Cerco e ricerco, non riesco a trovare il nome di Avicenna (980-1037) negli attuali libri di scienze ma lo scovo invece in quelli di filosofia: egli studiò a fondo il pensiero di Aristotele e meditò sull'Essere necessario (unico, semplice, eterno: sola pienezza d'essere), distinguendolo dagli enti possibili (la cui causa d'essere è e non può non essere che l'Essere necessario).
Pur essendo stato a suo tempo un grande medico, oggi Avicenna è ricordato quasi più come filosofo e commentatore dello Stagirita: la medicina è ben diversa rispetto a quella di dieci secoli fa - in particolare a quel 1025, anno in cui il medico persiano ultimò il Kitāb al-Qānūn fī l-ṭibb, il cui titolo in italiano è stato tradotto con Il Canone della medicina.
La stesura dell'opera fu iniziata dall'autore dodici anni prima: il lavoro ultimato esattamente mille anni fa assunse il profilo di una vera e propria enciclopedia medica che, nelle cinque parti in cui fu suddivisa, ebbe il merito di condensare secoli di tradizioni provenienti dal mondo greco, da quello romano, arabo e orientale e per questo ha tuttora una valenza storica inestimabile. Credo che altrettanta valenza non abbia sul piano pratico e ancor più su quello scientifico, ma lascio questa discussione ai medici - storici della medicina.
Essa è così articolata:
- Principi e teorie della medicina, inclusa una parte di anatomia del corpo umano.
- Farmacologia: elenco alfabetico delle sostanze medicinali e delle loro proprietà.
- Diagnosi e cura delle malattie di specifiche parti del corpo.
- Malattie sistemiche che coinvolgono più organi.
- Combinazioni di più sostanze terapeutiche.
"Il medico ha successo se cura con i nutrienti, non con i medicamenti" - scriveva Avicenna, che riprendeva Ippocrate il quale affermò, rivolgendosi al paziente, che "il tuo cibo sia la tua medicina e la tua medicina sia il tuo cibo".
Avicenna attribuiva un valore terapeutico anche al suono e alla musica: e ne approfitto per proporre l'ascolto di suggestive armonie tradizionali persiane.
Tra le pagine del Canone emerge una forma molto embrionale della teoria dei germi, pensati ipoteticamente come cause delle malattie, invisibili all'occhio, la cui trasmissione avverrebbe (e avviene) attraverso l’aria, l’acqua e il suolo contaminati. Un'idea che sarebbe stata ripresa e sviluppata da Fracastoro cinque secoli più tardi, come ho avuto modo di dire ampiamente anche in Convivenze difficili, il mio ultimo libro. A proposito di malattie infettive, Avicenna compì importanti osservazioni sulla meningite e sulla tubercolosi.
Osservò anche come, a fronte del dilagare delle epidemie, l’isolamento di un malato per un arco temporale di quaranta giorni contribuiva a scongiurare la diffusione del contagio su scala sociale: "si rende necessaria la separazione dei luoghi" - scriveva Avicenna, "così da avere da un lato i sani, e dall'altro i malati".
Nel XII secolo, Gerardo da Cremona tradusse per la prima volta il Canone in latino: compì l'opera mentre si trovava a Toledo. Una successiva traduzione fu opera di Andrea Alpago, pubblicata a Venezia nel 1507.
Qualche notizia su questo medico veneto del Rinascimento e docente della Patavina Universitas Studiorum si legge sul Dizionario Biografico degli Italiani: su di esso mi soffermo, essendo egli originario di Belluno.
La città ne conserva due ritratti visibili dai cittadini: uno eseguito dal pittore ottocentesco Giovanni De Min, in municipio, e l'altro, come bassorilievo, visibile sulla facciata dell'antico palazzo di famiglia in via San Lucano.
Nato in Cividal di Belluno nel 1450 circa (di lui molte notizie non sono certe), figlio del notaio Nicolò, Andrea sembra essere discendente da Enrichetto da Bongaio, primo conte di Alpago. In alcuni documenti è citato come Andrea Bongaio (o Mongaio).
All'età di vent'anni si trasferì a Padova per studiare medicina; il 12 maggio 1479 venne ammesso al Consiglio dei Nobili della città natale. Nel 1481 ottenne il dottorato in filosofia e nel 1482 il titolo in medicina. Dal 1487 si trasferì a Damasco quale medico personale dei diplomatici veneziani; in Oriente viaggiò molto, tra Siria, Egitto e Cipro (dove approdò nel 1517).
Apprese l'arabo, tradusse in latino il Libro delle definizioni e altre opere di Avicenna, rivisitò da capo a fondo il Canone di Medicina (contribuendo alla sua diffusione in Occidente fino all'avvento dell'Illuminismo e dell'uomo-macchina di La Mettrie) e approfondì altri aspetti della cultura dei popoli mediorientali che presentò all'università di Padova una volta rientrato in patria, nel 1520, distinguendosi quale dotto arabista.
Nel 1521 gli fu affidato l'insegnamento della medicina pratica, che esercitò per poco, essendo mancato agli inizi del 1522.
Qualche link interessante...
https://www.amazon.it/Canone-Avicenna-Europa-Oriente-Cinquecento/dp/B01A1L061K
https://www.paginemediche.it/benessere/storia-della-medicina/avicenna-e-il-canone-della-medicina
https://www.storicang.it/a/avicenna-luomo-che-invento-quarantena_16508
Nessun commento:
Posta un commento