori della medicina galenica rispetto a quelli del metodo "moderno". Il metodo anatomo-clinico di Morgagni può essere compreso appieno solo se contestualizzato all'interno di questo dibattito.

http://www.cjcrcn.org/article/html_7075.html

https://www.imedpub.com/abstract/a-review-paper-on-worldwide-growth-of-pancreatic-cancer-and-its-treatment-33969.html

http://ppds.fk.ub.ac.id/ipd/world-pancreatic-cancer-day-its-about-time/

https://www.researchgate.net/publication/303118326_The_method_of_rational_medicine_of_Giovanni_Battista_Morgagni

giovedì 5 gennaio 2023

Il segreto della bellezza

Per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili.

Per avere uno sguardo amorevole, cerca il lato buono delle persone.

Per avere un aspetto magro, condividi il tuo cibo con l'affamato.

Per avere capelli bellissimi, lascia che un bimbo li attraversi con le proprie dita una volta al giorno.

Per avere un bel portamento, cammina sapendo di non essere mai sola, perché coloro che ti amano e ti hanno amato, ti accompagnano.

Le persone, ancora più che gli oggetti, hanno bisogno di essere riparate, viziate, risvegliate, volute e salvate: non rinunciate mai a nessuno.

Ricorda, se mai avrai bisogno di una mano, ne troverai due alla fine di entrambe le tue braccia. Quando diventerai anziana, scoprirai di avere due mani, una per aiutare te stessa, la seconda per aiutare gli altri.

La bellezza di una donna non è nei vestiti che indossa, nel suo viso o nel suo modo di sistemare i capelli.

La bellezza di una donna si vede nei suoi occhi, perché quella è la porta aperta sul suo cuore, la fonte del suo amore.

La bellezza di una donna non risiede nel suo trucco, ma la vera bellezza in una donna è riflessa nella propria anima. È la tenerezza che da' l'amore, la passione che essa esprime.

La bellezza di una donna cresce con gli anni.

Audrey Hepburn

lunedì 2 gennaio 2023

Un raysman per Darwin e le Galapagos

In questo post voglio parlare di un orologio prodotto dalla Casio dal 1998, la cui sigla è DW 9350. Esso presenta una cassa rotonda tradizionale, con una disposizione molto armoniosa di pulsanti e display. Il pulsante di retroilluminazione, gli influssi protettivi sulla custodia: tutto è al suo posto. Esso fu prodotto secondo diverse combinazioni di colori e sono tutte meravigliose. 

La serie ha preso il nome di Raysman, sul quale va fatta qualche riflessione. Il nome stesso è in sintonia con la parola "racer" - e questo è logico, perché l'orologio era legato alle regate di yacht che si svolgono nel Mediterraneo. Ufficialmente si chiamano così: Middle Sea Race MALTA

Gli orologi bianchi e blu hanno anche targhette e un fondello con un logo in rilievo. Ma perché Raysman e non Yachtman, per esempio? Nel peggiore dei casi, perché non Raceman

La massima protezione di 20 atmosfere consente all'orologio di sopravvivere in qualsiasi condizione difficile, sia in mare sia a terra. Pulsanti in gomma dura evitano pressioni accidentali.

Un paio di caratteristiche principali dell'orologio sono un  notebook e una batteria solare. Il notebook memorizza numeri di documenti personali, dati personali e diversi numeri di telefono di amici. 

Fino alla fine degli anni Novanta, la batteria solare appariva solo come idea e mostrava quanto presto l'orologio potesse facilmente diventare "eterno", eliminando la necessità di sostituire le pile. 

Inoltre, i moduli, sempre più ricchi di funzioni, hanno iniziato a divorare energia a vagonate e, di conseguenza, è necessario andare dall'orologiaio ogni due anni per installare una nuova batteria (e far controllare le guarnizioni di tenuta: lo so bene, visto che tra un po' Gigi passerà per la bottega se Rodio non me lo ruba prima con la sua zampetta lesta...).

Il pannello solare garantisce un'alimentazione costante laddove splende il sole; in assenza del raggio di sole (che il nome derivi da qui? Ray's man...?) l'orologio può risparmiare energia cessando di utilizzare alcune delle funzioni non attive. Questo è davvero conveniente e ora la necessità di monitorare la carica è scomparsa, perché è stata sostituita con l'indicatore di carica della batteria.

A questa serie appartiene forse il più raro di tutti i g-shock, che vedete in fotografia. Si tratta di un Raysman DW 9350 ideato per la Charles Darwin Foundation ed è noto come Galapagos Edition Raysman. Ha un'incredibile iscrizione incisa al laser sull'anello della lunetta, una speciale tartaruga gigante sul fondello e una tartaruga gigante nella retroilluminazione EL. Questo pezzo è stato indossato con parsimonia (e non da me, come capirete dal tatuaggio sulla mano non mia ma di un amico) e c'è solo qualche piccolo difetto. Carica alla grande e combinazione di colori davvero unica e accattivante.


Mah... che dite? Darwin sarà perplesso di fronte al fatto che gli è stato dedicato pure un G-Shock?

domenica 1 gennaio 2023

Dona nobis pacem...

1° gennaio 2023, cinquantaseiesima Giornata mondiale della Pace. 


Tutto il mondo ha bisogno di questo dono unico: la Pace. Si vis pacem, para bellum: così potrebbe rispondermi qualcuno, che godrebbe all'idea di un conflitto armato nel quale a morire per tutti sono sempre gli altri. No: nessuno deve morire con le armi in pugno. Non ne vale la pena. Per costruire la Pace, altre sono le strade, come gli europei dovrebbero (forse) aver compreso dalla fine della Seconda Guerra mondiale in poi.
 
Pace non significa solo assenza di conflitti: significa imparare e condividere uno stile di vita improntato alla sobrietà, all'armonia con la Natura e gli altri esseri che popolano la Terra, casa comune di tutte le specie viventi note e ancora da scoprire; pertanto, non esclusiva di Homo

Il desiderio della Pace universale trascende gli accordi diplomatici - ardui da raggiungere, in certe situazioni, il rispetto dei confini e il cessate le armi: tale desiderio esige un impegno da parte di tutti, un'educazione alla sobrietà, un ritorno ad abitare quei territori che non possono essere abbandonati, un rispetto dei cicli vitali, una rinuncia all'ipertecnicismo ultrainvasivo e alla volontà di meccanizzare non solo la vita umana ma anche il corpo, un rifiuto della seduzione che ci porta a pensare un falso benessere basato sul controllo di ogni aspetto della nostra vita da parte di dispositivi elettronici sempre più sofisticati.

L'Agnus Dei della Missa Solemnis op. 123 di Beethoven, il cui ascolto propongo all'inizio del post, rappresenta molto bene la condizione dell'Uomo di ogni tempo: nell'invocazione iniziale, con la scelta del modo minore e l'incedere grave, traspare la miseria della sua esistenza, quella miseria che fu descritta da Pascal con l'immagine della fragile canna che oscilla qua e là spinta dal vento e può piegarsi e spezzarsi. 


Il pensiero racchiude la dignità nostra, ma da solo non basta se è soffocato nella povertà, nei tradizionalismi, nelle ideologie, nelle consuetudini. 

L'invocazione del dono della Pace anima il discorso musicale: coro e orchestra si intrecciano in solenni polifonie, ma sul finire del pezzo le voci risolvono sempre con una cadenza d'inganno (che equivale un po' ai punti di sospensione nel linguaggio verbale) e tocca agli strumenti condurre il discorso musicale all'accordo di tonica conclusivo (cioè al punto che chiude la frase). 

Ricordo una vecchia intervista a Claudio Scimone, il grande direttore dei Solisti Veneti, che spiegando proprio questa scelta di Beethoven sottolineava come il coro, rappresentante del genere umano, invochi in crescendo il dono della pace: ma la cadenza d'inganno lascia aperta la risposta. Come dire: invochiamo il dono della pace ma da soli non sappiamo se mai potremo averla. E intanto, in lontananza, echeggiano minacciose le trombe: segnali militari di un esercito che avanza oppure annuncio del giudizio di Dio ormai prossimo?

L'esecuzione, nel video, è diretta da Nikolaus Harnoncourt: eseguono la Royal Concertgebouw Orchestra e il Netherlands Radio Choir, con i solisti Marlis Petersen, Elisabeth Kulman, Werner Güra e Gerald Finley. La registrazione risale al 2012, presso il Concertgebouw di Amsterdam.

Buon 2023 a tutti, che sia bello come lo desiderate!