giovedì 29 luglio 2021

Galleria Rizet: energie ed emozioni al femminile

La Galleria Rizet e il suo factotum Diego Rizzo ospiteranno "energie ed emozioni al femminile", espresse da due artiste che esporranno le loro opere a partire da sabato 31 luglio (inaugurazione alle ore 17) fino al 16 agosto. Tutte le informazioni sono riportate qua sotto. Non manchiamo l'occasione!



martedì 27 luglio 2021

La parola a N. Caro...

Cercare con Google "Processo Casale" (per la sintesi dell'ammoniaca) e vedere una serie di risultati su "Processo Casalesi" fa capire molte cose in merito alle priorità nella cultura italiana e nei mass media. Ma non di questo vorrei parlare, in questo post, e procedo oltre.

Intervallo RAI - D. Paradisi, Toccata per arpa

Dopo l'articolo di Giacomo Fauser, di cui dissi QUI, e dopo aver ripreso qualche brano letterario di Carlo Emilio Gadda, mi sono deciso a rispolverare alcune informazioni sulla sintesi dell'ammoniaca, un argomento che a lezione propongo con una certa insistenza, vista la sua notevole importanza. riassumibile nella sequenza:

Azoto + Idrogeno > Ammoniaca > Concimi > Agricoltura > Alimentazione > Nutrizione

Poi non discutiamo su come siano distribuite le risorse e sul perché al mondo ci siano ancora persone che soffrono la fame: questo riguarda la politica e l'economia, non la chimica e la tecnica.

Il 24 gennaio 1927, Nikodem Caro, co-inventore con Adolph Frank del processo per la sintesi della calciocianammide - un'alternativa all'ammoniaca per la cattura dell'azoto atmosferico - tenne una conferenza a Berlino sull'industria dell'azoto. 

Era particolarmente feroce nei confronti di quei paesi che dopo la Prima Guerra mondiale usavano "chimici e ingegneri in uniforme" e "rubavano" i brevetti sull'ammoniaca sintetica Haber-Bosch per sviluppare industrie al di fuori della Germania. Poteva dare credito solo a Georges Claude in Francia e a Luigi Casale in Italia per innovazioni originali nella sintesi dell'ammoniaca.

Casale, nato a Langosco (Pavia) nel 1882, si laureò in chimica presso l'università di Torino, studiando con Arturo Miolati e Michele Fileti (la fortuna di avere grandi maestri...). 

Si perfezionò a Berlino con Walter Nernst e ritornò in Italia alla vigilia della Prima Guerra mondiale, durante la quale si occupò di gas asfissianti e protezioni. Un incidente in laboratorio gli causò un avvelenamento che compromise la sua salute. 

Al termine della guerra riprese i suoi studi sulla sintesi dell'ammoniaca e nel 1919 fece funzionare il primo impianto che produceva 2 q/die. Due anni più tardi fondò a Terni la Società Ammonia Casale, con nuovi impianti. Morì a Vigevano nel 1927, a 45 anni non compiuti.

La grande proliferazione delle fabbriche di composti azotati, ha rimarcato Caro, “fa riflettere e solleva interrogativi” su quei paesi che avevano senza dubbio rubato i brevetti e le idee per l'industria dell'ammoniaca al fine di soddisfare le loro ambizioni strategiche: “E ora si capisce che nella maggior parte dei casi questi nuovi stabilimenti non nascono da necessità economiche ma da necessità politiche, necessità strategiche di indipendenza nei fabbisogni di azoto in agricoltura e per la produzione di munizioni” [1]. 

Prima dell'invenzione di Haber e del processo Ostwald, che trasforma l'ammoniaca in acido nitrico, era possibile produrre esplosivi solo a partire dal nitro del Cile, importato via mare dal Sudamerica. Un po' di ammoniaca la si ricavava anche purificando il gas dei forni a coke, per lavaggio con soluzioni acquose diluite di acido solforico, al fine di ottenere solfato di ammonio.

L'affermazione di Caro risuonava in armonia con lo scenario tratteggiato da Humphrey nel luglio 1923, in cui prevedeva la diffusione delle fabbriche di azoto al di fuori dei confini della Germania a meno che BASF non avesse mantenuto il monopolio sull'ammoniaca sintetica. Ma nel 1927, con nuovi processi disponibili, la situazione era molto diversa. Tuttavia, la strategia di controllo delle tecnologie dell'azoto sintetico si avvicinava al tipo di supervisione riservata alle industrie al servizio dell'esercito. 

(continua)

[1] Caro N. (1927) Glossen zur Stickstoff-Industrie. Die chemische Industrie 50(6)(12 febbraio):181–185.

Fonte: https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-319-68963-0_10

lunedì 26 luglio 2021

Si stava peggio quando si stava peggio...


Guardando le ambientazioni del celebre film di Ermanno Olmi "L'albero degli zoccoli", girato nel 1978 e trasmesso in televisione anche l'altro giorno, mi viene in mente il paese da cui è originaria la famiglia di mia mamma. 

Tale paese, per come lo ricordo (non ci vado da molti anni), conserva i caratteri rurali in un modo molto più marcato di quello dove abito: spesso vi passavo i fine settimana nella mia infanzia, causando le ire della catechista che non mi vedeva mai a messa la domenica mattina e per questo mi avrebbe ripreso in malo modo il lunedì. 

E infatti a me, da bambino, non piaceva andare al catechismo parrocchiale, ma bisognava anche se ero il figlio del segretario della sezione locale dei socialisti (e, ben s'intenda, socialista io non lo sono, non lo sono mai stato e mai lo sarò). 

Per inciso, mi riconcilierò con il mondo ecclesiale da giovane adulto e infatti una parte significativa della mia formazione umana la devo a un certo percorso - che, come tutti i percorsi nella mia vita, ha avuto un inizio e una fine; e - invece - come nessun altro, mi ha lasciato tanta gratitudine da esprimere, anche se oggi mi occupo di altre cose (non quelle che vorrei, purtroppo).

Premetto che non sono un nostalgico dei bei tempi andati, non sopporto il ritornello "si stava meglio quando si stava peggio" e via discorrendo: quindi, caro fruitore del mio blog, puoi non condividere la mia posizione e - se vuoi impormi la tua a tutti i costi - non proseguire con la lettura, passando oltre.


Trovo doveroso conservare la memoria del mondo contadino antecedente la meccanizzazione agricola, delle usanze e delle credenze: per questo esistono i musei etnografici, i gruppi di studio e molte benemerite associazioni di antichi mestieri et similia.

Tuttavia, siamo onesti, quanti di noi oggi vivrebbero in case senza acqua corrente, senza riscaldamento, senza servizi igienici? Andate a fare i bisogni nella concimaia in una piovosa notte di un freddo novembre e poi ne parliamo: a me capitò da ragazzino di trovarmi in una simile situazione (ero fuori casa), con dei dolorosi crampi addominali e la scarica che capitò in piena notte. Fuori pioveva e dovetti scendere in cucina, prendere la chiave del bagno esterno (una turca incrostata, con un rudimentale sciacquone), arrotolare le braghe del pigiama fino al ginocchio, attraversare il cortile sotto l'acqua scrosciante trattenendo la massa fecale semiliquida e maleodorante. Ovviamente non c'erano il bidet e nemmeno la carta igienica...


A proposito di digestione, proviamo a pensare quanti sopravvivrebbero oggi con un'alimentazione mancante di molti principi nutritivi: basti pensare alle avitaminosi (pellagra, rachitismo, scorbuto, anemia perniciosa...), un tempo assai diffuse anche da noi e attualmente piaga di molti paesi in via di sviluppo. 

Certo, non dobbiamo dimenticare che, nel mondo tecnologicamente avanzato, oggi siamo ipernutriti e soffriamo le conseguenze di ciò (obesità, ipertensione, diabete di tipo II, etc.), ma personalmente sono dell'opinione che sia meglio avere una dispensa ben rifornita piuttosto che correre il rischio di non averla affatto. E sarebbe bene trovare il modo di condividere l'eccesso di cibo - spesso gettato nella spazzatura - con chi non ne ha: ma questa è un'altra questione.


E poi la sana vita all'aria aperta: camminando senza calzature chiuse in mezzo al fango (quanto era facile contrarre le parassitosi da nematodi), vicino a zone paludose (infestate da zanzara anofele, vettore attivo della malaria), vivendo in promiscuità con gli animali (che potevano scambiare con l'uomo agenti patogeni, cause di patologie anche gravi: dall'antrace all'echinococco...), senza profilassi per il tetano o per la difterite (il vaccino sarà reso obbligatorio in Italia a partire dal 1939), senza antibiotici, senza disinfettanti, senza sapone, senza la possibilità di farsi una doccia o un semplicissimo bagno (se non in una tinozza con acqua messa a scaldare in una pentola sulla stufa a legna: e non di certo tutti i giorni).


E poi quelle camere da letto "collettive", dove l'inevitabile promiscuità poteva favorire una serie di situazioni spiacevoli, sia dal punto di vista sanitario, sia morale (e qui mi fermo). 

Riflettiamo: quanto siamo fortunati, oggi, ad avere una stanza con il nostro letto, il nostro comò, le nostre cose riposte in ordine nel nostro armadio. O lasciate in giro nel nostro disordine personale, senza che nessuno vi inciampi perché nella nostra stanza ci entriamo solo noi.

Guardate poi le piccole finestre delle case; le piccole stanze, forse imbiancate con un po' di calcina, con l'odore di muffa... certi ambienti mi fanno ammalare di tbc solo a guardarli. Personalmente sono felice di vivere oggi, almeno per nutrizione, igiene e istruzione. E anche per una certa libertà che una volta, quando si stava meglio anche se si stava peggio, non c'era. 

Una volta, alla mia età - se vi giungevo perché non ero morto in guerra a vent'anni o sul lavoro poco più vecchio - avrei rischiato di sviluppare la tubercolosi e di essere prossimo a morire. Entrambi i miei nonni paterni la contrassero alla fine degli anni Quaranta: mia nonna fu curata nell'ospedale di Belluno con il PAS (acido para-ammino-salicilico), mentre mio nonno fu curato nei sanatori di Gorizia e di Como con la streptomicina (una novità per quel tempo: il farmaco era stato scoperto appena qualche anno prima negli Stati Uniti).

Una volta, alla mia età, sarei dovuto essere sposato (rigorosamente in chiesa con rito religioso) da oltre vent'anni, non importa se per amore, per convenienza o per un contratto impostomi dalla famiglia. Altrimenti sarei stato bollato spregiativamente come un artelùs.
Sarei stato padre di molti figli, buona parte dei quali li avrei visti morire bambini: mia nonna paterna ebbe cinque figli e ne vide arrivare all'età adulta solamente due.


Concludo con una foto a colori, dopo tanto grigiore. L'edificio (di proprietà) che vedete al centro è il vecchio molino dove è cresciuta mia mamma, che risale alla fine del XVI secolo. Da più di mezzo secolo l'impianto del molino è stato dismesso e la ruota idraulica che lo animava è stata smantellata: vive ancora nei ricordi di mia mamma, che da bambina l'ha vista funzionare. Le pietre da macina sono sepolte sotto il pavimento del seminterrato.

Quel signore che intravedete seduto sotto il portico, in questa vecchia foto di google-street, era mio nonno materno Mario, l'ultimo mugnaio. Molti anni fa i ricordi relativi alla sua vecchia professione sono stati raccolti da un ricercatore che li ha presentatati nel corso di alcune serate dedicate ai molini ad acqua. Qualche informazione in più: QUI.

sabato 24 luglio 2021

Chiude l'Arte al tempo del Covid...

Chiude il 25 luglio, ad Arsié di Ponte nelle Alpi (BL), la mostra personale "Arte al tempo del Covid" di Michele Nave presso la Galleria Rizet - questo il nome dello spazio espositivo ricavato in una stalla adibita a salotto culturale da Diego Rizzo curatore del sito ValcantunaOggi.







giovedì 22 luglio 2021

Oggi le coniche

Prendiamo un cono e tagliamolo con un piano: a seconda dell'inclinazione del piano, otteniamo diverse sezioni, le cui forme sono rappresentate nelle figure sottostanti.


La memoria corre alle lezioni di geometria in terza liceo o al primo esame di matematica all'università. I più bravi ricorderanno che "Le coniche" è il titolo dell'opera principale di Apollonio di Perga - opera che è considerata essere il suo capolavoro. Scritta intorno alla fine del III sec. a.C., essa fu un testo molto influente ed ha procurato all'autore il soprannome di Grande Geometra.

Mentre la memoria ci fa sentire ancora studenti, l'occhio scruta il mondo che ci circonda e, se ben allenato, ci permette di scorgere in esso queste figure o profili ad esse riconducibili.

Evitando di cercare circonferenze (gli esempi - credo - si sprechino), consideriamo come un pallone calciato "da sotto" descriva una traiettoria descrivibile come un arco di parabola; ma anche un proiettile o uno skater che esegue i suoi trick (considerate il moto del baricentro, corrispondente approssimativamente all'ombelico), per non parlare di una pattinatrice che compie le sue evoluzioni su ghiaccio.


Vediamo un poco il seguente video.


Intanto un pianeta, come la nostra Terra, descrive attorno al sole un'orbita ellittica (di cui il sole occupa uno dei due fuochi, come insegna Keplero: ma poi il sole si sposta nello spazio tridimensionale e il pianeta con esso...). 


E l'iperbole? Possiamo riconoscerla - ad esempio - nel profilo delle torri Hammon, caratteristiche del vecchio paesaggio industriale, utilizzate per raffreddare e riossigenare le acque d'impianto. Ecco una celebre inquadratura di Antonioni, tratta dal suo capolavoro "Red Desert" (1964), girato a Ravenna.


E osservate pure questo vecchio scatto, preso a Marghera e già pubblicato l'altro giorno, con la torre Hammon che oggi è diventata sede di un centro congressi - QUI.


Nei vecchi magazzini per i fertilizzanti (sotto, quel che rimane di uno di essi a Marghera) possiamo riconoscere invece il disegno di un arco di parabola (con a < 0). Ai paraboloidi in architettura è dedicata una pagina web (e una monografia) che trovate QUI.


Se poi volete sbizzarrirvi, cercate le coniche che compongono il disegno della Tour Eiffel: magari prima leggete QUI. Altre parabole nelle costruzioni potete trovarle QUI. E poi ci sono le parabole evangeliche... ma queste soddisfano altre esigenze, non di certo l'equazione y = ax^2 + bx +c.

martedì 20 luglio 2021

Scatti naturali

Ecco una rassegna di fotografie della Natura intorno a casa: rose, insetti, lumachine, fiori, boschi... e l'immancabile gatto (Rodio). Una pausa ogni tanto ci vuole!











domenica 18 luglio 2021

Due note sul Redentore...

In questa domenica a Venezia si celebra la festa del Redentore, istituita e rinnovata ogni anno per ricordare la fine della pestilenza del 1575

I superstiti ringraziavano il buon Dio per essere scampati al flagello e anche per le sostanze lasciate loro in eredità da quanti erano passati a miglior vita a causa del morbo causato da Yersinia Pestis

Chissà che presto non si possa istituire una festa simile per celebrare la fine del Covid... intanto godiamoci le note del concerto per due trombe di Vivaldi

sabato 17 luglio 2021

Letture estive...













QUI trovate un interessante articolo di Giacomo Fauser (1892-1971) dedicato alla sintesi dell'ammoniaca, pubblicato nel 1938 in appendice all'Enciclopedia Italiana

Ammoniaca significa (tuttora!) concimi azotati e quindi possibilità di incrementare la produzione agricola: oggi sarebbe impensabile sfamare oltre sette miliardi di persone fidando solo sulla rotazione agraria o sui concimi naturali (letame, pollina, etc.).

Nell'esordio dell'articolo, Fauser afferma che "il problema della fissazione dell'azoto è in realtà un problema di produzione dell'idrogeno": sono necessari due metri cubi di idrogeno per chilogrammo di ammoniaca prodotta.

Nella seconda parte, l'ingegnere si sofferma descrivendo come sia possibile separare l'idrogeno dal gas dei forni a coke, sfruttando la "condensazione frazionata a bassa temperatura dei diversi componenti".

Come racconta Ettore Molinari nel suo Trattato di chimica... (Hoepli, Milano, Vol. I, Tomo I, ed. 1939, ristampa 1943) lo sviluppo di questa idea si deve (indirettamente) a Carl von Linde (1842-1934), il fisico e ingegnere tedesco passato alla storia per i suoi studi sulla refrigerazione e sulle sue applicazioni pratiche.

Il gas, ottenuto scaldando ad alta temperatura il carbone fossile in apposite storte - o forni a coke, è formato da idrogeno (oltre il 50%), monossido di carbonio, metano, olefine (etilene, propilene), ammoniaca, idrogeno solforato, composti cianici, tracce di composti aromatici, nebbie catramose.

Una volta prelevato dalle storte, esso è progressivamente raffreddato e lavato in apposite colonne:

  • con acqua per separare il catrame;
  • con oli medi di catrame per separare benzene e toluene;
  • con acido solforico per fissare l'ammoniaca presente come solfato di ammonio.
Successivamente è fatto passare in recipienti contenenti ossidi di ferro e calce (miscele Laming) per fissare l'acido solfidrico e i composti cianici sotto forma di solfuri e di cianuri.

Il gas, opportunamente compresso, è lavato poi con acqua in pressione (a 12-15 atmosfere) per eliminare l'anidride carbonica. Il lavaggio dell'anidride carbonica è un'operazione che riveste tuttora una certa importanza industriale. Tale operazione oggi è realizzata sfruttando soluzioni acquose alcaline:
  • carbonato di potassio: K2CO3 + H2O + CO2 = 2KHCO3
  • arsenito di potassio: 2K3AsO3 + 3H2O + 6CO2 = 6KHCO3 + 2As2O3
  • basi organiche: etanolammine, glicina, etc.
  • idrossido di sodio.

Successivamente il gas rimanente è essiccato (con soda o gel di silice) e progressivamente raffreddato a temperature sempre più basse per separare:

  • la frazione etilenica (l'etilene condensa a - 104°C);
  • la frazione metanica (il metano condensa a - 162°C);
  • il monossido di carbonio (condensa a -191.5°C). 
In particolare, CO è lavato con una pioggia di azoto liquido (-196°C), separato dall'aria atmosferica per distillazione frazionata.

Alla fine di tutto il processo rimane una miscela di idrogeno e di azoto necessaria alla sintesi dell'ammoniaca dagli elementi, descritta nella terza parte dell'articolo, ove è posto l'accento sullo scambiatore di calore che preriscalda la miscela reagente raffreddando la miscela uscente dal letto catalitico.

Nel finale, Fauser descrive la situazione italiana in merito alla produzione dell'ammoniaca nel 1938 e annuncia la costruzione di un impianto a Porto Marghera da parte della società Vetrocoke, entrato in funzione nel 1939 - che sfruttava però la tecnologia Casale.


Oggi quell'impianto non esiste più: spenti i forni a coke e smantellati, al loro posto sorgono gli uffici e i laboratori del parco scientifico Vega, mentre una delle torri Hammon di raffreddamento è stata salvata dalla demolizione e reinventata come sede di un centro congressi.

venerdì 16 luglio 2021

Marghera da vedere (II)

In questo post ecco un vecchio reportage sulla Laguna di Venezia realizzato da Alessandro Gaeta (fotografia Mauro Ricci, montaggio Alessandro Renna) per la serie Sciuscià di Michele Santoro. Risale all'anno 2000. 

Esso è dedicato all'inquinamento delle acque che circolano dalle calli e dai canali più famosi del mondo alla riva dove sorge Porto Marghera

All'inizio del documento filmato si racconta degli operai ammalati negli impianti per la produzione di cvm e del pvc; e poi della diossina - che dai camini delle industrie sembra arrivare fino alle vongole che crescono, particolarmente floride, tra i canali del porto.

 

Nella seconda parte del servizio, è tempo di vedere i risultati delle analisi sulla diossina nelle vongole e la caccia ai pescatori abusivi - a quel tempo attivi anche nei canali industriali. 

giovedì 15 luglio 2021

Marghera da leggere (I)

La storia industriale di Porto Marghera inizia nel 1917, anno in cui è deciso l'insediamento di stabilimenti e officine per lavorare carbone, metalli (zinco, alluminio), vetro, concimi, refrattari; il primo impianto chimico entra in funzione nel 1921 (quindi cent'anni fa) e in pochi mesi se ne aggiungeranno altri.


Solo in un secondo momento, tuttavia, saranno costruite "le distillerie di petrolio" (come le chiamava mio nonno, con il primo impianto italiano di thermal cracking) e gli impianti per ottenere l'acetilene e gli intermedi per le materie plastiche - attraverso lo steam cracking della Virgin Naphta, di cui dissi QUI. Tra questi intermedi figura il cvm, cloruro di vinile monomero, necessario alla fabbricazione del pvc (polivinilcloruro).

La sintesi del pvc è descritta dal sociologo Gianfranco Bettin in: Petrolkiller (ed. Feltrinelli, 2002). Essa muove dal comune sale marino e comprende quattro fasi

"La prima fase [...] consiste nella scomposizione del sale [...] attraverso un processo elettrolitico che ne trae cloro sotto forma di gas verdastro. [...] In una seconda fase, combinato con idrocarburi, il cloro produce il monomero di cloruro di vinile. In una terza, il monomero diventa resina di pvc e infine, con una quarta trasformazione, diventa uno dei diversi tipi di prodotto finito". (op. cit. p. 37)

Qualche pagina oltre, Bettin evoca pure Dante, che già agli inizi del XIV secolo aveva descritto il lavoro organizzato in modo industriale nell'Arsenale de' Viniziani:


La descrizione dell'Arsenale, ove bolle la tenace pece, è inserita dal Poeta nel canto XXI dell'Inferno, laddove i versi evocano la punizione eterna riservata ai barattieri - ossia a coloro che, avendo un ufficio pubblico, si lasciano corrompere per denaro o per altra ricompensa.


Una buona cronologia della storia della zona industriale (e delle lotte operaie che l'hanno accompagnata) è riportata invece in appendice al graphic novel di Claudio Calia: Porto Marghera - La legge non è uguale per tutti (ed. Becco Giallo).

Gabriele Bortolozzo, operaio dello stabilimento petrolchimico, ha condotto per anni una battaglia affinché venisse detta la verità sui gravi rischi che pesavano sulla salute di coloro che lavoravano in quella fabbrica. Moltissimi suoi compagni di lavoro, addetti alla produzione o alla movimentazione del cvm, sono morti o si sono ammalati di cancro

Il libro Petrolkimiko (ed. 1998), curato da Bettin, presenta alcuni documenti fondamentali dell'inchiesta sulla fabbrica e ne ricostruisce la realtà umana e sociale. 

Sulla ricerca medica che portò a individuare la cancerogenicità del cvm si sofferma in un suo contributo il professor Cesare Maltoni, direttore scientifico della Fondazione Europea di Oncologia e Scienze Ambientali "B. Ramazzini".

Il 2 novembre 2001 il Tribunale di Venezia ha pronunciato una sentenza di assoluzione per i ventotto imputati del processo sul Petrolchimico di Porto Marghera

Sul banco degli imputati c'erano i grandi gruppi della chimica italiana di allora, accusati della morte per tumore di 157 operai e di altri 103 casi di malati, che erano addetti alla lavorazione del cvm e del pvc per la produzione di plastiche. 

In un primo momento, escono sconfitti gli operai e i cittadini che attendevano un verdetto che condannasse la volontaria utilizzazione da parte delle classi dirigenti di sostanze pericolose ed inquinanti. Ma i ricorsi in appello non si faranno attendere e il verdetto allora sarà diverso.

Il processo al Petrolchimico di Porto Marghera e la sua clamorosa conclusione, che ha visto condannati i vertici di Montedison, è un evento che non può e non deve essere dimenticato.


La vicenda è narrata anche in "Le fabbriche dei veleni" (La Toletta edizioni, 2015) da Felice Casson, il magistrato (poi accademico e senatore della Repubblica) che ha aperto le indagini e portato alla condanna dei responsabili: il libro vuole essere nello stesso tempo un punto d'arrivo e di partenza per non far calare il sipario sulla vicenda. 

La determinazione nel difendere tutti noi e il nostro territorio da interessi biechi e altamente pericolosi e la volontà di consegnare alle generazioni presenti e future un esempio di impegno nell'interesse collettivo sono i due aspetti che ci portano a riflettere sull'importanza della partecipazione alla res publica. E a pronunciare una sola parola: grazie.

(continua)

mercoledì 14 luglio 2021

Quale attualità?

Ricevo e ritrasmetto.

"Oggi, il vero pericolo non è la religione nella politica, ma la politica nella religione. Per la prima volta nella storia del Cristianesimo, la politica, che iniziò con il dividersi dalla morale e dalla religione, ha capito che l'uomo non può vivere di solo pane, così ha tentato di catturare l'anima, attraverso ciascuna delle parole uscite dalla bocca di un Dittatore. 

Per la prima volta nella civiltà occidentale Cristiana il regno dell'Anticristo ha acquistato forma politica e sostanza sociale, sovrastando e combattendo il Cristianesimo nella propria essenza di Anti-chiesa: con i propri dogmi, le proprie scritture, la propria infallibilità, la propria gerarchia, il proprio capo visibile, i propri missionari, e il proprio capo invisibile, troppo terribile perché se ne pronunci il nome.

Ai nostri giorni, in certe nazioni la religione esiste soltanto in quanto tollerata da un dittatore politico. Senza perseguitare attivamente la Chiesa, ne usurpa le funzioni, concede le tessere del pane solo a quelli che cospirano contro la religione, tenta di creare un'uniformità ideologica sopprimendo chiunque si opponga a questa ideologia, e, con il solo peso della propaganda di Stato, intende effettuare l'organizzazione sociale delle masse su una base meramente secolare e anti-religiosa. 

L'istruzione, oggigiorno, si va politicizzando. Lo Stato moderno estende il proprio dominio su zone estranee alla propria giurisdizione: sulla famiglia, sull'educazione, sull'anima. Specialmente pericolosa diventa la concentrazione dell'opinione pubblica in un numero sempre più ristretto di persone, data la meccanicità con cui si può disseminare la propaganda. I contorni acquistano una crudezza particolare. 

Il prossimo conflitto avverrà tra Religione di Dio e Religione di Stato, tra Cristo e Anticristo: quest'ultimo travestito da capo politico.

(Fulton J. Sheen, da "Personaggi della Passione" 1947)

lunedì 12 luglio 2021

Fiori e fiorellini...

Vi auguro un buon inizio settimana, dopo una domenica sera da cardiopalma. Ecco qualche piccolo scatto floreale, realizzato con lo smartphone (sono pigro, dovrò rispolverare la Nikon) ...





Ancora qualche rosellina...






Dopo le rose e il glicine, ecco infine la dionea, intenta a consumar il suo fiero pasto.


Tante cose!