Catalisi,
catalizzatore: sono termini entrati nel linguaggio quotidiano, spesso con un
significato traslato. Riflettiamo però sul fatto che anche la catalisi,
sottoforma di applicazioni innumerevoli, permea la nostra di vita, ogni giorno.
La storia della
catalisi nasce agli inizi del XIX secolo: il termine fu introdotto da Berzelius
nel 1836, per descrivere l'azione di talune sostanze nel favorire la decomposizione (= katalysis, in greco) dell'acqua ossigenata in acqua e ossigeno. Tali sostanze si ritrovavano pressoché inalterate al termine della reazione.
Già precedentemente erano stati osservati fenomeni compresi
nell’ambito della catalisi, come l’idrolisi dell’amido in ambiente acquoso
acido e certe proprietà del platino – che ne giustificheranno in seguito
l’impiego quale primo catalizzatore per l’ossidazione dell’anidride solforosa
ad anidride solforica nel processo di sintesi per contatto dell’acido solforico, studiato da Knietsch e realizzato da BASF.
Altri metalli
nobili (palladio, rodio) e non “blasonati” trovano impiego in catalisi:
dagli studi di Sabatier sull’idrogenazione degli alcheni in presenza di nichel
(reazione sfruttata ad esempio nella sintesi della margarina), passando per le
grandi realizzazioni industriali (sintesi di ammoniaca, acido nitrico,
metanolo, benzina…) si arriva fino al giorno d’oggi.
Senza catalisi
il nostro vivere quotidiano sarebbe molto diverso: usiamo catalizzatori per
abbattere gli inquinanti che escono dai motori dei veicoli e dalle
ciminiere; usiamo catalizzatori per creare nuovi materiali, per cuocere meglio
i cibi, per sintetizzare molecole svariate dagli usi più disparati.
La necessità di
produrre senza sprecare energia e materie prime ci spinge a ricercare metodi
sempre nuovi ed eco-compatibili: ecco perché vogliamo imparare dalla Natura e
perfezionare le vie sintetiche che già abbiamo messo appunto e che già
conosciamo, imitando gli enzimi.
I chimici
(insieme a biologi, medici e altri scienziati) studiano gli enzimi e le loro
funzioni non solo per approfondire la conoscenza della fisiologia degli
organismi, ma anche per imitarne in provetta il funzionamento e costruire in
laboratorio dei catalizzatori (artificiali o sintetici) che abbiano le
caratteristiche di specificità degli enzimi. Perché i chimici
si dedicano a questo?
Prima di tutto
perché è bello e contribuisce ad accrescere progressivamente e maggiormente la
comprensione dei complessi fenomeni che determinano la vita sul nostro pianeta.
Secondariamente,
perché questi studi possono avere un’applicazione nella sintesi di molecole
complesse, molto spesso d’interesse farmaceutico o commerciale (fragranze,
aromi, etc.) secondo strategie di sintesi che potrebbero minimizzare (o evitare) la formazione
di sottoprodotti, da separare dal target mediante l’impiego di solventi (con
tutto ciò che comporta) e con ampio dispendio energetico.
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