giovedì 30 marzo 2017

N di Nieuwland e di Neoprene

Julius Arthur Nieuwland nacque in Belgio nel 1878. I suoi genitori emigrarono negli Stati Uniti nel 1880, stabilendosi nell'Indiana. 

Julius studiò Lettere antiche presso l'Università di Notre Dame, completando il suo percorso nel 1899; poi seguì la vocazione religiosa, diventando sacerdote cattolico nel 1903; quindi completò la sua formazione studiando botanica e chimica.


Discusse la sua tesi di dottorato sulla chimica dell'acetilene; per reazione di questo composto con il cloruro di arsenico (III) preparò la lewisite (un aggressivo chimico) e il contatto con questa sostanza gli causò un ricovero in ospedale. Conseguito il dottorato, divenne professore di botanica a Notre Dame, incarico che mantenne fino alla morte, avvenuta nel 1936.

Studiando l'acetilene, egli scoprì anche il divinilacetilene - che trattato con cloruro di zolfo forma una massa gelatinosa dalla consistenza simile alla gomma naturale.

La scoperta interessò l'azienda DuPont, presso la quale lavorava Wallace Carothers. Quest'ultimo, collaborando strettamente con Nieuwland, concentrò la ricerca sul vinilacetilene

Il vinilacetilene, per reazione con HCl, dà il cloroprene (2-clorobutadiene). 

Per polimerizzazione del cloroprene si ottiene il neoprene (un tempo chiamato duprene), un elastomero resistente al taglio, allo schiacciamento, al calore, all'usura, chimicamente inerte all'azione di molti agenti chimici. 

Questo ne giustifica gli usi svariati: nell'industria dell'automobile, nella nautica, nella realizzazione di guarnizioni e di indumenti particolari, come le mute da sub.



domenica 19 marzo 2017

TRA CHIMICA E MUSICA...

Quando ero studente universitario, ho avuto modo di condividere qualche mio interesse extra-chimico con alcuni compagni di studi e anche con qualche professore. Tra i miei interessi condivisi figurano la fotografia e la musica, tanto che i miei compagni, in occasione della cena di laurea, mi hanno regalato la Nikon che vedete nell'immagine sotto. 


Di musica ho parlato spesso e volentieri con il correlatore della Laurea triennale, appassionato di vecchi giradischi, e con il professore di Chimica Organica, al quarto anno, amante del violoncello e non solo. D'altronde, anche Borodin, chimico organico d'eccezione, è oggi ricordato quasi esclusivamente come compositore. Ne dissi QUI.


Durante una pausa, in laboratorio, un assistente mi aveva invece tratteggiato la figura di un professore, mancato qualche anno prima (nel 2002) a causa di un brutto male. Oltre ad essere stato un grande chimico, costui aveva lasciato una traccia importante come musicologo e musicista. Si tratta di Carlo Botteghi.

Spezino di nascita e Livornese di adozione, Botteghi aveva insegnato Chimica a Genova e a Venezia. Fu tra i fondatori dell'Associazione Studi Mascagnani di Livorno; pubblicò numerosi lavori dedicati alle opere di Mascagni: Iris, Isabeau, La Parisina.

In ambito chimico il professore si occupò di idroformilazioni, carbonilazioni e ricerche nell’ambito della catalisi omogenea: cercando in internet, tuttavia, il nostro sembra essere quasi più famoso per l’opera musicale…


Compose la musica della canzone Mascagni, su testo di Luigi Biagioni, interpretata da Andrea Bocelli (nel video sottostante), e molti lavori in collaborazione con Antonio Strinna (Magari tu e Una giornata senza te) e altri.



sabato 11 marzo 2017

IL POLIPROPILENE

L'unico Premio Nobel per la chimica italiano è stato assegnato a Giulio Natta (1903-1979), ingegnere chimico, che il giorno 11 marzo 1954 sintetizzò per la prima volta il polipropilene isotattico. 


Dietro questo termine difficile si nasconde un materiale che in realtà usiamo quotidianamente, la cui scoperta ha cambiato profondamente il nostro modo di vivere e l'economia della nostra nazione. 


Grazie ai finanziamenti di un'azienda privata (la Montecatini) a un'istituzione pubblica (il laboratorio di Natta presso il politecnico di Milano), l'ingegnere-scienziato compì una scoperta che riuscì a mutare le sorti dell'Italia di allora, un paese bastonato dalla guerra e piagato dalla disoccupazione e dall'emigrazione. 


In tal senso, la sintesi del polipropilene isotattico resta un unicum nel panorama scientifico italiano e non solo.


Cerchiamo in casa sugli oggetti di plastica la sigla PP e ammiriamo stupiti quanti di essi siano fatti con il polipropilene. Innumerevoli. Contenitori per alimenti, giocattoli, recipienti per detersivi, farmaci, imballaggi vari. 

Tutto inizia a partire dal propilene, un gas che fino alla scoperta di Natta era uno scomodo sottoprodotto derivato dalla lavorazione del petrolio, di formula CH2=CH-CH3

Immaginiamo una singola molecola di propilene come un vagone ferroviario (monomero): tanti vagoni si connettono in successione per formare un treno (polimero). 

Il problema che Natta doveva risolvere consisteva nel fatto che i monomeri si connettevano a caso, come se nel disporre i vagoni per formare il treno ne mettessimo alcuni con le ruote sul binario e altri con le ruote verso l'alto: ne usciva un polimero inutilizzabile (atattico). 

Era necessario riuscire a connettere i vagoni l'uno all'altro facendo si che le ruote andassero tutte dalla stessa parte, altrimenti il treno non poteva correre sui binari... ovvero, il polimero non avrebbe avuto caratteristiche utilizzabili.


Per essere più concreti, guardiamo la molecola del propilene: è definita da tre atomi di carbonio. Il secondo atomo di carbonio si lega al primo atomo di carbonio di un'altra molecola; il secondo atomo di carbonio della seconda molecola si lega al primo di una terza molecola e così via, a formare una catena di atomi di carbonio anche lunghissima. E' questa una proprietà del carbonio che và sotto il nome di desmalusogenia, grecismo che stà ad indicare la capacità di un elemento di creare catene di legami tra i suoi stessi atomi.

E il terzo atomo di carbonio di ciascuna molecola dove va a finire? E' il problema della posizione delle ruote del treno di cui sopra. Se ogni terzo atomo di carbonio di ciascuna molecola si dispone dalla stessa parte degli altri si ottiene il polipropilene isotattico: un polimero utilizzabile commercialmente, viste le sue caratteristiche di lavorabilità e di resistenza. Qui stà il merito di Natta, ovvero di aver trovato il modo di costringere le molecole di propilene a legarsi in lunghe catene con il terzo carbonio dalla stessa parte (isotattico) grazie all'impiego di un opportuno catalizzatore stereospecifico (che agisce cioé sulla disposizione spaziale degli atomi nelle molecole). 

Tale catalizzatore fu messo a punto perfezionando gli studi  che Karl Ziegler  (1898-1973) aveva intrapreso sulla polimerizzazione dell’etilene. 

Ziegler era figlio di un pastore luterano; laureatosi a Marburgo, fu professore in diverse università tedesche. 
Studiò alcuni composti metallorganici: in particolare preparò i litio-alchili per reazione diretta del litio con alogenuri alchilici; tentando la medesima sintesi con gli alogenuri vinilici osservò invece reazioni di coupling e, approfondendo ulteriormente, mise a punto i composti metallorganici dell’alluminio (trietilalluminio) noti come catalizzatori di Ziegler, capaci di favorire la polimerizzazione dell’etilene, in presenza di tetracloruro di titanio.

Il passo successivo, nella storia del polipropilene, è stato compiuto da Natta, che variò la composizione dei catalizzatori di Ziegler, concepiti per l’etilene. Lo studioso italiano osservò che tricloruro di titanio e cloruro di dietil-alluminio davano risultati positivi con il propilene: si formava un composto cristallino dalle apprezzabili proprietà, dovute alla disposizione regolare degli atomi nello spazio. Prima di Natta, solo la Natura si era dimostrata in grado di costruire polimeri stereospecifici: pensiamo alla stereospecificità degli zuccheri, delle proteine o degli acidi nucleici.



Documentari d’epoca ci permettono di mettere in evidenza, più che i dettagli scientifici, il notevole impatto sociale della novità costituita dal nuovo materiale, figlio della nuova tecnologia basata sulla catalisi e messo in produzione per la prima volta a Ferrara, nel 1957. Ha giocato un ruolo non da poco, in tal senso, la televisione: gli sketch con Gino Bramieri e i suoi travestimenti restano ancora nella memoria collettiva degli italiani...

Mo' signora guardi bén
che sia fatto di Moplén!

La metatesi olefinica
Robert H. Grubbs, nel tentativo di approfondire gli studi di Ziegler e Natta per realizzare la polimerizzazione delle olefine con catalizzatori a base di rutenio, ha scoperto per sbaglio una reazione nuova che gli ha valso il premio Nobel per la chimica nel 2005, insieme a Schrock e a Chauvin – autori di studi nel medesimo campo, condotti usando il molibdeno anziché il rutenio. Tale reazione si chiama metatesi olefinica e consiste nello scambio dei sostituenti presenti su olefine diverse.

A=B + C=D ---> A=C + B=D


La reazione avviene anche a temperatura ambiente e in soluzione acquosa. Al di là delle condizioni e dei dettagli, questa reazione è di notevole utilità sintetica, anche su scala industriale.

giovedì 9 marzo 2017

... una bella veste!


Dopo qualche anno, mi sono deciso a dare una veste editoriale un po' più degna all'elaborato prodotto a suo tempo per conseguire la Laurea in Chimica. 
I risultati della ricerca, condotta sotto la guida di un grande Maestro, il prof. Vavasori di Venezia, hanno permesso di realizzare la Sintesi diretta di paracetamolo via carbonilazione riduttiva di nitrobenzene, catalizzata da complessi di palladio
Di quei mesi lontani, mi è rimasta oggi la passione (maniacale) per la Catalisi, la nostalgia del laboratorio, il bisogno del mio CO quotidiano e una boccetta ben chiusa con un po' di nitrobenzene in soluzione.


mercoledì 8 marzo 2017

Madame Lavoisier: una donna agli albori della Chimica moderna.

Marie Anne Pierrette Paulze (1758-1836) fu una nobildonna francese più conosciuta come Madame Lavoisier: ella sposò infatti il celebre scienziato e ne divenne collaboratrice anche nelle sue ricerche.

Figlia di Jacques Paulze, fermiere generale, Marie rimase orfana di madre all’età di tre anni; fu educata in un convento.

Si sposò a tredici anni, il 16 dicembre 1771, con il ventottenne Antoine Laurent Lavoisier, fermiere generale e poi direttore della polveriera nell’Arsenale di Parigi. Proprio l’incarico all’Arsenale costrinse Lavoisier ad approfondire maggiormente gli studi scientifici, sotto la guida di Guillame Roulle, e a costruire un laboratorio (finanziato dal suocero). Per aiutare il marito, anche Marie studiò con Jean Baptiste Michel Bucquet e con Philippe Gingembre – due "colleghi" di Antoine. 


Conoscendo l’inglese, Marie traduceva i testi di Cavendish e di Priestley per Antoine. Priestley, di passaggio a Parigi, fu anche loro ospite a cena.

Nel 1788 i due coniugi furono immortalati da Jacques Louis David in un celebre ritratto (sotto), ora conservato al Metropolitan Museum di New York.


Nel 1789 fu dato alle stampe il Trattato elementare di chimica: Marie disegnò le immagini che corredano il testo e che mostrano gli apparecchi usati negli esperimenti.


Nel 1794, il padre e il marito furono arrestati, processati sommariamente e ghigliottinati l’8 maggio. Gli strumenti scientifici e gli appunti furono sequestrati dal governo rivoluzionario: ciò non impedì a Marie di curare Memoires de Chemie in un’edizione postuma. La prefazione, scritta da lei stessa, denunciava gli orrori della rivoluzione: non fu tuttavia pubblicata.


Marie sposò in seconde nozze Benjamin Thompson, conte di Rumford, un fisico assai noto al tempo. Il matrimonio fu tutt’altro che felice: Marie continuò a farsi chiamare con il nome del primo marito che ha amato fino alla morte, avvenuta nel 1836.