martedì 7 novembre 2017

Radio, Polonio e la fisica del XX secolo.

Nel 1896, il fisico francese Henry Becquerel (1852-1908), studiando la fosforescenza dei sali di uranio, scoprì accidentalmente la radioattività naturale, un fenomeno per il quale un elemento emette spontaneamente radiazione, senza preventiva eccitazione.

Una sostanza fosforescente, esposta alla luce (o alla radiazione ultravioletta), emette radiazione per un certo periodo; l’emissione continua anche quando è cessata l’esposizione alla luce. 

Un esempio di sostanza fosforescente è il solfuro di bario, ottenuto riducendo il solfato di bario (barite) con carbone: per questa sua proprietà il solfuro di bario era noto agli alchimisti come fosforo di Bologna – così chiamato perché scoperto agli inizi del XVII secolo da un ciabattino di Bologna, Vincenzo Casciarolo, dilettante di alchimia.

Se l’effetto è immediato e cessa con l’eccitazione si parla invece di fluorescenza. Un esempio di sostanza fluorescente è dato dalla fluorite (fluoruro di calcio), cui deve nome il fenomeno.

I sali di uranio studiati da Becquerel invece erano, ad esempio, in grado di impressionare una lastra fotografica (e quindi di emettere una radiazione, pur non visibile – cioè non percepibile con la vista) anche senza essere prima esposti alla luce. Del fenomeno s’interessò Marie Sklodowska (1867-1934), moglie del fisico Pierre Curie (1859 -1906) e studentessa che cercava un argomento per la sua tesi di dottorato.


Marie cominciò a studiare un minerale dell’uranio, la pechblenda, proveniente dalle miniere di Joachimstahl in Boemia, rilevando che alcuni campioni di esso manifestavano il fenomeno dell’emissione spontanea in modo più intenso di altri: erano cioè più radioattivi di quanto lo sarebbero stati se costituiti di uranio puro e ciò implicava che nella pechblenda fossero presenti elementi in quantità minime non rilevate dalla normale analisi chimica, la cui radioattività fosse molto alta.

Nel 1898, dopo aver raffinato quattro tonnellate di pechblenda, Marie e Pierre ottennero pochi decigrammi di due nuovi elementi, il polonio e il radio - sottoforma di cloruro (RaCl2) e di bromuro (RaBr2).

Soltanto nel 1902 il radio fu isolato puro, nella sua forma metallica bianca lucente, dalla stessa Marie Curie e da André Louis Debierne (1874-1949): ciò valse a Marie Curie (e a Debierne) il premio Nobel per la chimica nel 1911.


Il radio trovò ben presto impiego in medicina; fu inoltre utilizzato per produrre vernici luminescenti da usare sulle lancette degli orologi subacquei (come il Radiomir, della Regia Marina Italiana) e degli altimetri degli aeroplani militari, sottoforma di solfato mescolato a carbonato di bario e solfuro di zinco in una matrice di olio di semi di lino.

Durante gli anni Trenta si scoprì che i lavoratori esposti al radio nelle fabbriche che usavano vernice luminescente si ammalavano gravemente, per lo più di anemia e cancro alle ossa: in seguito a queste evidenze cliniche l'impiego del radio declinò rapidamente.

Il radio è trattato dall'organismo alla stregua del calcio e depositato nel tessuto osseo, dove la radioattività provoca gravi danni, inducendo il cancro e la leucemia. L'aver maneggiato il radio per anni è ritenuta la causa della lunga malattia che ha portato Marie Curie alla morte.


Sulla via tracciata dai coniugi Curie proseguirono altri scienziati, come il neozelandese Ernst Rutherford (1871-1937), trasferitosi in Gran Bretagna. Egli indagò la natura della radiazione emessa spontaneamente dai minerali radioattivi e scoprì che consisteva in tre tipi di raggi, chiamati alfa (nuclei di elio, 4He), beta (elettroni) e gamma (radiazioni ad altissima energia).

Utilizzando i raggi alfa come proiettili per bombardare una sottilissima lamina d’oro, si accorse che la maggior parte di essi passava indenne, mentre altri erano respinti indietro, come se “una palla di cannone rimbalzasse contro un foglio di carta velina”. Da queste osservazioni sperimentali Rutherford dedusse che tutta la massa di un atomo dovesse essere concentrata al suo centro, in un nucleo carico positivamente che respingeva indietro i raggi alfa (anch’essi con carica positiva) che gli sbattevano contro. Attorno al nucleo, come pianeti attorno al sole, ruotavano gli elettroni, scoperti da John Joseph Thompson nel 1897 studiando la scarica elettrica nei gas rarefatti attraverso l’impiego di tubi a raggi catodici.

Nel 1919 Rutherford bombardò l’azoto purissimo con particelle alfa.  Analizzando il gas dopo il trattamento osservò che si era formato ossigeno:

4He + 14N 17O + 1H


Si trattava della prima trasmutazione (di un elemento in un altro) compiuta da uomo nella storia dell’umanità: un evento che aprì le porte alla fisica nucleare, la fisica del XX Secolo.

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