mercoledì 30 marzo 2022

Ripasso...


Fine mese, tempo di verifiche: per qualcuno è giunto il momento di confrontarsi con un argomento importante, come l'apparato digerente. Ecco qualche schema, presentato a lezione, che permette di organizzare le idee.


Sappiamo dare il nome alle varie parti rappresentate nella seguente figura? A... B... C...


E ricordiamo la struttura del dente (mentre devo ricordarmi che martedì devo andare dal dentista...)?


Poi percorriamo l'esofago, spinti dalla peristalsi e giungiamo nello stomaco...

Nello stomaco, il bolo alimentare diventa chimo per azione dei succhi gastrici: le proteine sono scisse in peptoni per azione della pepsina in ambiente acido. La digestione si completa poi nel duodeno, grazie all'azione della bile e del succo pancreatico.

I nutrienti assorbiti nell'intestino sono portati al fegato dove sono elaborati, conservati e rilasciati a seconda dei bisogni dell'intero organismo.


Buon ripasso!!!

sabato 26 marzo 2022

Un po' di gusto per il Cima...

La pestilenza, la guerra, la siccità, gli incendi: mala tempora currunt, direbbero molti. Come esorcizzare queste cattive notizie che rimbombano tra social network e mezzi di comunicazione di massa, sempre più viziati e faziosi


I modi si trovano. Godendo innanzitutto della Natura che ci abbraccia con il risveglio della primavera: la vita vince sempre, anche dopo il più rigido inverno. E poi godendo delle Belle Arti. O di ambedue le cose assieme.


Nonostante la pandemia - con le relative chiusure - mi abbia fatto apprezzare la quiete domestica al punto tale che esco solo per andare a fare spese (alimentari e libri) e al lavoro, ho ricominciato a concedermi qualche uscita culturale, spinto dal bisogno di cose belle e di belle cose - ma correndo il rischio di imbattermi in brutte persone, cosa che finora non è ancora accaduta, per mia fortuna.


Ieri sono andato in comune di Borgo Valbelluna per visitare la mostra dedicata alla vita e alle opere del pittore Luigi Cima (1860-1844). Nativo di Villa di Villa, studiò dapprima a Feltre e poi all'Accademia in Venezia, dove strinse una duratura amicizia con pittori come Ciardi, Favretto, Nono, Milesi e altri.


Presso il Palazzo delle Contesse di Mel si ammira un'esposizione di dipinti con soggetti laici, tra i prediletti dall'autore: 


la campagna (Olmi e i suoi zoccoli hanno forse un antesignano col pennello)...


il lavoro nei campi... 


la bottega del fabbro (Cima stesso discendeva da una famiglia di fabbri)...


le nevi - che tanto piacevano agli acquirenti dei suoi quadri...


... i ritratti - quello sopra mi ricorda un po' Boldini, per certe soluzioni.


Presso l'oratorio di Lentiai sono esposti alcuni cimeli dell'autore - lettere, strumenti, libri, dediche come le foto autografate di Mussolini e del patriarca di Venezia, il Cardinal Piazza - e gli studi per i dipinti con soggetti religiosi: sua è l'immagine più conosciuta di San Giovanni Bosco in mezzo ai giovani (che si ammira anche nella pala esposta presso la Chiesa di San Rocco a Belluno).


A me piace anche la Sacra Famiglia con i Santi Tarcisio e Rocco.


La terza esposizione dedicata all'autore consiste in una mostra fotografica in Sala Merlin a Trichiana, che però non sono riuscito a visitare. Le varie sedi chiudono alle 19. Non mi è rimasto altro che andare a cena per compiacere, oltre alla vista, anche l'olfatto e il gusto.


Buon Sabato a voi tutti, miei lettori!

giovedì 24 marzo 2022

Al fuoco!!!

Ieri mattina ero appena uscito dal lavoro e stavo intraprendendo un breve itinerario per uffici al fine di sbrigare alcune faccende burocratiche in sospeso. 

Sento una notifica di whatsapp, ma non guardo subito il messaggio. C'erano altre cose che avevano la priorità e una volta sbrigate queste provvedo a prendere in mano lo smartphone per scoprire che la mia genitrice aveva inviato al sottoscritto, in tarda mattinata, una foto scattata dalla terrazza di casa - foto che potete vedere sopra. 

Essa mostra tre colonne di fumo levarsi dalla montagna, che riprendo in un successivo scatto una volta tornato a casa per pranzo.


Con il procedere delle ore, l'incendio si espande, l'aria si fa scura, densa e acre; il sole si nasconde dietro il fumo e traspare una cupa luce rossastra.


Ecco il fumo che si leva dai boschi in fiamme, ai confini orientali del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, in una zona ancora selvaggia e ricca di biodiversità.


Nel seguente video, mentre il cinguettio degli augelletti contrasta con l'audio del televisore tenuto troppo alto, ho cercato di catturare il nuvolone che copre il tramonto ...


 ... e le fiamme che si scorgono man mano che il buio avanza e il dì cede il passo all'ansia di una notte da molti non dormita.


Al mattino seguente (stamattina), la valle del Piave è immersa in un grigiore che si stempererà solo nel pomeriggio.


Che cosa sia rimasto di quei boschi, non voglio immaginarlo. Il clima che muta e la siccità - non piove da settimane - sono condizioni che hanno favorito il contesto per il dilagare delle fiamme. Ma combustibile e comburente non bastano, se non c'è l'innesco. Mi chiedo solo: perché?

martedì 22 marzo 2022

I girasoli dell'amicizia

I fiori cominciano intensamente a colorare i prati, in questa prima settimana di primavera. Certo, un po' d'acqua disseterebbe la terra arsa da oltre tre mesi di cielo sereno e forse dilaverebbe l'aria da polveri e pollini, che - ahimé - non fanno bene alle vie respiratorie di molti di noi.

Intanto, i pittori colorano i fiori sulle loro tele: mi riprometto di andare a visitare la mostra dedicata a Luigi Cima (1860-1944) presso il Palazzo delle Contesse di Mel e in altre sedi nel comune di Borgo Valbelluna. E poi Kandinsky a Rovigo. E poi... mi fermo qui, per proporre invece tre furtivi scatti di un dipinto affascinante di Gauguin (1848-1903) che mostra in primo piano i girasoli.

Qualcuno ribatterà dicendo: "guarda, ti sbagli, i girasoli erano uno dei soggetti preferiti di Van Gogh - amico di Gauguin".

Io invito a guardare meglio la firma nel dettaglio sopra: Paul Gauguin, in una foto da me scattata il 12 marzo scorso a un dipinto che - fino ad allora - mai è stato concesso all'ammirazione del pubblico, essendo parte di una Collezione privata. Per quanto riguarda l'autore, avrò sicuramente i miei limiti, ma per ora sono meno evidenti di quanto qualcuno voglia farmi credere.

Gauguin dipinse questa Natura morta davanti a L'esperance nel 1901, quando ormai aveva stabilito la sua residenza nella Polinesia francese (sopra, le sue acque e i suoi atolli mostrati in televisione), prima a Tahiti e poi a Hiva Oa. La coppetta a sinistra dell'osservatore, con le sue decorazioni, è un chiaro riferimento al luogo in cui il pittore si trova.

I girasoli, dipinti da Gauguin davanti alla Speranza, potrebbero essere la sua conferma all'auspicio dell'amico Vincent, che in una lettera, tredici anni prima, gli scriveva: "spero proprio che saremo amici per sempre". Vorrei sperare lo stesso, qui e ora, e vorrei avere la forza di scriverlo ai miei amici più cari. Intanto, mi godo - rigorosamente per tv - i sognanti paesaggi del Pacifico.

Quanto sarebbe bello esser su quella spiaggia a goderne il caldo e la luce ...

... purtroppo non sarà "a tra poco". E allora, evviva i documentari e le trasmissioni televisive che ci permettono di godere della Natura e di sognare posti così lontani ed affascinanti.

domenica 20 marzo 2022

Benvenuta, primavera 2022

Oggi pomeriggio, 20 marzo, alle 16:33, si è verificato l'equinozio di primavera. Già da qualche giorno i prati hanno cominciato a tingersi di colori nuovi e sono spuntati i bucaneve, gli anemoni, i denti di cane...

... le primule ...

... l'Hepatica nobilis ...

... l'Helleborus viridis (mentre H. Niger è ormai alla fine della sua fioritura).

Tra i rami del ciliegio, pronto a fiorire, si arrampica Rodio il gatto cercando di agguantare una cincia che se ne sta sicura tra le propaggini più alte.


Ecco le gemme del ciliegio...


... e il dettaglio del piccolo uccellino.

Tanti animali stanno invadendo il giardino: passeri, merli, cornacchie... ma anche le lucertole - che catturano l'interesse dei miei gatti e da essi sono catturate, purtroppo. Diverranno più guardinghe e sarà difficile fotografarle, nei mesi a venire. Mi chiedo perché il buon Lotus non se ne stia più spesso comodo in poltrona!


Mentre canto la fortuna di vivere in campagna, nella solitudine quasi assoluta, abbracciato dalla Natura che imparo ad amare ogni giorno di più, sono preda delle classiche allergie primaverili, di cui soffro da troppi anni - per buona pace di certi cialtroni che falsificano certificati medici, sicuri della solita impunità garantita da un sistema che grida vendetta al cospetto di Dio (per chi crede e in esso spera). 

Veniamo a cose più edificanti e consideriamo uno schema che tratteggia il modo in cui abbia origine una reazione allergica:


Tralasciando gli aspetti immunologici, passiamo oltre. Come concludere il post? Con i versi che Emily Dickinson dedica a marzo, ormai pronto a cedere il passo all'aprile adveniente? Con l'allegoria della Primavera del Botticelli? O con i festosi archi di Vivaldi


No, con il toccante lied Am bach in fruhling - presso il ruscello in primavera, opera di Franz Schubert, eseguito da Christa Ludwig e dal pianista Irwin Gage. Ecco la traduzione del testo, ripresa da QUI. Interpreta bene quanto stia provando. E non solo io, temo.

sabato 19 marzo 2022

In nomine patris

Oggi è la festa del papà e, benché abbia poco da festeggiare, non essendo padre, offro in questo post alcuni brevi pensieri, al termine di questa settimana faticosa, in cui il sabato - il settimo giorno - ha tutto il sapore del Shabbat - il riposo che contempla la cessazione di ogni attività. 

Il primo pensiero scaturisce dalla lettura di una notizia che ho letto ieri sera su Avvenire, a firma di Nello Scavo, a proposito di "quei papà disertori costretti ad arruolarsi", che mette in evidenza un aspetto della guerra spesso troppo sottovalutato dalla storiografia: ci sono uomini che da un giorno all'altro perdono tutto. Casa, lavoro, amici. Restano solo gli affetti familiari e la speranza di poter crescere i figli e garantire loro un futuro. Non importa dove e come. Importa il quando: adesso. 

A troppi di questi uomini, tuttavia, non è permesso scegliere tra famiglia e patria: si sacrifica anche la prima in nome della seconda, come se vestire una mimetica, imbracciare un fucile, marciare nel fango, sparare a chi sta dall'altra parte o diventare un bersaglio per il nemico (spiegatemi il significato di questo termine) sia la cosa più ovvia. Dal sacro dovere al massacro il passo è sempre troppo breve. Per carità, c'è chi lo sceglie, il mestiere delle armi. Ma non è per tutti, non lo è mai stato ne mai lo sarà e c'è chi questo ancora non lo capisce. 

Per fare un soldato non basta prendere (dalla strada, dall'ufficio, dalla fabbrica, dalla scuola, dai campi...) un qualsivoglia esemplare di Homo sapiens sapiens maschio, rinchiuderlo in  una caserma, cucirgli addosso un'uniforme, assegnargli un numero di matricola e minacciare di metterlo al muro se non obbedisce agli ordini. Quali ordini, poi? Di chi? A che pro? Troppe domande che un soldato non si deve porre, ma si pone una persona qualsiasi che abbia un briciolo di senno e non può non porsi - specie quando passa i quaranta e barba e capelli incanutiscono.

Il secondo pensiero è per Goffredo Parise (1929-1986), scrittore vicentino di padre biologico ignoto, che - ormai adolescente - fu accolto come figlio dal giornalista Osvaldo Parise, marito della madre dal 1937. 

Nel Grande libro del Veneto (a cura di E. Sturani, ed. Mondadori, 1985), che mi regalarono da bambino, si legge un passo bellissimo di questo autore: il Veneto è la mia Patria. Sebbene esista una Repubblica Italiana, questa espressione astratta non è la mia Patria.

Ancora, ne Il mio Veneto, lo stesso Parise afferma: "do alla parola Patria lo stesso significato che si dava durante la prima guerra mondiale all'Italia: ma l'Italia non è la mia Patria e sono profondamente convinto che la parola e il sentimento di Patria è rappresentato fisicamente dalla terra, dalla regione dove uno è nato". 

La regione di Parise, il Veneto (vorrei dire: il mio Veneto, le terre di San Marco e nel mio nome di battesimo ad esse sono indissolubilmente legato) fu annessa al territorio del regno sabaudo nell'ottobre 1866, cinque anni e mezzo dopo la proclamazione dell'unità territoriale, avvenuta il 17 marzo 1861. 

Io sono nato a Belluno - marginale cittadina tra le montagne a nord di Venezia, e la cosa mi è assai indifferente. Tuttavia, mi dispiace esserci rimasto al termine dei miei lunghi percorsi di studio istituzionale e fatico all'idea di doverci restare fino alla morte. 

La cosa mi è resa meno amara pensando che, una volta spirato, risparmiatomi il ludibrio del funerale cattolico, qualche anima pia disperderà le mie ceneri nella Laguna di Venezia - città che amo e che mi ha insegnato quanto la vita possa essere anche bella. 

(Poi, come ho raccontato altrove, per un destino beffardo nelle sembianze di un contadino della bassa travestito da accademico, me ne son dovuto tornare tra i monti ad aspettare la fatal quiete, che desidero senza infamia e senza lode, senza gloria e senza storia. In silenzio). 


Il terzo pensiero corre invece al Piccolo Credo storico, quel passo del Deuteronomio che recita:


L'incipit mi è particolarmente caro. Mio padre era un Arameo errante: un arameo - quindi di origini mesopotamiche - errante - perché era nomade. Il riferimento è ad Abraham - nome nel quale emerge la radice Ab = padre; e Abramo significa infatti padre di molti, con riferimento a Gn 17,5.

La storia di Abraham è nota: lasciata la Mesopotomia e giunto nella Valle del Giordano, vi si stabilisce. Ha un figlio, Ismaele, dalla sua serva; e un altro, Isacco, dalla moglie Sara. Isacco sarà padre di Giacobbe e questi a sua volta avrà dodici figli...

Anche il mio bisnonno (nato Davìd, italianizzato in Davide dopo il 1938) lasciò la sua terra natia, Frascati, per lavorare tra Vittorio Veneto e Belluno. Qui trovò moglie (o meglio: un secolo fa, una ragazza - dodici anni più giovane - trovò uno dei pochi uomini liberi con posto fisso statale) e si stabilì. Fu padre di sei figli. Il terzo era mio nonno - che ebbe cinque figli, dei quali solo due sono giunti in età adulta. Uno dei due è mio padre.

Il cerchio si chiude ritornando al pensiero iniziale: in nome della patria, si nega a molti padri di crescere i loro figli. Non importa come o dove. Importa adesso. Perché è adesso che un bambino ha bisogno del suo papà, di un legame fondamentale che resta immutato - nella terra dove si è nati o in esilio, lontano da una casa che già per molti non è più. 

In questo giorno, in cui forse qualche sacerdote ancora cattolico celebrerà la Solennità di San Giuseppe e qualche bambino festeggerà il suo papà (e non il genitore uno o due), il mio ultimo pensiero è per la mamma. O meglio, per la madre. La madre terra di San Francesco - la quale ne sustenta et guberna, et produce fiori, frutti ed herba. La materna mia terra - di foscoliana memoria. Quella madre, che con il suo urlo nero andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo - nei versi di Quasimodo. 

Come nel grembo materno è nascosto il mistero di una vita che germoglia, così nei possibili anagrammi della parola "madre" è nascosto il futuro di un figlio: "dream", sogno; oppure "merda". E qui non v'è bisogno di traduzione alcuna e men che meno di ulteriori spiegazioni. 

mercoledì 16 marzo 2022

Basteranno i colori, per la pace?


In questi giorni sventolano le bandiere della pace, un simbolo laico nato in seno alla teosofia, una dottrina propugnata dalla Società teosofica di Madame Blavatski a partire dal 1875, per la quale tutte le religioni conservano una parziale verità intorno ai mondi spirituali che nelle varie epoche sarebbero state conosciute solo da pochi iniziati

La stessa conoscenza della Natura deriverebbe, per i teosofi, da quella dell'essenza divina attraverso lo studio dei testi sacri o per illuminazione diretta.

Visti i presupposti, non sembra strano che nei luoghi di culto delle religioni istituzionali difficilmente si trovi traccia di questo simbolo all'attenzione dei fedeli, costruito su un arcobaleno rovesciato con la scritta pace in bianco.

Mentre l'Ottocento volge al termine, con la sua fiducia nella tecnica e lo sviluppo delle grandi scienze - a cominciare dalla chimica, seguita da biologia e geologia - qualcuno si lasciava conquistare dalle suggestioni offerte dalle religioni orientali e da quelle dei popoli senza scrittura

Così, alcuni studiosi si sono occupati di religioni come evoluzione culturale di Homo, dapprima raccogliendo e sistematizzando i racconti degli esploratori e poi verificando direttamente sul campo le conoscenze - come fece Morgan, tra i padri della moderna antropologia, che visse tra gli Irochesi.

Altri hanno raccolto e interpretato liberamente vari spunti, proponendo dottrine che hanno catturato più gli artisti che gli studiosi: alcuni pittori, le cui opere ho potuto ammirare sabato, a Palazzo Cavazzini in Udine, si sono interessati di teosofia, come il lituano Cjurlionis, il boemo Kupka e il russo Roerich, di cui propongo qualche scatto.


Il primo (sopra) ritrae Zoroastro intento a compiere un rito tra le montagne della Persia; il secondo cattura un iniziato che interroga una figura femminile sul cammino da compiere (omaggio del pittore alla moglie...).


L'ultimo immortala Buddha in meditazione di fronte alla valle chiusa tra le vette dell'esistenza, oltre le quali si manifesta la luce che dà significato al cammino di ciascuno.


La montagna innevata, con le sue balze romite, è metafora dell'itinerario spirituale che l'iniziato deve percorrere e superare per arrivare in vetta e scoprire la luce dell'esistenza: è un tema che torna più volte nei quadri dei pittori teosofi, non solo di Roerich.


Per approfondire: visitate la mostra (fino al 27 marzo) oppure leggete QUI oppure QUI. Oppure altri materiali, che sul tema non mancano. E se nel frattempo volete ascoltare musica teosofica... Cjurlionis era anche compositore; e non dimentichiamo Scrjabin, di cui propongo l'ascolto dei Quattro Preludi op. 22.


Personalmente, alle dottrine esoteriche che hanno ispirato gli artisti di cui sopra, preferisco qualcosa di più razionale, sia nella trattazione sia nei contenuti. 

Ad esempio, ammirare le montagne come tappa attuale della storia geologica della nostra Terra è - per chi scrive - molto più affascinante - e spero toto corde di aver affascinato almeno un po' i miei discepoli stamattina, conquistando virtualmente le grandi cime dell'Africa al seguito dei grandi esploratori, di cui avevo detto QUI