Ieri, ho cominciato la penultima ora di lezione della settimana in un modo per me non troppo usuale: niente reazioni e bilanciamenti, niente acidi e basi, niente logaritmi ed esponenziali, niente ossidazioni e riduzioni.
Un dialogo: sul presente e sul futuro, sui progetti e sulle attese, sull'amore e sulla morte, sulle consuetudini da fuggire e sulle vecchie menzogne con cui si avvelena a poco a poco l'esistenza di chi cresce.
Per concludere il momento (e ritornare agli argomenti di tradizione), ho letto il seguente testo, di Martha Medeiros (e non di Neruda, al quale è stato attribuito erroneamente).
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca,
chi non rischia di vestire un colore nuovo,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero al bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi e' infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in sé stesso.
Muore lentamente,
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
Muore lentamente,
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore,
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicità.
Un suggerimento: rileggetelo ascoltando la struggente melodia dell'Adagietto dalla Quinta sinfonia di Mahler, diretto da Bernstein (o da chi volete).
Buon sabato a te, Marco, che hai proposto ai tuoi allievi un testo così profondo e vero, un'esortazione alla vita! Ogni verso fa riflettere e Mahler è un incanto!
RispondiEliminaResto sempre convionta che i tuoi allievi sono molto fortunati.
GRAZIE di cuore!