domenica 30 gennaio 2022

L'avventura dei polmoni e la poesia degli alveoli

In questo weekend - il primo senza compiti da correggere - mi sono immerso nella lettura di "Un tesoro leggero", opera del professor Luca Richeldi - ed. Solferino, settembre 2021.

Ho trovato il testo decisamente elegante; sia per la veste tipografica, sia per la forma, sia nei contenuti

I polmoni, organi preziosi e leggeri, la cui attività non si può fermare - perché possiamo stare senza mangiare per giorni, ma non senza respirare se non per pochi secondi - sono descritti da un esperto con un trasporto che - di quando in quando - cede alla tentazione del contemplativo, quasi mistico

Leggiamo, ad esempio, come il Professore descriva l'interstizio e l'infiammazione che lo riguarda, con una religiosa delicatezza di chi resta affascinato di fronte al Mistero - anche se l'Autore sottolinea come i polmoni non siano mistero ma enigma.

Inevitabili sono i riferimenti alla situazione attuale, all'esperienza personale, al percorso professionale che contrappuntano un'esposizione chiara, dedicata alla fisiologia della respirazione e alle patologie più frequenti, dovute al fumo di sigaretta (tradizionale o elettronica), a sostanze inquinanti (berillio, amianto, ossidi di zolfo e di azoto, CO, etc.) , a virus e a batteri - come il bacillo di Koch della tubercolosi o la Legionella Pneumophila, salita alla ribalta delle cronache mezzo secolo fa.

Ho apprezzato tantissimo le pagine a carattere storico che riguardano sia la storia della Medicina (da Ippocrate alle acquisizioni più recenti) sia la storia della tecnologia (con una digressione sull'invenzione di alcuni apparecchi oggi familiari) con qualche concessione alla Chimica: immancabile un riferimento alla scoperta del ruolo dell'ossigeno nella combustione e nella respirazione, con Priestley e Lavoisier.

Magari - forse per deformazione mia, anzi: senza forse - qualche nota in più di storia della Farmacologia poteva starci, visto che la colorazione di Gram è stata perfezionata per alcuni batteri che causano la polmonite, come lo pneumococco e la klebsiella; che l'esistenza del principio trasformante (il nostro DNA) è stato evidenziato da Griffith studiando i medesimi batteri e così l'azione antibatterica del Penicillum da parte di Fleming o del Prontosil Rosso di Domagk. 

Anche l'introduzione di alcuni farmaci antitubercolari, come la Rifampicina - scoperta da Sensi e collaboratori - o l'Isoniazide - studiata e applicata da Omodei Zorini, forse meritavano un paio di righe di approfondimento. Non importa: il testo è bello, culturalmente ricco e personalmente lo trovo utile anche a livello didattico. Quel che manca è qualche bella figura a completamento del testo: non tutti hanno conservato il libro di scienze del liceo o vantano sulla libreria una copia aggiornata del Netter.

L'immagine sopra richiama l'albero bronchiale, descritto mirabilmente a parole dall'Autore, accanto ai rami con le foglie verdi, dove avviene la fotosintesi clorofilliana. Tra essi avviene quel continuo scambio di ossigeno e anidride carbonica che rende possibile la vita degli organismi aerobi - come siamo noi e gli altri animali; e come sono anche il bacillo di Koch e molti altri (però non tutti) microorganismi.

venerdì 28 gennaio 2022

Gli ultimi colori di gennaio

Il primo mese del 2022 sta già per concludersi. Ci ha regalato qualche fatica, un po' di freddo e bei colori, soprattutto al tramonto - colori che la mia solita pigrizia ha tentato di catturare dal terrazzo del salotto con lo smartphone, mentre la macchina fotografica giace riposta in attesa di stagioni migliori. Comincio con qualche scatto del 26 gennaio...


Il cielo di fuoco è durato un istante, ma l'effetto è stato davvero suggestivo. Il giorno successivo, ecco le tenui sfumature, tra il rosa e il lilla, farsi strada tra le nubi a ponente, sopra i Monti del Sole.




Poco dopo le cinque e mezza era tutto finito. E oggi? La memoria di San Tommaso d'Aquino ci ha regalato un cielo senza nubi, sul quale a destra si staglia il profilo del noce, spoglio e ramoso.



Contemplando il giorno che, andandosene, reca seco il primo mese, voglio concludere questo breve post con un distico traboccante di speranza, che suggella un noto inno attribuito al Divus Thomas

Tu nos bona fac videre 
in terra viventium. 

"... ma ho scelto la vita"


Esecuzione di Jordi Savall - Testo: QUI 

"El male rachamim" (O Dio misericordioso...) è una preghiera funebre usata dalla comunità ebraica ashkenazita. Il chazzan lo recita, per l'ascensione delle anime dei defunti, durante il funerale, salendo alla tomba dei defunti, nei giorni del ricordo e in altre occasioni in cui si rievoca la memoria dei defunti.

Ecco invece di seguito, nel riquadro, una Testimonianza tra le più alte, da conservare e trasmettere. "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono essere nuovamente sedotte ed oscurate: anche le nostre" (P. Levi).


Grazie, Sen. Segre.

martedì 25 gennaio 2022

Fracastoro


Girolamo Fracastoro, il cui nome latinizzato è Hieronymus Fracastorius, nacque nel 1478 circa a Verona (allora nel territorio della Serenissima Repubblica di Venezia e ora in Italia) e morì l'8 agosto 1553 a Caffi (ora Affi, vicino a Verona).

Fu medico, poeta, astronomo e geologo italiano, passato alla storia per una teoria scientifica della malattia, causata da germi, più di 300 anni prima della sua formulazione empirica dovuta a Louis Pasteur e a Robert Koch.

All'Università di Padova, Fracastoro fu collega dell'astronomo Copernico. Ambedue furono protagonisti della Rivoluzione Scientifica, l'uno in medicina e l'altro in astronomia, anche se la prima è sempre tralasciata nei programmi scolastici a discapito della seconda. Come medico, Fracastoro mantenne uno studio privato a Verona. 

È noto soprattutto per "Syphilis sive morbus Gallicus” (composto nel 1521 e pubblicato nel 1530; “Sifilide o il morbo gallico” è il titolo tradotto, con dedica a Pietro Bembo), un'opera in rima che racconta la malattia, nella quale essa appare come la punizione comminata da Apollo a Sifilo - personaggio che le diede il nome. 

Fece poi un intenso studio delle malattie epidemiche e, mentre era al servizio di papa Paolo III al Concilio di Trento (1545-63), fornì la giustificazione medica per la rimozione del concilio e il trasferimento a Bologna, sottolineando il pericolo di una pestilenza nella città di Trento (dovuta al diffondersi del tifo petecchiale).

Fracastoro ha delineato il suo concetto di malattie epidemiche in "De contagione et contagiosis morbis" (1546; "Sul contagio e sulle malattie contagiose"), affermando che ciascuno è causato da un diverso tipo di corpo minuto che si moltiplica rapidamente e che questi corpi, detti seminaria, vengono trasferiti dall'infettore all'infettabile in tre modi: 

  • per contatto diretto; 
  • da veicoli come indumenti e biancheria sporchi;
  • attraverso l'aria. 
Sebbene i microrganismi fossero stati menzionati come possibile causa di malattie dallo studioso romano Marco Varrone nel I secolo a.C., quella di Fracastoro è stata la prima affermazione scientifica della vera natura del contagio, dell'infezione, dei germi della malattia e delle modalità di trasmissione della malattia. 

La teoria di Fracastoro fu ampiamente elogiata durante il suo tempo, ma la sua influenza venne meno, cadde in discredito generale e fu sostituita da altre idee (compendiate magistralmente da Alessandro Manzoni nelle disquisizioni di Don Ferrante a proposito della peste, per mezzo delle quali nega l'esistenza del contagio) fino a quando, dopo un lungo cammino di osservazioni e di contributi scientifici, una versione sperimentale fu successivamente elaborata dal medico tedesco Robert Koch e dal chimico francese Louis Pasteur.

Fonti: 

- Enciclopedia Britannica, voce Fracastoro;

https://www.vaccinarsi.org/scienza-conoscenza/combattere-le-pandemie/storia-delle-epidemie/1854-1886-le-grandi-scoperte-di-pasteur

https://sibbm.zanichelli.it/italiano/2020/08/23/contagio-tra-magia-filosofia-e-scienza/

domenica 23 gennaio 2022

Musica e architettura agli Incurabili di Venezia

Una settimana fa ricordavo QUI la nascita dell'Oratorio del Divino Amore, che Ettore Vernazza fondò ispirato dalle intuizioni di Caterina da Genova. Nell'Oratorio si formarono molte anime pie che poi contribuirono ad edificare gli Ospedali degli Incurabili, per raccogliere i malati di sifilide, in diverse città della penisola italica.

A Venezia, l'Ospedale degli Incurabili fu fondato esattamente cinque secoli fa, nella Quaresima del 1522. A prestare la loro opera in favore dei degenti vi passarono molti uomini e donne di carità, alcuni poi elevati anche agli onori degli altari: Gaetano da Thiene, Angela Merici, Francesco di Sales, Ignazio di Loyola, Girolamo Emiliani.

Nel 1528, presso il convento dei Santi Giovanni e Paolo, sorse l'Ospedale dei Derelitti; nel 1588, quello dei Mendicanti. Solo l'Ospedale della Pietà li precedeva tutti, essendo stato fondato nel 1336.

Agli Incurabili - presso le Zattere in sestiere Dorsoduro - erano ricoverati malati di sifilide e anche di altre malattie infettive, mendicanti, ex prostitute e orfani. A questi ultimi era impartita un'istruzione, che comprendeva lo studio della dottrina cristiana, l'apprendimento di un mestiere (in modo da permetterne l'autonomia una volta raggiunta l'età adulta) e la pratica della musica e del canto - soprattutto per le ragazze.

L’attività musicale che si sviluppò agli Incurabili - come anche negli altri tre ospedali veneziani - fu uno dei fenomeni culturali più importanti del Barocco (tra XVII e XVIII secolo).

Le ragazze erano avviate alla musica e al belcanto da celebri compositori, quali Porpora, Jommelli, Galuppi (nel video sotto, il Dixit Dominus) e Ciampi. Esse attiravano, grazie alla qualità delle loro esecuzioni, un gran numero di ascoltatori presso le chiese attigue ai quattro ospedali che Goethe visitò più volte "con indicibile piacere, perché qui [le orfanelle] fanno pompa delle loro virtù musicali, particolarmente nella voce" e Francesco Caffi, a metà Ottocento, definì essere state "quattro venerandi templi di Euterpe".

"Ma quale fu il segno che la musica lasciò sugli edifici? Quali le trasformazioni cui questi vennero sottoposti per adeguarli alle crescenti necessità dell’attività musicale? Anche l’architettura divenne, infatti, un mezzo per dare soluzione a problematiche ed esigenze strettamente connesse all’attività musicale, intessendo con essa un rapporto dialettico che nel corso del tempo si è sviluppato ed evoluto. In oltre due secoli di storia è stato possibile per l’architettura affinare teorie e soluzioni costruttive in grado di soddisfare le crescenti necessità espresse dalla musica? Con quali esiti?"

Possiamo trovare le risposte a questi interrogativi nel volume "Dagli Incurabili alla Pietà", opera di Laura Moretti, pubblicato nel 2008 dalla Fondazione Giorgio Cini - Studi di musica veneta. 

L'autrice ripercorre la storia architettonica dei quattro edifici, a partire dagli Incurabili, proponendosi l’obiettivo di individuare, in momenti particolarmente significativi delle loro vicende costruttive, i segni lasciati dalla musica sull’architettura, mentre oggi l'edificio rimanente (la chiesa è stata abbattuta nel 1831) è adibito a sede centrale dell'Accademia delle Belle Arti.


FONTI

https://drammaturgia.fupress.net/recensioni/recensione2.php?id=3464

https://www.olschki.it/libro/9788822257666

http://www.quellusignolo.fr/notices/incurabili.html

sabato 22 gennaio 2022

Letture...

Ieri pomeriggio mi sono dedicato pienamente alla lettura: tra le mani avevo una recente edizione per i tipi di Adelphi di un breve racconto di Jack London, La peste scarlatta, che potete consultare QUI.

Al termine del libro, un breve saggio di Ottavio Fatica, curatore dell'edizione, richiama altri autori che, prima e dopo London, si sono cimentati col genere post-apocalittico, da Mary Shelley in poi.

Nel racconto, pubblicato per la prima volta nel 1912, l'autore immagina che nel 2013, in un mondo governato politicamente dal Consiglio dei Magnati dell’Industria (qualcuno adesso farà correre la mente associando tal consiglio al NWO), scoppia un’epidemia dovuta a un misterioso germe - che offre allo scrittore il pretesto per un ragguaglio sul lavoro dei batteriologi

Koch era morto solamente due anni prima della pubblicazione del racconto e così anche Ricketts - quest'ultimo cercando di studiare il tifo messicano: a lui si è forse ispirato London per tratteggiare le figure di medici e ricercatori, come il dottor Trask a pagina 39, che muoiono come eroi cercando di curare i pazienti afflitti dal terribile flagello? Il germe che ne è causa è descritto come rapidamente trasmissibile: in breve tempo l’intero genere umano scompare. 

"Con l'arrivo della morte scarlatta, il mondo è andato in pezzi nel modo più assoluto e irrimediabile. Diecimila anni di cultura e civiltà svaniti in un batter d'occhio, fugaci come schiuma".

La narrazione prosegue tratteggiando scenari che abbiamo già letto sfogliando l'inizio del Decameron di Boccaccio o le pagine che Manzoni dedica alla peste di Milano: barbarie, violenza, furti, omicidi, stupri, incendi. 

"La civiltà crollava e ognuno doveva pensare a se stesso" - scrive London dipingendo il quadro della situazione. "Anche gli animali tornavano dovunque allo stato brado e si divoravano tra loro".

Trascorsi sessant’anni dal dilagare della peste scarlatta, nello scenario di una California selvaggia (sopra, lo Yosemite Park), con pochi superstiti costretti a vivere come nell’età della pietra, un vecchio professore di letteratura (categoria particolarmente invisa a London), di fronte a un pugno di ragazzi selvaggi – i nipoti degli altri pochi scampati – riuniti intorno a un fuoco dopo la caccia quotidiana, racconta l'orrore che aveva vissuto. 

Con il pretesto del morbo inarrestabile, gli uomini si sono affrettati nel ritornare a stadi inimmaginabili di crudeltà, forse incarnata nella figura di Bill, l'autista che ha ridotto in schiavitù Vesta, la figlia del suo vecchio (e ricchissimo) datore di lavoro. Una critica di London al capitalismo destinato a crollare non per le rivoluzioni ma a causa della Natura e delle sue leggi - davvero improntante all'uguaglianza: i patogeni non fanno distinzione di censo, di etnia, di grado d'istruzione, di classe sociale.

Per restare in tema, richiamo qui un altro romanzo (oggi disponibile anche come Grafic-Novel): L'ombra dello scorpione di Stephen King, la cui trama si colloca in un mondo alternativo nel quale la civiltà è stata cancellata da un'epidemia globale. Chissà perché ne hanno tratto ben due serie TV...

La storia inizia con la morte di quasi tutta la popolazione dell'America settentrionale (e, presumibilmente, del resto del mondo) in seguito alla dispersione di un'arma biologica sfuggita al controllo dei ricercatori nei laboratori del governo. 

Tale arma è costituita da un virus, chiamato formalmente Progetto Azzurro e in gergo come Captain Trips. Tale virus risulterebbe da una mutazione letale dell'agente eziologico dell'influenza, caratterizzato - nella finzione della narrazione, ben s'intenda! - da un tasso di infettività del 99,4% ed un tasso di letalità del 100%. 

Questo virus - protagonista del romanzo - muterebbe ogni volta che il sistema immunitario di una persona arriva ad una posizione di difesa. Per lo stesso motivo, è impossibile ottenere un vaccino efficace. Il corpo umano non può produrre gli anticorpi necessari per fermare il virus, perché ogni volta che il corpo produce l'anticorpo giusto, il virus è già mutato, annullando l'effetto dei nuovi anticorpi. Il risultato, inevitabilmente, è la morte.

Ma ogni morte ha la sua scusa, recitava un vecchio adagio che ricordava spesso la mia bisnonna Orsola: infatti, nel romanzo si muore anche di altro e uno dei personaggi finisce all'altro mondo per un'appendicite, dopo un disperato tentativo di operazione chirurgica d'urgenza (senza anestesia, non disponibile in questo mondo post-apocalittico).

Per concludere questo post (sempre perché ogni mort l'ha la so scusa e quei che resta fa la busa), accosto un altro brano - di vera cronaca, stavolta, a firma di Massimo Gramellini. La domanda che pongo è: come tamponare queste derive?

Buon weekend!

domenica 16 gennaio 2022

Misericordia per le piaghe dell'anima e del corpo

Questo dipinto, opera del pittore bellunese Girolamo Moech (1792-1857), è conservato nella sacrestia della Chiesa di Cadola (BL) ed ha per soggetto una rara rappresentazione di Santa Caterina da Genova.

Ella è ricordata innanzitutto per il celebre Trattato del Purgatorio, diario spirituale nel quale espone la devozione alle anime purganti e la necessità di offrire per esse messe di suffragio e preghiere, in particolare il Rosario

Nel dipinto è raffigurata accanto a San Marco, il cui corpo - secondo la leggenda - non fu "corrotto" dal fuoco, e con Sant'Agostino, che a proposito della pietà per i defunti diceva: "una lacrima evapora, un fiore appassisce, una preghiera giunge direttamente al cuore dell'Altissimo".

Santa Caterina insisteva in particolare per la preghiera ai Sacerdoti in Purgatorio: essendo stati appunto "Ministri ed amministratori dei misteri di Dio" (1Cor, 4) ed avendo agito in vita contrariamente al loro mandato, soffrono di più le pene del Purgatorio e spesso sono dimenticati perché reputati a torto già santificati.


(G. Fauré, In paradisum

Al di là di questi aspetti, interessanti per chi si occupa di mistica, vogliamo ricordare che Caterina ispirò a Ettore Vernazza, suo conterraneo e contemporaneo, l'istituzione dell'Oratorio del Divino Amore, il 26 dicembre 1497. 

Questa fraternità laica ebbe il merito di fondare in diverse città italiane gli Ospedali degli Incurabili: il primo a Genova; il secondo a Roma, poi a Brescia, Venezia, Vicenza, Verona, Napoli (dove lavorò in tempi più vicini a noi San Giuseppe Moscati) e Palermo. 

Tali ospedali erano destinati a raccogliere e ad assistere in particolare i malati di sifilide, un morbo nuovo per quei tempi, diffuso in Italia dalle scorribande dei soldati di Carlo VIII. 

Alla descrizione della sifilide dedicarono due opere i medici Girolamo Fracastoro (al quale dobbiamo il nome della patologia, celebrata in un poemetto in cui il pastore Sifilo veniva punito dall'ira di Apollo) e Gabriele Falloppio (che propose anche la ricetta di un unguento a base di mercurio). 

Approfondite leggendo quanto riportato QUI e focalizzando soprattutto l'attenzione sulla citazione latina, per la quale Dio spesso punisce con le malattie i nostri peccati - e la sifilide appariva come la severa punizione per i peccati d'impurità, con ulcere, piaghe, gomme, deformità, immobilità, pazzia e morte.

La morte del Vernazza (1524), ucciso dalla peste che contrasse assistendo i malati nel lazzareto da lui stesso voluto e finanziato, e il sacco di Roma segnarono un momento di crisi della Fraternità, che riprese vigore negli anni successivi al Concilio di Trento - il quale rilanciò nella predicazione e nell'attuazione le opere di misericordia.

(immagine dal web)

Ovviamente buona volontà e misericordia non bastano per curare la sifilide: la malattia non è causata dagli astri di Durer o dall'ira divina, ma dalla spirocheta scoperta da Schaudinn nel 1906, contro la quale sono necessarie una diagnosi e una terapia antibiotica a base di penicillina.

sabato 15 gennaio 2022

Contro il Tifo

Carestia, freddo e guerre sono i suoi migliori alleati. Il tifo petecchiale, noto anche come tifo esantematico, tifo storico, tifo classico, tifo silvestre, malattia del pidocchio rosso, tifo trasmesso da pidocchi e febbre delle prigioni ha causato mortalità e morbilità nel corso dei secoli, e sul fronte orientale durante la Prima guerra mondiale ha portato alla morte di migliaia e migliaia di persone. 

Probabilmente è una patologia che accompagna l'uomo da secoli, essendo gli individui del genere Homo l'unica riserva naturale del patogeno che causa la malattia. Alcuni studiosi ipotizzano che anche la Peste di Atene e quella di Siracusa fossero in realtà epidemie di tifo.

La distinzione dell'esantema del tifo da quello del morbillo si deve a Cardano, ma la descrizione originale del tifo è attribuita a Girolamo Fracastoro (1478-1553), che la inserì nel suo trattato sulle malattie infettive:  De contagione et contagiosis morbis (1546). Le sue osservazioni durante le epidemie italiane del 1505 e del 1528 gli permisero di separare il tifo dalle altre malattie pestilenziali. Ha anche riconosciuto la trasmissione del tifo da uomo a uomo. 

Per un'epidemia di tifo diffusasi proprio nel 1546 a Trento, Fracastoro, medico a servizio del Papa Paolo III e dei vescovi, fece spostare il Concilio a Bologna.

Durante la Guerra dei trent'anni, con le carestie, si diffuse anche il tifo, sia in Italia, sia nelle regioni della Germania, sia in Francia.

Il termine "tifo esantematico" fu introdotto nel 1760 dal medico francese Boissier de Sauvages (1706-1767). Grazie ai test PCR della polpa dentale di antichi resti di cadaveri provenienti da tombe, abbiamo ora la prova che il tifo e la febbre da trincea furono coinvolti nella decimazione degli assedianti di Douai (1710-1712), durante la Guerra di successione spagnola, nel 1765 a Napoli (con oltre 200mila morti, soprattutto tra i ceti meno abbienti, come testimoniato dai medici Pepe, Fasano e Sarcone) e affliggevano il soldati della Grande Armata di Napoleone a Vilnius nel 1812 dopo il loro ritiro dalla Russia. I reduci diffusero il contagio nell'Europa centrale, con la complicità della carestia nell'anno senza estate, e il morbo giunse nel 1817 anche in diverse città italiane. Il tifo ha mietuto le sue vittime anche durante e al termine della Guerra di secessione americana (1861-1865).

Nel 1909, si scoprì che il tifo epidemico era trasmesso da  Pediculus humanus humanus, il pidocchio del corpo. Il merito della scoperta va attribuito a Charles Nicolle che nel 1928 ricevette il premio Nobel per le sue scoperte. Nicolle è stato in grado di trasmettere sperimentalmente il tifo dall'uomo agli scimpanzé e poi ai macachi attraverso la trasfusione del sangue e, infine, da macaco a macaco tramite un pidocchio del corpo.

Intorno al 1910, Howard Ricketts (1871-1910) scoprì l'agente causale della febbre delle montagne rocciose, chiamato in suo onore Rickettsia.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, una grave epidemia di tifo si diffuse in Serbia e nell’Europa orientale. Il dottor Stanislao Prowazeck (1875-1915) si dedicò alla cura dei malati e scoprì che la patologia era causata da un microbo simile a quello di Ricketts, oggi noto come Rickettsia prowazecki. Entrambi gli studiosi morirono nel corso delle loro ricerche.

Il 2 settembre dell'anno scorso, Google ha celebrato con un doodle il genetliaco del medico e immunologo polacco Rudolf Weigl (1883-19. A Weigl va il merito di aver prodotto il primo vaccino efficace contro il tifo epidemico. 

Nel doodle, Weigl tiene una provetta tra le mani guantate. Ci sono disegni di pidocchi sul muro, sul lato destro, e un corpo umano e altri pidocchi a sinistra. Il lavoro di Weigl è stato premiato con due nomination al Premio Nobel. 

Egli nacque nella città austro-ungarica di Przerów (nell'odierna Repubblica Ceca), studiò scienze biologiche presso l'Università di Lwów in Polonia e fu stato nominato parassitologo nell'esercito polacco nel 1914. Poiché milioni di persone in tutta l'Europa orientale erano afflitte dal tifo, Weigl divenne determinato a fermarne la diffusione.

I pidocchi del corpo erano noti per trasportare i batteri che infettano il tifo - la Rickettsia prowazekii; quindi Weigl ha adattato il minuscolo insetto in un campione di laboratorio. La sua ricerca innovativa ha rivelato come usare i pidocchi per propagare i batteri mortali che ha studiato per decenni con la speranza di sviluppare un vaccino. 

Nel 1936, il vaccino di Weigl ha salvato con successo il suo primo beneficiario. Quando la Germania occupò la Polonia durante lo scoppio della Seconda guerra mondiale, Weigl fu costretto ad aprire un impianto per la produzione di vaccini. Ha usato la struttura per assumere amici e colleghi (molti ebrei e dissidenti politici a rischio di persecuzione sotto il nuovo regime).

Si stima che circa 5.000 persone siano state salvate grazie al lavoro di Weigl durante questo periodo, sia grazie ai suoi sforzi diretti sia grazie alle migliaia di dosi di vaccino prodotte e distribuite a livello nazionale. Oggi Weigl è ampiamente lodato in patria come uno straordinario scienziato ed un eroe. 

Durante la Seconda Guerra mondiale, ancora a Napoli, il tifo ritornò nel 1943: la sua diffusione fu contrastata cospargendo le persone con il DDT al fine di uccidere i pidocchi vettori dell'agente patogeno, come è documentato da un video dell'Istituto Luce.

Solo qualche anno dopo si avranno a disposizione il cloramfenicolo e le tetracicline, gli antibiotici più utilizzati nel trattamento della malattia.

L'epidemia di tifo è una malattia imprevedibile che può riemergere improvvisamente quando l'organizzazione sociale viene sconvolta, come è stato osservato nel 1997 tra i rifugiati della guerra civile del Burundi in Africa centrale. 

Le guerre sono condizioni ottimali per la proliferazione dei pidocchi del corpo e delle malattie ad essi associate. Pertanto, il controllo dei pidocchi, vestiti puliti e insetticidi costituiscono un aiuto al fine di evitare disastri causati da tifo, febbre da trincea e febbre ricorrente durante le catastrofi umanitarie.

FONTI

https://www.news18.com/news/lifestyle/rudolf-weigl-birth-anniversary-2021-google-doodle-honours-polish-biologist-who-invented-typhus-vaccine-4155281.html

https://microbiologysociety.org/publication/past-issues/world-war-i/article/typhus-in-world-war-i.html

Harrison, Principi di medicina interna e terapia, vol. 2.

M. La Placa, Microbiologia medica, ed. Edises.

lunedì 10 gennaio 2022

Y come Yellowstone e Yersinia, tra studi e documentari

Ogni mercoledì sera alle 21:15, su Focus TV - canale 35, Bill Pullman ci accompagna alla scoperta del Parco di Yellowstone, una sterminata riserva brulicante di fauna e di meraviglie naturali. 

Migliaia di geyser, sorgenti termali e caldere, 800.000 ettari di foreste, praterie e corsi d'acqua - il fiume Yellowstone è il principale e le sue acque finiscono nel Missouri e da là nel Mississippi - in cui vivono centinaia di specie animali: è il parco più antico del mondo, voluto dal presidente Ulysses Grant (1822-1885) e inaugurato il 1° marzo 1872 - un secolo e mezzo fa.

Nella prima puntata è stata messa a tema la rigidità dell'inverno, focalizzando l'attenzione su come le varie specie cerchino di fronteggiare l'assenza di cibo

Ecco che la lince che si accontenta di qualche piccolo roditore, quando non riesce a catturare le anatre che nuotano nelle acque mantenute allo stato liquido dal calore delle fonti geotermiche, mentre un giovane lupo solitario si contende con orso e coyote la carcassa di un alce o di un bisonte, suscitando la vendetta di altri lupi del branco a cui apparteneva - che lo inseguono fino a farlo cadere in un torrentello che scorre in fondo a una ripida scarpata.

La ricca fauna avicola comprende falchi pescatori, merli acquaioli, cigni, anatre, aironi - questi ultimi protagonisti di un breve cartoon sulle note del Clair de lune di Debussy, che nulla ha a che vedere con Yellowstone ma che mi piace richiamare qua sotto, prima di introdurre la drammatica seconda parte del post.

Nelle pozze idrotermali prosperano dei microrganismi resistenti a condizioni severe di temperatura, pH e salinità, come messo in evidenza dalle ricerche di Thomas Brock (scopritore del Thermus acquaticus) e di autori successivi, che ho recentemente ripreso nelle slide di una presentazione.


In tempi più recenti, un altro microrganismo è stato oggetto di approfondite ricerche da parte degli studiosi, i cui risultati, ottenuti dopo nove anni di osservazioni, sono stati resi noti in Plague, pumas and potential zoonotic exposure in the Greater Yellowstone Ecosystem”, pubblicato il 2 marzo 2020 su Environmental Conservation da L. Mark Elbroch e Howard Quigley di Panthera e da T. Winston Vickers del Karen C. Drayer Wildlife Healthcenter dell’Università della California – Davis


In particolare, i ricercatori hanno esaminato la presenza e la diffusione del bacillo della peste (Yersinia pestis) nei puma (Puma concolor): nel 47% degli animali testati è stata riscontrata la presenza del bacillo di Yersin, che causa proprio la temutissima peste (nell'uomo come in altre 200 specie animali, soprattutto roditori, che costituiscono la riserva naturale del microrganismo).


Anticorpi anti-Y. pestis sono stati rilevati in 8 puma su 17 esemplari sottoposti al test di immunoassorbimento enzimatico del complemento; il microrganismo stesso è stato rilevato in 4 puma su 11 (36%) dopo l'autopsia. 

Né il sesso né l'età del puma erano significativamente associati all'esposizione o alla mortalità da Y. pestis, sebbene la dimensione del campione considerato fosse piccola. 

La prevalenza complessiva dell'esposizione è stata valutata come simile a quella riscontrata lungo il versante occidentale del Colorado, adiacente alla regione di Four Corners, un noto focolaio di peste negli Stati Uniti. Ciò, per i ricercatori, sembra suggerire che: 
  • (1) Y. pestis può essere presente a livelli più elevati nel GYE (Greater Yellowstone Ecosystem) rispetto a quanto precedentemente ipotizzato; 
  • (2) la peste è una fonte significativa di mortalità per i puma locali (6,6% della mortalità subadulta e adulta);
  • (3) i puma potrebbero costituire un'utile sentinella per il potenziale rischio di esposizione alla peste per gli esseri umani in tutto l'Occidente. I cacciatori e altri che si interessano ai puma in questa regione dovrebbero essere informati della possibilità di esposizione.

Il bacillo della peste è noto per aver ucciso decine di milioni di esseri umani nel corso della storia, ma questo nuovo studio ha rivelato che i batteri mortali ora infettano un ospite completamente diverso da quelli finora noti: il puma che vive nella GYE. 

I ricercatori hanno scoperto che quasi la metà dei soggetti considerati era stata esposta alla peste. Tuttavia, poiché i puma di solito non si avvicinano agli umani, è improbabile che questi grandi felini facciano ammalare qualcuno.

"La persona media non ha quasi alcuna possibilità di contrarre la peste di un leone di montagna", ha affermato Mark Elbroch, direttore del programma puma per Panthera, un'organizzazione globale per la conservazione dei felini selvatici, scrivendo a Live Science in una e-mail.

Così qualche temerario amante degli sport estremi in aree selvagge potrà continuare a fare surf sulle rapide del fiume Yellowstone. Io mi limito a vederlo in TV, anche se qualche escursione tra Montana, Idaho e Wyoming la farei volentieri, in un futuro sempre più incerto.

Per approfondire ulteriormente, leggete QUI e QUI.

domenica 9 gennaio 2022

Fine vacanza in fa diesis minore...


Ecco una rara foto in cui mi si vede sorridente, scattata in salotto, mentre attendevo di bere il caffè a fine pranzo. 

In realtà si tratta di un sorriso piuttosto fasullo, perché sono profondamente triste: anche se non amo particolarmente il Natale, come ho già scritto altrove, non nascondo di aver intensamente goduto di questi giorni chiuso in casa a leggere e a studiare, lontano da tutto e da tutti, godendo il caldo della stufa a legna, la tazza di té alle cinque e sempre qualche cosa di speciale per cena, coronata dall'immancabile bicchierino di Montenegro (che ho ieri sera ho sostituito con due dita di Tajadea Nardini).


E così anche per quest'anno i miei felini perdono l'albero dei divertimenti, visto che ieri ho cominciato a riporne gli addobbi - dopo aver messo via le statuine del presepe. Completerò l'opera più tardi - nel pomeriggio. 


Anche Babbo Natale ci fa ciao ciao, con la sua barba che fa concorrenza alla mia - ma le lattine di coca cola, in frigo, ci sono tutto l'anno. Quella che ultimamente (mi) manca troppo spesso è invece la carica, la motivazione - a meno che non faccia risuonare le corde dei miei attuali interessi e chi mi conosce sa ben quali essi siano. Che stia diventando più vecchio di quanto non lo sia già all'anagrafe?


Che dire? Natale ci ha resi tutti... no, non più buoni, ma più falsi. E nonostante mi sia risparmiato l'ipocrisia di auguri, baci e abbracci a persone che stirerei volentieri con uno schiacciasassi, devo purtroppo far finta che vada tutto bene e nascondere il mio bisogno di starmene da solo ancora per qualche tempo, nella pace e nel silenzio del mio studio, delle mie carte (non troppo sudate come vorrei), dei miei interessi che dovrò necessariamente posporre al dovere quotidiano e agli impegni già presi. Si può tradire una moglie o una fidanzata (che non ho, per fortuna), ma non la parola data.


W.A. Mozart, Concerto per pianoforte K 488 - 2 mov.

giovedì 6 gennaio 2022

Dai Magi a Maga Magò...

E' arrivata l'Epifania e tutte le feste si porta via

Nella celebre e dettagliata rappresentazione di Gentile da Fabriano, realizzata intorno al 1423 e conservata agli Uffizi (Firenze), Epifania e Magi arrivano scortati da un sontuoso corteo. 

Tra i dignitari a cavallo, vestiti con abiti raffinati e costosi, ci sono anche animali esotici: leopardi, scimmie, dromedari, cammelli e una ricca fauna avicola, oltre che una preziosa vegetazione...


Epifania significa "piena manifestazione". I Magi riconoscono nel Bambino di Betlemme la sua triplice natura di re (simboleggiata dall'oro portato in dono), sacerdote (incenso) e mortale (mirra).

Vidimus stellam ejus in Oriente et venimus cum muneribus adorare eum.

La mirra - il più curioso tra i doni - è una gommoresina che scorre in gocce gialle oleose dalla corteccia di alcune piante del genere Commiphora. Al contatto dell'aria, la gommoresina si rapprende in forma di grani tondeggianti: è usata in farmacia e in profumeria, mentre nell'antichità serviva per imbalsamare i cadaveri. Nel Vangelo di Giovanni leggiamo che lo stesso corpo di Gesù, deposto dalla croce, fu avvolto in bende intrise di una mistura, portata da Nicodemo: mirra con aloe (Gv 19,39). 

Secondo il racconto del Vangelo di Matteo, dopo che i Magi se ne sono andati, il re Erode cerca il Bambino per ucciderlo e ordina la strage degli innocenti: in qualche presepio, Erode si manifesta con sembianze feline, come potete vedere dalla foto sopra. Anzi, manco Nabuccodonosor osò tanto quando distrusse Gerusalemme, ma questa è un'altra storia ancora. Intanto, sempre secondo lo stesso Vangelo, Giuseppe condusse Maria e il Bambino in Egitto per sottrarlo alla furia di Erode...

Ascoltiamo ora un coro di fanciulli intonare Omnes de Saba, il graduale del compositore austriaco Joseph von Eybler (1765-1846) che riassume il tema della solennità celebrata oggi.

Il brano acquistò in tempi moderni una certa popolarità grazie a un film, Almost angelsAngeli o quasi, girato nel 1962 e ambientato a Vienna presso il collegio dei pueri cantores. Un'altra esecuzione del medesimo pezzo, eseguito stavolta da un coro misto accompagnato dall'orchestra, potete sentirla qua sotto.

Mentre le voci dei bravi coristi intonano i canti sacri in latino, la voce del popolo non può che storpiare il grecismo Epifania in Befana, personificandola in una vecchierella trascurata che giudica le azioni dei bambini, riempiendo le calze dei buoni di dolciumi e quelle dei birichini di carbone, il tutto accompagnato dall'arcinota filastrocca: 

La befana vien di notte/ con le scarpe tutte rotte/ col vestito alla romana...

Insomma: dai Magi nel presepe a Maga Magò con la scopa di saggina il passo è breve, anche se il potere della pubblicità è riuscito a modernizzare la figura della Befana in modo tale da compiacere più i padri dei figli.


Che dire? Al di là di tutto, anche queste feste sono destinate a concludersi con il ritorno alla normalità, dal giorno della Befana alle befane di ogni giorno - a meno che le varianti Omicron non ci costringano in un prossimo futuro a qualche settimana di smart working - e speriamo NON di isolamento o di quarantene varie...


... vabbé, ci restano sempre le impossibili diagnosi del Dottor House (qui in versione Griffin) con le sue immancabili biopsie endocraniche e una buona dose di stronzaggine ...


... quella dose che manca a me. Non si può fare una trasfusione?