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sabato 6 febbraio 2021

Ioduro e catalisi: alcune sottolineature...

QUI, Chiusoli e altri autori approfondiscono il ruolo dello ione ioduro (I-) in alcuni cicli catalitici di reazioni di interesse pratico e speculativo.

Le proprietà uniche dell'anione ioduro gli consentono di essere coinvolto in molti modi diversi nelle reazioni catalizzate dai metalli di late-transition: nell'addizione ossidativa, nella migrazione e nelle fasi di accoppiamento /eliminazione riduttiva, nonché nell'attivazione del substrato

La maggior parte dei passaggi sono accelerati da I- (ad esempio attraverso una maggiore nucleofilicità del centro metallico), ma alcuni sono ritardati, perché un sito di coordinazione è bloccato. 

Lo ioduro soft si lega più fortemente ai metalli soft (nei quali il centro metallico è in basso stato di ossidazione, ricco di elettroni e polarizzabile) come i metalli di transizione più pesanti, rispetto agli altri alogenuri, o ai leganti N e O - donatori. 

Quindi in un ciclo catalitico che include il metallo in uno stato di ossidazione formalmente basso ci sarà meno tendenza per il metallo a precipitare (ed essere rimosso dal ciclo) in presenza di I- rispetto alla maggior parte degli altri leganti. 

Lo ioduro è un buon nucleofilo ed è anche facilmente e reversibilmente ossidato a iodio elementare. Inoltre, atomi di iodio possono svolgere ruoli chiave nelle reazioni puramente organiche che si verificano come parte di un ciclo catalitico. Quindi per comprendere la funzione dello ioduro è necessaria un'analisi attenta, poiché due o talvolta più effetti si verificano in fasi diverse di un singolo ciclo. 

Nell'articolo, ciascuno di questi argomenti è illustrato con esempi dell'influenza dello ioduro da reazioni catalitiche omogenee in letteratura: carbonilazione del metanolo ad acido acetico e reazioni correlate; idrogenazione del CO; idrogenazione dell'immina; reazioni di coupling. Le caratteristiche generali sono riassunte nelle conclusioni.



giovedì 16 agosto 2018

Ferragosto - Amarcord

Ieri, giorno di Ferragosto, trascorso in casa nello svolgimento di varie attività, ho sentito il bisogno di cercare qualche vecchia fotografia che documentava uno dei periodi più belli della mia vita, quello passato nel laboratorio di ricerca del mitico "Vava" per l'internato della tesi triennale, tra l'ottobre 2011 e luglio 2012.


In quei mesi ho avuto modo di studiare le reazioni di riduzione del nitrobenzene: a seconda delle diverse condizioni di pH, di temperatura, etc. e dei riducenti usati è possibile ottenere un'ampia gamma di prodotti.



Già gli studi condotti per via elettrochimica da Haber e Gattermann avevano evidenziato come il nitrogruppo (-NO2, composto A) in ambiente acido si riduca prima a gruppo nitroso (-NO, composto B), quindi a idrossilammina (-NHOH, composto C) e infine a gruppo amminico primario (-NH2, composto D).


Da tempo era nota la possibilità di ottenere anche azobenzene, azossibenzene, idrazobenzene (e benzidina per riarrangiamento di quest'ultimo): ne accennavo QUI parlando di Mitscherlich.

Una foto di gruppo di alcuni di questi composti in soluzione acetica la potete vedere qui: dietro ci sono gli strumenti di un laboratorio che non esiste più - trasferito altrove.


I bei colori di queste soluzioni ci fanno capire perché tali composti siano oggetto di interesse dell'industria dei coloranti da quasi due secoli: oggi sono anche importanti intermedi nella sintesi di molecole di interesse farmaceutico (sotto: una vecchia foto degli stabilimenti Bayer in Leverkusen).


Oltre a studiare la carbonilazione riduttiva del nitrobenzene catalizzata da complessi di palladio, mi sono davvero divertito a rivedere anche tutte le riduzioni classiche (con stagno, zinco, ferro, acido acetico, acido cloridrico, acido formico) e a verificare cosa avessi ottenuto sia con i metodi analitici strumentali sia con i saggi analitici tradizionali. Ecco, ad esempio, le reazioni per riconoscere l'anilina, risalenti alla prima metà del XIX secolo:


Questo sotto è l'apparato per studiare un'idrogenazione condotta con catalizzatori eterogenei (es. palladio su carbone): il palloncino contiene idrogeno gassoso.


Questa è la reazione:


In realtà, per i miei esperimenti, come riducente, mi era stato consigliato di usare CO sotto pressione e cosa ne venne fuori l'ho raccontato QUI riportando l'abstract della pubblicazione che ne seguì. Ovviamente il reattore adoperato per studiare le reazioni di carbonilazione è ben più robusto, dovendo reggere pressioni di CO molto più elevate di quella atmosferica.


Bei tempi, bella Chimica, bei risultati. E soprattutto belle persone, quelle che ho avuto modo di conoscere e frequentare in quei mesi così lontani: una fortuna che alla porta bussa assai di rado.

martedì 4 luglio 2017

Nel cuore...


Questa sequenza di immagini è stata parafrasata in tanti modi. Ora dò anch'io il mio contributo per ricordare, con tanta nostalgia, la mia tesi di laurea e le conoscenze ad essa sottese, che tanta soddisfazione mi hanno dato qualche anno fa. QUI l'abstract pubblicato.


domenica 19 marzo 2017

TRA CHIMICA E MUSICA...

Quando ero studente universitario, ho avuto modo di condividere qualche mio interesse extra-chimico con alcuni compagni di studi e anche con qualche professore. Tra i miei interessi condivisi figurano la fotografia e la musica, tanto che i miei compagni, in occasione della cena di laurea, mi hanno regalato la Nikon che vedete nell'immagine sotto. 


Di musica ho parlato spesso e volentieri con il correlatore della Laurea triennale, appassionato di vecchi giradischi, e con il professore di Chimica Organica, al quarto anno, amante del violoncello e non solo. D'altronde, anche Borodin, chimico organico d'eccezione, è oggi ricordato quasi esclusivamente come compositore. Ne dissi QUI.


Durante una pausa, in laboratorio, un assistente mi aveva invece tratteggiato la figura di un professore, mancato qualche anno prima (nel 2002) a causa di un brutto male. Oltre ad essere stato un grande chimico, costui aveva lasciato una traccia importante come musicologo e musicista. Si tratta di Carlo Botteghi.

Spezino di nascita e Livornese di adozione, Botteghi aveva insegnato Chimica a Genova e a Venezia. Fu tra i fondatori dell'Associazione Studi Mascagnani di Livorno; pubblicò numerosi lavori dedicati alle opere di Mascagni: Iris, Isabeau, La Parisina.

In ambito chimico il professore si occupò di idroformilazioni, carbonilazioni e ricerche nell’ambito della catalisi omogenea: cercando in internet, tuttavia, il nostro sembra essere quasi più famoso per l’opera musicale…


Compose la musica della canzone Mascagni, su testo di Luigi Biagioni, interpretata da Andrea Bocelli (nel video sottostante), e molti lavori in collaborazione con Antonio Strinna (Magari tu e Una giornata senza te) e altri.



giovedì 9 marzo 2017

... una bella veste!


Dopo qualche anno, mi sono deciso a dare una veste editoriale un po' più degna all'elaborato prodotto a suo tempo per conseguire la Laurea in Chimica. 
I risultati della ricerca, condotta sotto la guida di un grande Maestro, il prof. Vavasori di Venezia, hanno permesso di realizzare la Sintesi diretta di paracetamolo via carbonilazione riduttiva di nitrobenzene, catalizzata da complessi di palladio
Di quei mesi lontani, mi è rimasta oggi la passione (maniacale) per la Catalisi, la nostalgia del laboratorio, il bisogno del mio CO quotidiano e una boccetta ben chiusa con un po' di nitrobenzene in soluzione.


mercoledì 31 agosto 2016

PALLADIO: QUALCHE SEMPLICE CONSIDERAZIONE.

Parlando di reazioni di coupling, ho sottolineato come esse siano catalizzate da composti di palladio zerovalente, sintetizzati per la prima volta da Lamberto Malatesta a Milano, negli anni Cinquanta. 
Del palladio (Z = 46) ho parlato più diffusamente qualche tempo fa in una mia conversazione all'Università degli Anziani - Adulti di Belluno: ecco una parte del sunto. La parte mancante accenna alle reazioni di Heck, Suzuki e Negishi - di cui al post precedente.


Proseguendo nella trattazione, ho evidenziato come il cloruro di palladio (II) sia usato come catalizzatore nel processo Wacker per ossidare selettivamente l'etilene ad acetaldeide:


Per sottolineare l'importanza del catalizzatore e del ruolo svolto, faccio notare che la miscela di etilene e ossigeno reagisce in presenza di argento metallico per formare invece ossido di etilene: cambia il catalizzatore, cambia il prodotto ottenuto a partire dai medesimi reagenti (chemoselettività).
Una piccola nota: sia l'ossido di etilene (sx) sia l'acetaldeide (dx) sono isomeri, presentando ambedue formula bruta C2H4O. 


Altro impiego del palladio si ha nel catalizzatore di Lindlàr, che idrogena selettivamente il triplo legame a doppio legame C=C (senza trattamento del palladio con solfato di bario e chinolìna, l'idrogenazione porterebbe al composto saturo):


Il palladio (meglio: composti di palladio) è un versatile catalizzatore anche per altri tipi di reazioni, come ad esempio le carbonìlazioni - nelle quali un substrato organico reagisce con monossido di carbonio per dare i prodotti voluti.

La carbonìlazione di nitrobenzene a paracetamolo catalizzata da complessi di palladio (II) è stata oggetto della mia tesi di laurea (2012), sviluppata sotto la guida del Prof. Andrea Vavasori di Venezia.

Nel laboratorio del prof. Vavasori ho imparato che il palladio in soluzione si identifica mediante due saggi analitici:
  • con dimetilgliossima in ambiente acido, il palladio forma un precipitato giallo canarino;
  • con ioduro di potassio, esso forma un precipitato nero di ioduro di palladio (gli ioduri neri non sono certamente molto comuni).

Con 1-nitroso-2-naftolo, il palladio forma un precipitato color bruno (sul filtro).


Il palladio è oggetto di studio in tutto il mondo: ogni giorno escono pubblicazioni in cui sono descritte reazioni di vario tipo catalizzate da esso. In particolare, è stato oggetto della tesi di laurea di cari amici e della tesi di dottorato (in corso d'opera) di Thomas Scattolin (a sinistra nella foto).


Eccoci anche qua, ieri, sul Visentin...


... oppure qualche tempo fa in laboratorio.


sabato 30 luglio 2016

Buon weekend !!!

Buongiorno a tutti! Vi auguro buon weekend segnalandovi questo link QUI, interessante per chi si occupa di catalisi omogenea


Come ha giustamente osservato un mio carissimo amico, ogni ricercatore che si occupa di catalisi prima o poi nella sua vita dovrà aver a che vedere con il rodio.

Questo elemento, per il quale nutro una sconfinata simpatia (qualcuno dice che si tratti di un vero e proprio impossibile amore, come quello di Abelardo per Eloisa...), è utilizzato come catalizzatore in diversi processi industriali, sia allo stato elementare (supportato) che combinato in composti di coordinazione:
  • una rete di platino-rodio è usata per l'ossidazione catalitica dell'ammoniaca nel processo di sintesi dell'acido nitrico e nel processo di sintesi dell'acido cianidrico;
  • è usato nell'idroformilazione delle olefine ad aldeidi (processo Rhone-Poulenc);
  • è usato nella carbonilàzione del metanolo ad acido acetico (processo Monsanto);
  • è usato nell'idrogenazione asimmetrica nel processo di sintesi di L-dopa;
  • è usato, con platino e palladio, nei convertitori catalitici per automobili; etc.
Con queste poche note vi auguro di trascorrere piacevolmente questo ultimo fine settimana di luglio: non aggiungo nulla di più! 

PS: in effetti ho fatto anch'io una fine analoga a quella del povero Abelardo. Benché conservi intatta la mia integrità fisica (ci mancherebbe...), posso affermare con tranquillità che è stata "castrata" ogni possibilità di coltivare la mia passione per la Chimica e per la Catalisi in particolare, con sommo dispiacere da parte mia (e certo qualche sghignazzo malevolo da parte di altri...). Non posso far altro che leggere e informarmi sui vari progressi di questa Scienza, ma la speranza di poter tornare ad approfondirla sul piano pratico è, per me, pressoché nulla. C'est la vie.





lunedì 27 giugno 2016

SOTTO PRESSIONE ...

Confessavo recentemente ad un amico che mi manca un sacco l'attività in laboratorio e in particolare lo studio delle reazioni sotto pressione.

Con una naturalezza disarmante, egli mi chiede: "Del tipo? Hai messo su la reazione? Quante ne hai messe? Non hai ancora finito? Quanto manca?".

E io ho ribattuto: "Per pressione intendevo quella che si misura in atm (o meglio, in bar) e non quella che si misura in chili di troppo sulla bilancia pesapersone!".


Nel corso dei miei studi universitari, ho avuto modo di studiare alcune reazioni che coinvolgono l'uso di reagenti gassosi anche sul piano pratico: idrogenazioni, idroformilazioni, carbonìlazioni.

Storicamente, le reazioni di idrogenazione furono le prime ad essere studiate e valsero il premio Nobel a Sabatier, nel 1912 (ex-aequo con il conterraneo Grignard, che ha studiato tutt'altro): esse consistono nell'addizione di idrogeno al doppio legame C=C dei composti insaturi per formare composti saturi, grazie all'impiego di opportuni catalizzatori (a base di metalli quali nichel, palladio, platino). Queste reazioni trovarono quasi subito un'applicazione pratica nella sintesi della margarina da oli vegetali di basso pregio, grazie al tedesco Wilhelm Normann, al russo Ipatieff e ad altri.


Nel 1913 Bergius brevettò un  processo per ottenere carburanti di sintesi attraverso l'idrogenazione della lignite (un carbone fossile in formazione), usando opportuni catalizzatori a base di tungsteno: il processo prese il nome di berginizzazione e fu importante per l'economia tedesca fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.


Allo stesso periodo risalgono gli studi di Haber sulla sintesi dell'ammoniaca, ottenuta per combinazione di idrogeno e azoto in drastiche condizioni e in presenza di opportuni catalizzatori. Haber impiegò uranio e osmio; la trasposizione su grande scala del processo comportò la necessità di trovare un catalizzatore più economico - a base di ferro.


La soluzione al problema fu trovata da Alwin Mittasch, dipendente della BASF, che trovò il catalizzatore adatto dopo molte prove. Durante quegli esperimenti, egli ebbe modo di osservare la formazione di metanolo per combinazione di idrogeno e monossido di carbonio - in presenza di ossidi di zinco e di cromo.

A partire dagli Anni Venti, dalla miscela di idrogeno e monossido di carbonio furono ottenuti poi, a seconda del catalizzatore impiegato, vari composti: metano, metanolo, alcool isopropilico, idrocarburi impiegabili come carburanti nei motori a scoppio.


Gli studi in quest'ambito furono approfonditi da Fischer e Tropsch, i quali studiarono varie combinazioni di ossidi da impiegare come catalizzatori, ottenendo anche alcoli e aldeidi, oltre a idrocarburi saturi e insaturi.

La possibilità di ottenere alcoli e aldeidi a partire da idrogeno e monossido di carbonio fu approfondita da Otto Roelen, il quale sviluppò il processo noto come oxo-sintesi (1938) o idroformilazione, usando un catalizzatore a base di cobalto - oggi soppiantato da catalizzatori a base di rodio.

Gli studi sui composti del rodio furono condotti in particolare da Wilkinson. Egli mise a punto il complesso che porta il suo nome, che funge da catalizzatore di idrogenazione e che è servito da modello per sviluppare alcuni complessi catalitici successivi, tra i quali:
  • il complesso di Knowles, per l'idrogenazione asimmetrica del legame C=N (importante nella sintesi dell'L-DOPA), poi perfezionato in studi ulteriori;
  • i complessi catalitici usati attualmente nell'idroformilazione e soprattutto nella sintesi dell'acido acetico (processo Monsanto).
Lo schema sottostante è un bel riassunto di quanto attualmente applicato:


L'idrogenazione trova impiego oggi anche per la sintesi dei carburanti green a partire da scarti vegetali.


Si tratta, in fin dei conti, di una rilettura del processo di berginizzazione in chiave eco-friendly. L'idrogeno necessario è ottenuto per steam-reforming di idrocarburi e i prodotti ottenibili sono esenti da metalli e composti azotati, solforati e ossigenati.

Le reazioni di carbonìlazione sono interessanti per le varie applicazioni utili nella produzione di prodotti di chimica fine: isocianati per la sintesi di carbammàti, poliureani e urèe; benzimidazoloni da impiegare come farmaci o come high performance pigments; aldeidi da impiegare come tali (profumi) o da cui ottenere alcoli grassi per idrogenazione, acidi carbossilici a lunga catena; etc.


Tra i pionieri di questi studi ci fu Walter Reppe, che sviluppò in particolare la chimica dell'acetilene, da cui ottenere acido acrilico (sopra) o esteri acrilici per reazione con monossido di carbonio in presenza di opportuni catalizzatori. 

lunedì 23 novembre 2015

CHLORINE FREE...

Il fosgene è un gas incolore, tossico, aggressivo, dall’odore come di fieno tagliato. Nel 1812 da John Davy (fratello di Sir Humprey) lo ottenne per la prima volta facendo reagire monossido di carbonio e cloro alla luce solare (da cui il nome: fosgene significa infatti generato dalla luce): è possibile prepararlo anche in altri modi sui quali non mi dilungo, trattandosi di un composto estremamente pericoloso. Esso ebbe in passato numerosi usi, sia bellici (che tralascio) che industriali: ad esempio nella produzione di policarbonati e di poliuretani.
Per reazione del fosgene con un’ammina si forma un isocianato:

R-NH2 + COCl2 --> R-NCO + 2HCl

Gli isocianati sono importanti intermedi per la sintesi di resine, pesticidi (erbicidi), farmaci e coloranti.

Facendo reagire un isocianato con un alcol, si forma un carbammato:

R-NCO + R-OH --> R-NH-CO-OR

Facendo reagire un isocianato con un’altra molecola di ammina si forma un’urea disostituita:

R-NCO + R-NH2 --> R-NH-CO-NH-R

Ecco il punto nodale della tesi di laurea del dottor Luca Pietrobon (nella foto sotto con me, alle prese con la sintesi dell'acido cinnamico), svolta sotto la guida del Prof. Vavasori a Venezia: trovare una sintesi alternativa di un isocianato che impieghi il monossido di carbonio, CO, al posto del fosgene, COCl2.



Qual è la differenza tra i due composti? 
Al monossido di carbonio mancano i due atomi di cloro che invece ci sono nel fosgene: pertanto possiamo parlare di una sintesi chlorine-free, libera da cloro. Tale sintesi impiega catalizzatori che lavorano in date condizioni: variando dette condizioni cambia la selettività.

Luca ha studiato in particolare la carbonilazione ossidativa dell’anilina a fenilisocianato con complessi di palladio come catalizzatori omogenei.
Nella miscela di reazione, oltre al catalizzatore di palladio, ha inserito composti ossidanti (per rigenerare il palladio) e un promotore per evitare l’aggregazione dell’ossidante, individuando alla fine la miglior combinazione catalizzatore-ossidante-promotore e le condizioni di lavoro (temperatura, pressione di CO, tempo di reazione).

Ha studiato il tutto nel medesimo reattore che adoperai io a suo tempo per studiare la reazione che trasformava il nitrobenzene direttamente in paracetamolo.



Tra i sottoprodotti della mia reazione c’era proprio la difenilurea di Luca: si formava in quantità notevoli quando il nitrobenzene era ridotto prevalentemente ad anilina anziché dare l’amminofenolo – poi acetilato a paracetamolo. Due dei tre catalizzatori studiati da Luca erano i medesimi che avevo preparato e sperimentato io per il mio lavoro. Stesso reattore, stessi catalizzatori e soprattutto stesso grande relatore: in qualche modo i nostri rispettivi lavori sono fratelli. 

Luca è rimasto fedele al buon Prof. Vavasori: presso il suo laboratorio ora si occupa però di polimeri. Io ho tentato altre strade e francamente sono un po' pentito della scelta, anche se dettata da un ragionamento coerente. La catalisi omogenea si basa sui composti di coordinazione dei metalli di transizione: ho deciso di approfondire questo secondo ambito in funzione del primo. Peccato che, una volta concluso questo capitolo, il modo di ritornare alla mia vera passione (la catalisi omogenea) non ci sarà. Così mi sono ritrovato a concludere l'ultimo atto della mia breve esistenza da chimico in un contesto nel quale soffro tanto e mi sento perfettamente estraneo. Ma su questo non mi dilungo oltre.