venerdì 30 giugno 2023

Storiella della buonanotte...

Per spiegare agli allievi che l'universo tende all'aumento del disordine (quindi a massimizzare l'entropia), un docente ha proposto il seguente esempio: "Ora, miei bocciabili studenti, voi siete seduti, ognuno al proprio posto. Almeno in mia presenza. Se per qualche motivo dovessi lasciare la stanza anche per soli cinque minuti, al mio ritorno vi troverei in piedi a vagare per la stanza". 

Uno studente, come Pietro a Cristo: "non ti rinnegherò mai", ha alzato la mano e ha detto: "no, non accadrà mai".

Dopo una mezzora di spiegazione, l'insegnante esce per cinque minuti e al ritorno trova gli studenti vaganti per la stanza. 

"Quomodo erat demostrandum!", esclamò stando sulla porta. E il rinnegatore non pianse amare lacrime come San Pietro, ma cercò di giustificare e di giustificarsi. 

"Niente da fare, mio caro" - riprese il professore. "L'entropia è un concetto che vale tanto per le scienze fisiche quanto per le scienze sociali. E voi lo avete dimostrato, pur nel vostro piccolo. Grazie".

giovedì 29 giugno 2023

29 giugno 23: breve almanacco

29 giugno, un giorno da conoscere a memoria. Sul calendario: Santi apostoli Pietro e Paolo. Nelle chiese risuona(va) l'antifona O Roma felix - in realtà seconda strofa dell'inno Decora lux aeternitatis.


(dal film "Quo vadis", 1951)


Il libro di letteratura ci ricorda che il 29 giugno 1798 nacque a Recanati il conte Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Pietro Leopardi - per gli amici: Giacomo, al quale google ha dedicato un doodle in occasione del 225esimo genetliaco.


Sempre il libro di letteratura, qualche pagina oltre ci ricorda pure che ieri, 28 giugno, nacque a Girgenti lo scrittore e drammaturgo Luigi Pirandello. Correva l'anno 1867. Lasciamo quindi ai maturandi raccontare vita, opere e tematiche dello scrittore e passiamo oltre.


Il professore di scienze naturali ha ricordato a lezione che il 29 giugno 1873 la città di Belluno fu devastata da un violento terremoto di magnitudo 6.3 il cui epicentro fu individuato presso la sponda settentrionale del Lago di Santa Croce. L'Alpago, il Cansiglio, la Val Lapisina e il Vittoriese risentirono gravemente gli effetti del sisma, registrato in altre località dell'Italia settentrionale, in Austria, in Slovenia e anche in Baviera.


L'evento, spesso ricordato come terremoto dell'Alpago, è stato ricostruito e analizzato approfonditamente in articoli e pubblicazioni a cui rimando per eventuali approfondimenti.

Il 29 giugno 1931, Papa Pio XI pubblicò l'enciclica Non abbiamo bisogno: muovendo dalla volontà del Fascismo di monopolizzare l'educazione della gioventù e dal contrasto con l'attività dell'Azione Cattolica, il pontefice giunse a condannare il regime di Mussolini per la sua natura dittatoriale.

Senza riprendere lunghi elenchi di nomi e di eventi connessi a questa giornata, suggello il post ricordando Margherita Hack, scomparsa all'età di 91 anni il 29 giugno di dieci anni fa. 

Lei ci ha insegnato che "è così bello fissare il cielo e accorgersi di come non sia altro che un vero e proprio immenso laboratorio di fisica che si srotola sulle nostre teste".

Ammiriamolo, questo laboratorio, se il meteo ce lo permette e rileggiamo la riflessione di Leopardi nel suo Canto Notturno...


Per qualcuno, il 29 giugno, segna la fine di un percorso: lungo o breve, certamente in salita, qua e là stretto. Ora si mollano gli ormeggi e si prende il largo. Chi resta sul molo saluta con il cuore in mano e augura ai partenti: buon viaggio! ... buona vita!

mercoledì 28 giugno 2023

Polvere nel cielo e peste sulla terra

Pestilenze, Comete e Vulcani 

Il sesto secolo d.C. fu un periodo tumultuoso della storia umana. Ha segnato la fine dell'antichità classica e l'inizio del Medioevo. Gli imperi caddero e ne sorsero di nuovi per prendere il loro posto. Fu durante questo periodo che il leggendario re Artù guidò la difesa della Gran Bretagna contro gli invasori sassoni e che Beowulf governò i Geati. Almeno così sembra. È anche durante questo periodo che si è verificata la fase più importante del raffreddamento globale degli ultimi 2000 anni e che la peste di Giustiniano ha devastato l'impero bizantino.

Il grande velo di polvere del 536 d.C

Nell'estate del 536 d.C., una misteriosa e drammatica nuvola di polvere apparve sul Mediterraneo. Questo spesso velo di polvere apparentemente è apparso dal nulla e ha oscurato i cieli tra Europa e Asia per quasi 18 mesi. Lo storico bizantino Procopio scrisse nel suo rapporto sulle guerre con i Vandali:

"Durante quest'anno si verificò un presagio terribilissimo. Perché il sole emanava la sua luce senza splendore... e sembrava molto simile al sole in eclisse, poiché i raggi che emetteva non erano chiari".

Il velo di polvere è stato visto fino all'Estremo Oriente della Cina e la stella Canopo, usata dai cinesi per assicurarsi i bei tempi a venire e per segnare le stagioni, non è stata vista per più di un anno. 

Quell'anno ci furono anche nevicate e gelate estive. L'analisi degli anelli degli alberi dello stesso periodo (dendrocronologia) mostra livelli di crescita anormalmente bassi in aree distanti tra loro come l'Irlanda, la Sierra Nevada e il Cile. 

Ulteriori prove scientifiche sono fornite dalle carote di ghiaccio provenienti dalla Groenlandia e dall'Antartide, che dimostrano la presenza di sostanziali depositi di solfato, indicando la presenza di un esteso strato di polvere acida.

Nei 18 mesi che seguirono ci fu un periodo di drammatico raffreddamento globale, eventi meteorologici anomali fuori stagione, fallimenti dei raccolti e carestia. Gli effetti devono essere stati terrificanti per le persone che vivevano in quel momento.

La vera causa di questa bizzarra anomalia meteorologica ha a lungo sconcertato scienziati e storici, ma le due più spesso citate sono la teoria dell'"inverno vulcanico" e la teoria dell'"impatto delle comete".

Inverno vulcanico o impatto di una cometa?

Negli ultimi 30 anni circa ci sono state numerose ipotesi che il raffreddamento globale del 536 d.C. sia stato innescato da una grande eruzione vulcanica che ha rilasciato un'immensa quantità di cenere nell'atmosfera. 

Nel 1984 l'astrofisico ed esperto di cambiamenti climatici Richard Stothers suggerì che fosse stato causato da un'eruzione del vulcano Rabaul. Più recentemente, nel 2013, il paleoecologo americano Robert Dull ha suggerito che si trattasse in realtà di un'eruzione del lago Ilopango di El Salvador nel 535 d.C.

Un'altra teoria popolare è che il velo di polvere sia dovuto all'impatto di una cometa nell'oceano che ha fatto esplodere enormi quantità di vapore acqueo e detriti nell'atmosfera superiore. 

L'analisi del ghiaccio della Groenlandia che fu depositato tra il 533 e il 540 d.C. mostra alti livelli di ossidi di stagno, nichel e ferro provenienti da una fonte extraterrestre nello strato di polvere. Ciò ha portato alcuni scienziati a concludere che il materiale sia stato rilasciato da un frammento della cometa di Halley che potrebbe aver colpito la Terra in quel periodo.

È anche possibile che entrambi questi eventi siano avvenuti con l'impatto di una cometa e una grande eruzione vulcanica che si è verificata all'incirca nello stesso periodo ed entrambi hanno contribuito alla comparsa del velo di polvere.

La peste di Giustiniano

L'apparizione del velo di polvere nel 536 d.C. ebbe un grande impatto sulla gente dell'epoca. Il raffreddamento globale e le estati più fredde hanno danneggiato le coltivazioni prima che potessero essere effettuati i raccolti. Ne seguì una diffusa carestia che successivamente rese le persone dell'epoca più suscettibili alle malattie.

Nel 541 d.C. una misteriosa malattia cominciò a manifestarsi alla periferia dell'impero bizantino. Le vittime sono state descritte come affette da delusioni, incubi, febbri e gonfiori all'inguine, alle ascelle e dietro le orecchie. I fortunati morirono rapidamente mentre i meno fortunati soffrirono per molti giorni prima della loro eventuale scomparsa. 

La peste arrivò a Costantinopoli, la capitale dell'impero, l'anno successivo nel 542 d.C. Procopio era ancora una volta sulla scena per registrare gli eventi. Ha notato che i corpi sono stati lasciati accatastati all'aperto a causa della mancanza di spazio per una corretta sepoltura e durante la sua vita ha perso moglie, figlia, nipoti e la maggior parte dei suoi servi a causa della peste. Ha registrato che al suo apice la peste uccideva 10.000 persone al giorno a Costantinopoli, sebbene gli storici moderni ritengano che il numero reale fosse più vicino a 5.000.

Da allora la peste è diventata nota come la peste di Giustiniano, dal nome dell'imperatore Giustiniano I (527-565 d.C.), durante il cui regno si è verificata. Procopio incolpò l'imperatore per la peste, dichiarando che Giustiniano era un diavolo o che era stato punito da Dio per i suoi modi malvagi. Lo stesso imperatore contrasse persino la peste, sebbene fosse uno dei pochi fortunati a sopravvivere.

Che cosa ha causato la peste di Giustiniano?

Da tempo si sospettava dalla descrizione di Procopio che la peste di Giustiniano fosse, in realtà, peste bubbonica, analoga alla famigerata peste nera che si verificò nel XIV secolo. Nel 2012 è stato finalmente confermato che era così. Un team di ricercatori ha analizzato i resti umani di antiche tombe del periodo e ha rilevato la presenza del DNA di Yersinia Pestis.

Sembra che proprio come la peste nera fosse trasportata da pulci di ratto che vivevano su topi passeggeri abusivi di navi mercantili, così anche la peste di Giustiniano fu portata in giro per i porti e le rotte commerciali del Mediterraneo.

L'epidemia è durata meno di 6 mesi a Costantinopoli, ma si stima che il 40% di coloro che vivevano lì sia morto in quel periodo di tempo. La peste sarebbe riapparsa a intervalli periodici nei successivi 300 anni e alla fine avrebbe causato la morte del 25% delle persone che vivevano nella regione mediterranea. Si stima che tra i 25 ei 50 milioni di persone siano morte in totale a causa di questa catastrofica malattia. L'ultima ricorrenza registrata risale al 750 d.C., ma a questo punto le epidemie erano diventate meno virulente. La peste sarebbe poi scomparsa completamente dall'Europa fino al XIV secolo.

Le conseguenze della peste

La causa esatta del velo di polvere e del raffreddamento globale che si sono verificati nel 536 d.C. potrebbe non essere mai nota con certezza, ma è noto che ha provocato difficoltà e carestie diffuse per la gente dell'epoca. Potrebbe anche aver contribuito all'avvento di una delle piaghe più devastanti della storia umana che spopolò il Mediterraneo e devastò l'impero bizantino. 

Qualunque sia stata la causa, il corso della storia umana sembra essere stato cambiato per sempre da quell'evento (anche se non tutti sono d'accordo con questa posizione, come possiamo leggere QUI) e l'Europa non si sarebbe completamente ripresa fino all'avvento del Rinascimento.

Adattamento da: Past Medical History, 28 giugno 2016

lunedì 26 giugno 2023

Attenzione! Attenzione!

(immagine da facebook)

Siamo in estate, tempo di spiaggia e di relax; ma anche di escursioni in montagna e di aria fresca; o di camminate in campagna e nei boschi; è anche tempo di zanzare e di zecche. Di queste ultime dissi qualcosa QUI, riprendendo in lingua italiana il MSD.

Nei giorni scorsi, una notizia circolata tra gli appassionati di automobilismo riguardava la morte del pilota brasiliano Douglas Costa e della sua fidanzata Mariana Giordano per una grave malattia contratta in seguito alla puntura di questi acari ematofagi, vettori di molti agenti patogeni

Da noi, le patologie più temute sono la malattia di Lyme e la TBE: la prima, di origine batterica, si tratta con antibiotici mentre per la seconda, causata da un virus, esiste un vaccino.

Il pilota e la sua fidanzata erano andati a passeggiare a Campinas; sono stati morsi dalle zecche e, rientrati a San Paolo, hanno sviluppato una serie di sintomi comprendente febbre alta, dolori articolari, macule rossastre sulla cute. Nonostante il ricovero in ospedale, la diagnosi è arrivata tardi: febbre maculosa delle Montagne Rocciose, causata da batteri del genere Rickettsia

Scoperti da Howard Taylor Ricketts più di un secolo fa, questi microorganismi sono interessanti dal punto di vista evolutivo in quanto si tratta di endoparassiti obbligati: inoculati nell'ospite dalla puntura del vettore (la zecca, in questo caso), essi si introducono nelle cellule (spesso degli endoteli) e sfruttano le sostanze che vi si trovano per completare il loro metabolismo e duplicarsi. Sono incapaci infatti di sintetizzare alcune sostanze necessarie al ciclo vitale e sono obbligati ad assumerle dall'ambiente cellulare dell'ospite. 

L'aspetto interessante risiede nel fatto che alcune rickettsie (come quella che causa il tifo epidemico) mostrano un genoma molto simile a quello dei mitocondri. Già in un articolo del 2001 e in altri lavori, Emelyanov evidenziava come i dati filogenetici supportino un'origine dei mitocondri dall'ordine alfa-proteobatterico Rickettsiales

Questo taxon di alto rango comprende, come già accennato, endosimbionti intracellulari eccezionalmente obbligati di cellule eucariotiche, suddivisi nella famiglia Rickettsiaceae e in un gruppo di microrganismi chiamati endosimbionti simili a Rickettsia (RLE). 

Le analisi filogenetiche più dettagliate delle sequenze di piccole subunità rRNA e chaperonin 60 mostrano costantemente che gli RLE sono emersi prima delle Rickettsiaceae e dei cladi fratelli dei mitocondri. Questi dati suggeriscono che l'origine dei mitocondri e delle Rickettsiae è stata preceduta dalla relazione mutualistica a lungo termine di un batterio intracellulare con un pro-eucariota, in cui l'invasore ha perso molti geni superflui.

Al di là di questi aspetti interessanti per l'appassionato studioso di bioenergetica e/o di evoluzione, i medici infettivologi trattano le infezioni causate da rickettsie, una volta diagnosticate, con un'opportuna terapia antibiotica. Di prima scelta le tetracicline, come la doxiciclina (sotto, la molecola); di seconda scelta il cloramfenicolo. Ambedue hanno azione batteriostatica e non battericida nei confronti di questi patogeni.

Doxiciclina

domenica 25 giugno 2023

Esami, ansie, prima e poi...

Confesso che quando toccò a me sostenere l'esame di stato (quello che chiamiamo volgarmente maturità) da studente non ero affatto in ansia. Anzi, ero particolarmente speranzoso: qualsiasi cosa fosse successa, ero sicuro che un percorso triste e demolitivo come quello da me vissuto al liceo avrebbe avuto certamente termine e finalmente avrei potuto guardare alla vita con uno spiraglio di progettualità e di serenità. 

Avevo fatto di tutto per giungere alla conclusione e questa arrivò, anche con una certa effimera soddisfazione; mi ero sbagliato sul fatto della progettualità, visto che altri avevano fatto progetti per me e io avrei dovuto annichilire i miei per realizzare i loro. 

In realtà, nei giorni successivi alla conclusione dell'esame di stato, ero un po' indeciso sul da farsi per l'autunno seguente: filosofia? Lingue semitiche? Farmacia

Scartata l'ultima, vista la repulsione per le scienze che avevo accumulato tra i banchi di scuola (salvo dovermi ricredere poi grazie a un illuminatissimo sacerdote cui va tutta la mia eterna gratitudine), scelsi di dar corso al primo filone di studi: qualcuno - che non sa mai farsi i fatti propri - frullò la testa a mio padre in merito al fatto che potevo studiare a casa da non frequentante ed andare in sede solo per dare gli esami. 

Studiare da casa significava avere tempo libero; e tempo libero significava a sua volta essere manovalanza a disposizione dell'associazione di cui lui è tuttora dirigente e io sono ex socio non più iscritto da diversi anni, con tanto di richiesta di cancellazione dei dati dagli archivi

In fin dei conti avevo scelto filosofia, non mi ero iscritto a ingegneria, non avevo corrisposto al suo sogno di vedermi impiegato all'Enel: e allora potevo stare in ufficio dalle 7:55 alle 20:30 a inserire dati dei tesseramenti al pc, che mi piacesse o no. E così fu. 

Mi salvò da quei lavori forzati il servizio civile, al termine del quale decisi di studiare teologia, con profondo disprezzo da parte dei miei familiari che mi hanno fatto pesare tutta la loro disapprovazione. Speravano che la smettessi con i libri e pensassi a mettere su famiglia. Hanno ottenuto l'esatto contrario: con i libri continuo tuttora e di mettere su famiglia ho smesso di pensarci da tempo.

Intanto ampliai i miei interessi con collaborazioni giornalistiche e altre attività a sfondo musicale; completai gli studi di teologia, feci le prime esperienze di insegnamento e capii che il mondo religioso e soprattutto la sua quasi esclusiva dimensione parrocchiale ad esso connessa non facevano per me. 

Decisi di riconsiderare l'idea di studiare farmacia: ma quel qualcuno - che non sa mai farsi i fatti propri - frullò nuovamente la testa a mio padre in merito al fatto che non essendo figlio di titolare di farmacia non conveniva che mi impegnassi in quegli studi. Soldi buttati.

Era meglio chimica, visto che di matrimonio proprio non volevo (e non voglio) sentir parlare. Venezia poi era più comoda di Padova e così mi iscrissi là. Portai avanti gli studi dignitosamente, con una media relativamente alta: per me, o le cose si fanno bene o non si fanno. 

Qualche idiota ebbe a dire che a trent'anni era meglio che andassi a lavorare. Gli tolsi il saluto. E finii il mio percorso, trovando sempre il modo di guadagnarmi onestamente il denaro per finanziare i miei progetti. Anche tornando ad insegnare; e ad insegnare alla fine sono felicemente rimasto. 

Le proposte di lavoro alternative che pur ricevetti (una dozzina in tutto) come neolaureato in chimica prevedevano di spostarmi in altre regioni per il lauto primo stipendio di 800 euro lordi mensili con mansioni di analista o di capoturno nella messa in opera di materie plastiche. Anche no, grazie.

Mi sarebbe piaciuto conseguire un dottorato di ricerca, giusto per soddisfazione personale, senza ambizioni di carriera accademica: mi fu risposto - senza mezzi termini - che puzzavo troppo da prete. Sulle prime ci sono rimasto male, poi ho concluso che da certi poveracci trasformati in accademici dalla magica bacchetta del solito vecchio partito non potessi aspettare tanto di meglio. E meglio forse è stato per me.

In cuor mio però ho realizzato che avrei voluto davvero tentare anche il conseguimento della laurea in farmacia: e contattai gli atenei più vicini ove quel cdl è attivato. La risposta più stupida che ottenni me l'ha scritta una docente, la quale mi disse che a trentacinque anni dovevo pensare al matrimonio e alla famiglia. Mi sono stupito del fatto che questi scampoli di bigotteria infestino pure il mondo accademico e convivano con i clown dalla rossa parrucca di cui sopra. 

Era ora di dire basta a sogni e progetti: e mi sono ritirato nella quieta mediocrità del paesello natio, dal quale speravo di andarmene e nel quale mi sono amaramente rassegnato a restare senza aver realizzato nulla di quel che desideravo io e ancora meno di quanto desiderassero gli altri per la mia esistenza. Ho convintamente smesso di credere la famiglia, la comunità, la patria e tante altre quisquilie da molto tempo. Ho ancora delle riserve su Dio.

Insegnare mi diverte e mi appaga, almeno moralmente: lo concepisco come un servizio essenziale e sono felice perché svolgendolo posso continuare a studiare prima di tutto per me e poi anche per gli altri. Forse è la cosa che mi si addice di più. Sono felice soprattutto perché non mi occupo più di sola chimica (anzi, di questa in verità mi occupo assai poco), ma ho allargato i miei orizzonti e i miei interessi, dopo aver abbandonato per sempre musica, religione e altre cose, anche grazie a preziose collaborazioni, come quella con il professor Barbazza e con l'Università degli Adulti - Anziani di Belluno. Qualcosa di tutto ciò l'ho raccontato tra le pagine di Incoscienze naturali, il libro che trovate linkato a fianco e che ho presentato nel seguente video.

Insegnare mi ha permesso finora di riscoprire delle belle emozioni, come quell'ansia da esame che non ho provato ai tempi della mia maturità e che vivo invece adesso da docente accompagnando i miei alunni ad un momento importante per la loro vita: proprio a loro auguro di avere più fortuna di me nel prosieguo e di incontrare persone che sappiano davvero indicare a ciascuno la strada, anche se dura e in salita - e non, come è capitato allo scrivente, la sfilata dei cretini che la strada me l'hanno fatta franare sotto i piedi. 

Nonostante i vari tentativi di asfaltarmi, io sono come la pianta della fotografia soprastante: rinasco sempre tra le crepe del bitume. Ho così imparato che la forza della vita ha qualche volta il sapore di un autentico miracolo (e io non credo tanto nemmeno ai miracoli): a insegnarmelo è stata l'esperienza, la docente più esigente di tutte, quella che - come ricordava Oscar Wilde - prima ti boccia all'esame e poi ti spiega la lezione.

venerdì 23 giugno 2023

La città dolente ...


Estate, tempo di relax e di letture. Ecco il primo libro che ho letto tutto d'un fiato, l'altro giorno: è opera di Axel Munthe (1857-1949), medico svedese, laureato a Parigi, innamorato di Napoli e soprattutto di Capri, dove ha costruito la celeberrima Villa di San Michele - a cui ha dedicato l'omonima "storia" nel suo romanzo più famoso.


Axel: nome bellissimo, di origine ebraica, tradotto in italiano con Assalonne - che significa "il padre (ab) è pace (shalom)".

Tornando a Munthe: alla lettura della Storia di San Michele ho dedicato le mie vacanze di Pasqua e alla città dolente invece ho concesso il tempo iniziale della mia pausa estiva. La città dolente è Napoli, attanagliata dall'epidemia di colera tra il 1884 e il 1885. 

Felix Mendelssohn Bartholdy, Napoli e il Vesuvio - acquerello

Da buon medico, Munthe accenna al colera, a Koch, ai vibrioni e agli altri microbi; ma le parole più toccanti sono spese a raccontare il dramma della gente comune di allora, che spesso non ha nome nemmeno sui registri dell'anagrafe, che vive stipata in tuguri, che mangia si e no, che campa di espedienti o di lavori umili. 

Gente comune che nella miseria esprime tuttavia i più grandi e anonimi atti di carità: un po' come quella vedova che nel vangelo dona l'unica moneta che possiede al tempio, a dispetto degli spiccioli sbolognati dai notabili per tranquillizzarsi la coscienza. 

Gente comune che sa come negli ospedali si vada a morire e temono il personale sanitario quanto la forza pubblica - espressione dell'Italia post-unitaria.

Munthe ha raccontato tutto ciò in una serie di lettere, indirizzata a un giornale di Stoccolma, poi raccolta e pubblicata, dapprima in svedese e poi in inglese.


Nei racconti di Munthe, stava Napoli dolente mentre i suoi figli più fragili soffrivano la croce del colera: come stava Maria dolente presso la croce dalla quale pendeva il figlio. E mentre rileggo qualche pagina del medico, ascolto lo Stabat Mater di Pergolesi in una strumentazione nuova, secondo un manoscritto conservato a Genova. Oltre agli archi e al continuo, anche gli oboi: e parti corali si alternano alle due voci soliste della redazione originale.

L'eterno spirito religioso popolare traspare non solo nelle note di Pergolesi, vecchie ormai di tre secoli, ma anche dal racconto di Munthe: tra l'odore del fenolo e dello zolfo combusto, si spargono i suoni delle nenie e delle preghiere. Due ceri accesi e un'immagine sacra non mancano mai pur nelle case più povere, dove non trovasi un bicchiere di latte.


Fede o superstizione? Devozione o paganesimo? Francamente non saprei dirlo. Il mio personale sentire è lontano nel tempo, nello spazio e nella cultura da quello che emerge tra le righe. Forse ogni tanto provo un desiderio di quella vita spirituale che riconosco in me come morta, barbaramente assassinata dal parrocchialismo, novella e perniciosa eresia scaturita dall'oscena commistione tra collettivismi (qua rosseggianti, là fiammeggianti) e dottrine comunitariste pseudo-cristianeggianti post-conciliari. 


E poi mi resta la consolazione della natura - che non è matrigna ma saggia ed onesta genitrice, la quale ci ricorda come la materia di cui siamo fatti le appartiene e prima o poi dovremo restituirla tutta perché la vita, nella sua complessità biologica, continui a perpetuarsi. 

Secondo quanto si insegnava prima del dilagare dell'eresia di cui sopra, dopo la dissoluzione del corpo resta (o dovrebbe restare) l'anima: creata da Dio per l'eternità, chiamata alla vita dello Spirito, macchiata dalla fragilità, bisognosa di redenzione - che si consegue con la fede nel sacrificio dell'unico Salvatore. 

Meta della fede è la salvezza dell'anima: e non un vago vulemmose bbene. E nemmeno un pareggio di bilancio; o la coreografia perfetta del uattanciù. Alla fine di tutto, che m'importa? Vivo meglio lontano, immerso nella natura tra il canto degli aves, sempre intonato e a tempo, a differenza di quello dell'Ave, che dal vivo ho percepito più di una volta stonato, troppo spesso sopra le righe. Ammutolisco. Che m'importa? - vado ripetendomi. E a voi, tuttavia, lascio qui Pergolesi e Munthe, anch'essi poco utili alla causa dell'eresia: due anime ad essa sopravvissute che certamente potranno fare ancora del bene.

mercoledì 21 giugno 2023

Summertime...

E' tempo d'estate: vivere è facile. I pesci guizzano, il cotone è alto. Tuo padre è ricco e tua madre è ben vestita: perciò taci, fanciullo, e non piangere. Una di queste mattine ti sveglierai cantando, spiegherai le tue ali e prenderai il volo verso il cielo. Ma fino a quella mattina, nulla potrà farti del male con papà e mamma accanto.


Buon ascolto, buona estate a tutti e soprattutto buoni esami a chi è coinvolto: alunni, famiglie e soprattutto insegnanti, siano essi commissari oppure no.

martedì 20 giugno 2023

Un libro, un video e tanti fiori...

Mi rallegro passeggiando in giardino e ammirando ancora una volta i fiori, che allietano questi ultimi giorni di primavera: l'azalea ... 


... la rosa tea, con un fiore rigoglioso accanto ad altri che hanno già lasciato cadere i petali ...


... la rosa bianca, che però, qui nel blog, non fa la guerra alle altre, come fu invece per i Lancaster e gli York.

Infine, ecco la penultima rosa, con un delicato color pesca. Peccato non si possa pubblicarne il profumo.

L'ultima rosa del post è quella sulla copertina del mio libro, Incoscienze naturali, uscito il 1° marzo e distribuito a livello nazionale. Ad esso ho dedicato il video sottostante, costruito con immagini originali mie (molte di luoghi evocati nel testo) accompagnate dalla musica di Debussy: l'Arabesque suonato al pianoforte da John O'Conor.

Buon proseguimento di navigazione e soprattutto buona lettura!

lunedì 19 giugno 2023

Pascal

Quattrocento anni fa, il 19 giugno 1623, nasceva a Clermont - Ferrand il matematico, fisico e filosofo Blaise Pascal.


Genio precocissimo, già da bambino svolgeva a mente calcoli matematici; a sedici anni compilò un trattato sulle coniche e a diciannove inventò la prima calcolatrice meccanica della storia, la Pascalina, per aiutare il padre nel suo lavoro di contabile. Non è un caso che uno dei più noti linguaggi di programmazione porti il suo nome.

Studiò i fluidi e la pressione, approfondendo i lavori di Torricelli: l'unità di misura della pressione nel Sistema Internazionale prende appunto il nome di pascal (Pa) e corrisponde alla forza di un newton esercitata sulla superficie di un metro quadrato.

Per accontentare un amico che giocava d'azzardo, elaborò il calcolo delle probabilità, poi sviluppato con il matematico Fermat.

Nel 1646 il padre, feritosi in una caduta, fu curato da due seguaci del vescovo Agostino Giansenio: questo evento contribuì ad avvicinarlo alla religione, ma fu un grave incidente in carrozza, al quale sopravvisse miracolosamente, ad indurlo ad una profonda riflessione che lo condusse alla conversione nella notte tra il 23 e il 24 novembre 1654, giorno di San Crisogono - martire di Aquileia.

Da allora, Pascal lasciò la fisica e la matematica per la teologia e soprattutto per il "Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti".

Intervenne a difesa del Giansenismo nelle polemiche dottrinali con i teologi della Sorbona; progettò di scrivere un'Apologia della religione cristiana, per la quale scriveva i suoi Pensieri su bigliettini che poi cuciva insieme servendosi di uno spago.

In questi frammenti emerge la presa di coscienza della fragilità della condizione umana e della sua miseria esistenziale: "che cos'è l'uomo nella natura? Un nulla in confronto all'infinito, un tutto in confronto al nulla, un qualcosa di mezzo fra nulla e tutto". (72)

Di fronte a ciò, l'uomo può intraprendere un cammino di ricerca oppure volgere lo sguardo altrove: "gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici". (168)

Una felicità effimera, in quanto il divertissement "è la maggiore tra le nostre miserie" (171) in quanto ci distoglie dalla nostra unica ricchezza: quel pensiero che ci conduce alla ricerca di Dio, unica felicità. "L'uomo è una canna, la più fragile della natura, ma è una canna pensante". 

E lo strumento per seguire i sentieri di Dio non è più la sola ragione (il cogito cartesiano?), poiché anche "il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce". (277)

Il Dio ricercato da Pascal non è solo la perfezione d'essere teorizzata dai teologi naturalisti, ma è il "Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l'anima e il cuore di cui Egli si è impossessato, è un Dio che fa internamente sentire a ognuno la propria miseria e la Sua misericordia infinita, che si unisce con l'intimo della loro anima, che la inonda di umiltà, di gioia, di confidenza, di amore, che li rende incapaci di avere altro fine che Lui stesso". (556)


Tuttavia, il filosofo non attribuisce il compito della ricerca di Dio al solo cuore dell'uomo: l'esprit de finesse è debole senza il rigore speculativo dell'esprit de geometrie; come l'esprit de geometrie, da solo, è sterile e vano senza il fervore dell'esprit de finesse.

Pascal morì nel 1662, il 19 agosto: probabilmente di tisi, forse per qualche imprecisata malattia al tratto digerente - o, probabilmente, per ambedue le cose. Fu sepolto nella chiesa di S. Etienne du Mont, a Parigi.

Il suo pensiero ha influenzato filosofi come Chateaubriand, Schopenhauer e Heidegger; scrittori come Manzoni, Leopardi e Dostoevskij.

Io l'ho incontrato per la prima volta in quarta liceo: e mi era piaciuto particolarmente, tanto che ricordo di aver letto una monografia su di lui scritta da Alban Krailsheimer. E poi i Pensieri e qualcuna delle Lettere provinciali, quando affrontai studi religiosi, dopo il diploma di maturità (non ricordo per quale esame: forse teologia fondamentale o forse antropologia filosofica... sono passati vent'anni ormai). 

Sono felice di averlo ritrovato, specie dopo questa serata un po' dissoluta e certamente all'insegna del divertissement: che sia per me un segnale di richiamo ad una necessaria elevazione dello spirito già dai prossimi giorni in quest'estate ormai imminente? 

mercoledì 14 giugno 2023

Ancora pioggia...

Mentre scrivo questo post, piove. Non fa che piovere e non ne posso più. Le ciliegie sono passate, di amarene non ne ho viste, di albicocche neppure.


 L'orto sembra una risaia, i pomodori una boscaglia, le rose si abbruttiscono e le limacce si spingono in cerca di cibo fino in casa (dopo aver distrutto una pianta di digitale purpurea che amo particolarmente).



Guardate che nebbia novembrina!


Parrebbe proprio vero che una rondine non fa primavera - sebbene in città di rondini ne volino ben più d'una.


E l'angelo del campanile che fa? Annuncia con la tromba un'altra settimana di pioggia? Quei nuvoloni neri lascerebbero intendere una risposta affermativa.


Ormai non se ne può più. Me ne resto triste e sconsolato disteso sul divano, come Rosina nel secondo atto del "barbiere" rossiniano?

domenica 11 giugno 2023

Per chi suona la Campanella?

Per chi suona la campanella? No, non mi riferisco al celebre brano di Paganini - trascritto per pianoforte da Liszt nella virtuosa versione che possiamo ascoltare nel video sottostante.

Mi riferisco alla campanella che scandisce il ritmo della vita scolastica: l'inizio e la fine delle lezioni, gli allarmi in caso di incendio o di terremoto, il succedersi delle interminabili ore (e qua ci starebbe bene un'altra citazione musicale, con la famosa danza di Ponchielli ad esse dedicata che riservo per un altro post). 

Il suono di questo segnalatore acustico è certamente meno gradevole di quello del pianoforte: però ormai fa parte del quotidiano mio e di quanti operano nella scuola. Esso si contrappunta al tono delle spiegazioni, a qualche urlo (avete presente il sergente Hartmann?) per mettere in riga certi discenti, ai lunghi ed eloquenti silenzi di certe interrogazioni, al brusio continuo delle vecchierelle che recitano il rosario in ultima fila: e l'orchestra si arricchisce poi con gli squilli delle trombe di chi ha mangiato troppi fagioli a cena e con i fiati di chi digerisce rumorosamente l'ennesimo panino divorato di soppiatto. E giù ancora note - non musicali, stavolta.

Alla fine dell'anno scolastico, quest'anno ho ascoltato pure un coro: forse il più commovente (almeno per me) che abbia mai udito. Certamente, le voci dei ragazzi di quinta erano intonate e tenevano il tempo, invocando il "coordinatore" (di classe) per i corridoi: lo hanno trovato seduto alla scrivania in aula insegnanti, intento a chiudere gli ultimi registri. 

Che dire? Dopo cinque anni, sebbene interrotti dalla pandemia e dalla dad, quei ragazzi hanno imparato davvero a "cantare" insieme: venti cuori che battono all'unisono con un impeto che ricorda il Verdi dell'Ernani e del leon di Castiglia che si ridesta. Se avessero imparato così anche la matematica o la letteratura, la filosofia o la chimica, quei ragazzi potrebbero rivoluzionare il mondo: a loro, anche da qui, accordo ogni benedizione per l'esame conclusivo e soprattutto per il dopo. Che sia più bello di come lo immaginano e lo desiderano. 

Bene. Chiudo il vissuto quaderno pure io e lo ripongo sulla libreria insieme ai testi e ai fascicoli degli scorsi anni: l'anno scolastico è terminato. Basta lezioni, basta verifiche, basta giustificazioni, basta collegi: riprenderemo tutto a settembre.

Ora è tempo di rilassarsi, di studiare e di aggiornarsi: sbocciano i fiori in giardino, crescono i pomodori nell'orto, spuntano le erbacce da rimuovere e tra tutto questo artropodi, rettili, anfibi, uccelli e piccoli mammiferi animano la vita di un piccolo ecosistema da osservare - visto che di più grandi non potrò vederne per un bel po'.  

giovedì 8 giugno 2023

Fiori solitari...

Vi regalo qualche scatto dal mio giardino, in questi primi giorni di giugno. Ad essere onesti, la prima rosa (bianca) fiorisce in un vaso accanto alla porta d'ingresso della casa dove abitano i miei genitori. 

Il resto invece allieta la parte di casa dove abito io. Solo il gatto fa la spola da una parte all'altra; e un lepidottero si abbraccia a una piccola pianta di pomodoro

La pianta di digitale, nell'ultima foto, ha le foglie divorate dalle limacce: strano, pensavo che il glicoside cardioattivo che contengono fungesse da deterrente. Evidentemente sono caduto in errore: approfondirò la questione. 

Vorrei ipotizzare - da ignorante, non sono uno zoologo - che il cuore di quei molluschi terrestri possa funzionare in un modo diverso da quello dei vertebrati. Ribadisco: non lo so, francamente, e approfondirò.










Oggi, 8 giugno ricorre l'anniversario della nascita di Robert Schumann (1810-1856): concludo il post proponendo un brano per pianoforte dalla raccolta Waldszenen op. 82, intitolato Fiori solitari.


Buona giornata!

lunedì 5 giugno 2023

Firenze, canzone triste


Per concludere la rassegna fiorentina, non potevo non dare spazio all'immortale capolavoro di Ivan Graziani (1945-1997): Firenze, canzone triste.

Il video presenta il brano accompagnando una rassegna di foto della città e delle sue vedute più caratteristiche, mentre le parole raccontano di una ragazza contesa tra uno studente irlandese e l'autore, fottuto di malinconia e di lei.

Le armonie oscillano tra l'atmosfera tonale di Re minore (quando parla della ragazza) e di Re maggiore (quando si rivolge al barbarossa, studente in filosofia, che col suo italiano insicuro certe cose le sapeva dire) per concludere su un accordo in Si minore.


Concludo anch'io, adesso, la mia rassegna fiorentina: sopra, proponendo una foto dall'albergo con vista sulla sommità del campanile di Giotto; sotto, con un acquerello dipinto dal ventunenne Mendelssohn nel 1830, mentre compiva il suo gran tour - esperienza obbligatoria un tempo, per tutti i giovani nordici di famiglia agiata.


Chissà quando tornerò a Firenze per vedere tutte le cose che non ho visto... e magari per fare come il barbarossa: iscrivermi all'università, per studiare f...

domenica 4 giugno 2023

Ricordo di Firenze (IV)

L'Arno, il fiume che attraversa Firenze, nasce sul monte Falterona e, dopo un percorso lungo 241 chilometri, getta le sue acque nel mare: questo lo abbiamo imparato alle scuole elementari, disegnandone il percorso sul quaderno di geografia.


Nella foto sopra, il fiume è ripreso da Ponte Vecchio, che ho attraversato per andare a Palazzo Pitti, seguendo a terra il percorso sopraelevato del corridoio vasariano.


Una sosta alla chiesa di Santa Felicita è stata rigenerante anche per lo spirito, oltre che per il corpo oppresso dal caldo.


Entrando, sulla destra, si ammira la Deposizione di Cristo, opera di Jacopo Pontormo, che ispirò anche Pasolini per un tableau vivant.

Dalla sponda meridionale dell'Arno, ammiro ancora gli Uffizi e, alla loro destra, il Palazzo Castellani che ospita il Museo Galileo.


Percorrendo via dei Bardi, poi via San Niccolò e qualche salita, si giunge a Piazzale Michelangelo, dal quale si contempla una splendida vista della città.


La veduta ha ispirato artisti celebri e non, che l'hanno fermata sulla tela o sulla carta: tra questi anche il giovane Mendelssohn, che ne fece un acquerello durante il suo viaggio in Italia.


Scendendo, rientro nella città storica attraversando un altro ponte, dal quale tento di fotografare il Vecchio.

Una piccola deviazione ed eccoci davanti alla Basilica di Santa Croce: nella piazza antistante si gioca il calcio fiorentino, uno sport tradizionale.


Perdendomi per la città alla ricerca di bancarelle di rigattieri e di venditori di vecchi libri, sono giunto in piazza dei Ciompi...

Poco oltre, trovo il Cibreo e il Teatro del Sale: un piccolo pensiero a Fabio Picchi (1954-2022) è d'obbligo, specie quando, ospite in certe trasmissioni televisive, mi faceva innamorare del cibo solamente ad ascoltarlo, mentre accompagnava il racconto (perché di racconto si trattava, non di semplice spiegazione) di ingredienti e procedure con una gestualità e una passione uniche.

Una sosta mi ha permesso di apprezzare un cicchetto a dir poco favoloso e ineguagliabile.

Passeggiare lungo l'Arno è bello anche di notte.

Poi, per qualche strana alchimia (vive sempre lo spirito di Stradano?) si finisce davanti alla vetrina di Venchi, ma bisogna resistere alla tentazione...


... poiché l'indomani le cose da vedere sono ancora tante e di notte bisogna riposare.

La cattedrale di Santa Maria del Fiore potrebbe essere tra queste?

La SS. Annunziata, con gli affreschi di Andrea del Sarto (sotto) e lo Spedale degli Innocenti, con la prospettiva del Brunelleschi...?

Le opere pittoriche di Beato Angelico al museo del convento domenicano di San Marco...

... con l'antico refettorio affrescato da Domenico Ghirlandaio?


 L'ora di partire si avvicina, ma al fiume si torna sempre.

Anche la copia del David, davanti al portone di Palazzo Vecchio, volge il suo sguardo lungo la via degli Uffizi e sembra giungere alle acque dell'Arno.

I piedi tuttavia ci portano altrove: verso Santa Maria Novella...


... e oltre, verso la stazione, i treni in ritardo e i non luoghi dell'antropologia contemporanea. Ricordate Marc Augé?