Ieri sera, primo marzo, ero piuttosto preso dal preparare le lezioni per queste settimane di scuola: sui microorganismi in seconda, sul sangue e sulla sua composizione in quarta, etc.
La mia attenzione si è concentrata su alcune malattie causate da batteri patogeni: tra queste, ho ricordato in classe la tubercolosi (dovuta al bacillo di Koch), il colera (dovuto al noto vibrione) e la peste - malattia che accompagna la storia dell'umanità, da quella ateniese nel secolo di Pericle fino alla morte nera (1348), ricordata da Boccaccio, e alla peste del Seicento, raccontata da Manzoni nei "Promessi Sposi" (QUI).
Il bacillo della peste fu scoperto tuttavia solo alla fine del XIX secolo ad opera di un giovane e geniale medico svizzero naturalizzato francese, Alexandre Yersin (1863-1943).
Il padre di Alexandre era un appassionato naturalista: morì a 38 anni per emorragia cerebrale, due settimane prima della nascita del figlio.
Cresciuto dalla madre Fanny nella quiete del cantone di Vaud, Alexandre mostrò fin da bambino di conservare gli stessi interessi del padre per le piante e per gli insetti.
Si iscrisse alla facoltà di medicina di Marburgo e completò i suoi studi a Parigi, ottenendo la cittadinanza francese, l'abilitazione all'esercizio della professione medica e anche la patente di guida (era appassionato di automobili).
Fu allievo di Pasteur e lavorò nel suo laboratorio nei mesi in cui fu perfezionato il vaccino contro la rabbia.
Ottenne la cattedra di microbiologia: la quieta vita del docente universitario stancava l'avventuroso ventisettenne (!) che lasciò tutto per fare il medico di bordo. Il montanaro svizzero aveva scoperto il mare e se ne era innamorato. Si trasferì in Indocina e lavorò per un po' di tempo sulle navi che facevano rotta tra Saigon e Manila.
Esplorò i territori interni del Vietnam, redigendo accurate mappe; fu il primo ad arrivare in Cambogia via terra (anche gli abitanti locali trovavano più comodo adoperare la via fluviale).
Un'epidemia di peste a Canton (1894) gli offrì l'occasione per studiare i bubboni e scoprirvi dei microbi a forma di bastoncino con i bordi arrotondati: i bacilli della peste, che in suo onore saranno chiamati (lui vivente) Yersinia Pestis. Osservò che si ammalavano non solo gli uomini e gli altri mammiferi, ma anche le mosche.
Ritornò per un periodo a Parigi (1896), dove riuscì a realizzare un vaccino, sperimentato sugli animali e poi (con successo) anche sull'uomo: Yersin fu il primo medico a salvare un appestato.
Decise di stabilirsi definitivamente in Vietnam, dove diresse l'ospedale di Hanoi. Si fece costruire una casa a Nha Trang, con annesso un piccolo osservatorio astronomico e molti campi dove coltivava, con l'aiuto degli agricoltori locali, piante medicinali (tra le quali anche erithroxylon coca) e l'Hevea brasiliensis: l'albero della gomma, di cui raccoglieva il lattice per venderlo alla Michelin.
Nella sua casa morì, prossimo a compiere ottant'anni, il 1° marzo 1943. La sua tomba è meta di pellegrinaggio per molti vietnamiti.
La sua vita avventurosa è un po' invidiata da chi vi scrive, comodamente adagiato nella quieta mediocrità di un cittadina di provincia e tormentato dalle conseguenze di scelte che ora più che mai si rivelano sbagliate e irrimediabili. Ma questa è un'altra storia, tediosa e certamente meno edificante di quella del grande Yersin.
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