Hector Berlioz (1803-1869), il musicista francese passato alla storia per un celebre trattato di orchestrazione e per la composizione di una serie di partiture con organici vocali e orchestrali imponenti (il suo "Te Deum" richiede diverse centinaia di esecutori e così il "Requiem", con le quattro orchestre di ottoni che annunciano il giudizio finale nel "Tuba mirum"), fu costretto in gioventù a tentare gli studi di medicina a Parigi.
I genitori gli spedivano un cospicuo assegno mensile che il nostro spendeva in opere e concerti, anziché per frequentare l'università.
In realtà, nei suoi diari ricordava di detestare gli studi di anatomia e di clinica, mentre provava un certo fascino per le lezioni di Thenard (chimica), di Biot e di Gay-Lussac (fisica).
Anche questi sono "episodi della vita di un'artista" - come quelli evocati nella sua Sinfonia Fantastica op. 14, dove il giovane autore si racconta innamorato, non corrisposto e, avendo esagerato con una dose di oppio, "fantastica" - appunto - di vedere l'amata prima ad un ballo, poi tra le Alpi svizzere (si odono in lontananza i suoni che ricordano i ranz des vachez), quindi al suo stesso supplizio sulla ghigliottina e infine al funerale - con le campane a morto, il Dies Irae gregoriano e il sabba delle streghe compiaciute della sua morte, tra cui compare nuovamente l'amata.
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