mercoledì 14 agosto 2019

Due santi per Nagasaki

Padre Massimiliano Maria Kolbe (1894-1941), nato Raimondo, è stato un frate francescano polacco. Molti conoscono l'episodio che lo ha portato all'onore degli altari: si offrì vittima al posto di un padre di famiglia destinato al bunker della fame nel lager nazista di Auschwitz. Morì il 14 agosto, dopo due settimane senza mangiare e senza bere, per un'iniezione di fenolo in soluzione. "Solo l'amore crea", disse all'infermiere che gliela praticò. "Ave Maria" furono le sue ultime parole.


Tra il 1930 e il 1936, Padre Kolbe fu a Nagasaki, in Giappone. In quell'antica città era presente una fervente comunità cattolica. La cattedrale era dedicata a Maria Urakami: proprio a pochi metri da essa fu sganciata la bomba atomica, alle 11.02 del 9 agosto 1945. Il volto della statua della Madonna, venerata nella chiesa, sfregiata ma non distrutta dall'esplosione, è tuttora esposto ai fedeli.


Tra i sopravvissuti, Paolo Takashi Nagai (1908-1951), medico radiologo, convertito al cattolicesimo da adulto: fu battezzato nel 1934, anno del suo matrimonio con Midori, la figlia dei suoi padroni di casa - che perirà nel fuoco dell'atomica. Nei mesi successivi alla conversione, Nagai aveva incontrato padre Kolbe a Nagasaki. 


Gli fu diagnosticata una leucemia: si affidò all'acqua di Lourdes e all'intercessione di padre Kolbe, già martirizzato dai nazisti. Sopravvisse oltre il termine della prognosi e ricevette anche la visita dell'imperatore Hiroito. "Alto e luminoso cielo d'autunno, io ti saluto": è l'ultimo verso del canto per Nagasaki intonato dal santo di Urakami, soprannome meritatogli dalla sua vita dedicata al servizio e alla preghiera.


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