sabato 8 dicembre 2018

Nell'oceano dentro di noi...

Nelle scorse settimane mi sono impegnato a raccontare qualcosa sull'acqua, sulle sue proprietà e sulla sua importanza per le forme viventi: è noto che la disponibilità di acqua è una condizione indispensabile per la vita.

La mappa sottostante, presa dal web, riassume a proposito qualche idea (e non sempre la rielabora in modo scientificamente corretto, ma possiamo accontentarci).


Mi sono divertito a proporre anche qualche semplice esperimento per evidenziare le proprietà fisiche (polarità, capillarità, tensione superficiale), la solubilità dei sali inorganici e l'idrolisi salina.

L'acqua è un buon solvente per molte sostanze necessarie agli organismi viventi e anche per diversi prodotti di rifiuto delle attività cellulari (che devono essere eliminati).

Essa possiede inoltre un'elevata capacità termica: nel mare, ove la vita è nata, non esistono sbalzi di temperatura tanto elevati quanto nell'ambiente extramarino. 

Un organismo pluricellulare che vive in ambiente non acquatico non ha il vantaggio di avere attorno un mezzo che gli garantisce una temperatura costante o la possibilità di eliminare agevolmente le sostanze di rifiuto (come l'ammoniaca e l'anidride carbonica, ad esempio).

Un organismo pluricellulare, al di fuori dell'acqua, non ha quindi i vantaggi di quelli che vivono nell'acqua: le cellule che lo costituiscono si trovano di fronte a problemi assai difficili da risolvere, quali l'approvvigionamento di sostanze nutritive, l'eliminazione dei rifiuti metabolici, la costanza dei valori di pH e di temperatura, etc.

Osservando le cellule di un organismo pluricellulare extramarino, si nota che esse non sono direttamente a contatto con l'inospitale ambien­te esterno: infatti vivono immerse in quello che Bernard chiamò un "ambiente interno" liquido - che in una prima approssimazione conserva i vantaggi dell'ambiente primordiale. 

Naturalmente, questo ambiente interno non possiede le dimensioni del mare, pra­ticamente infinite, se comparate a quelle di una singola cellula. 

Le sostanze in esso presenti saranno rapidamente consumate dall'attività metabolica delle cellule che vi vivo­no. Tale attività porterà inoltre alla produzione di un insieme di sostan­ze di rifiuto. 

Tutto ciò comporterà un veloce modificarsi delle caratteristiche chimico-fisiche dell'ambiente interno, il quale potrebbe diventare incompatibile con la vita delle cellule. 

Questo insieme di problemi ha costretto le cellule a organizzarsi e a specializzarsi per:
  • trarre dall'ambiente esterno il nutrimento
  • provvedere al fabbisogno di ossigeno;
  • eliminare l'anidride carbonica e le sostanze di rifiuto;
  • regolare la composizione dei liquidi interni;
  • contrastare l'azione di microorganismi nemici e di eventuali cellule "devianti";
  • garantire la perpetuazione, nel tempo, di un sistema analogo. 
L'organizzazione delle cellule specializzate al fine di compiere queste diversissime e molteplici funzioni necessità di un controllo continuo e armonico, reso possibile da una comunicazione intercellulare rapida ed efficace, realizzata mediante la variazione di potenziali elettrochimici o il rilascio di particolari sostanze (neurotrasmettitori, ormoni) destinate a specifici bersagli (proteine con funzione di recettori).

Il controllo dell'ambiente interno è poi effettuato in relazione continua all'ambiente esterno - il quale è continuamente esplorato, monitorato, attraverso speciali cellule che variano rapidamente il loro potenziale elettrochimico (si depolarizzano) in seguito a eventi fisici (stimoli meccanici, termici, luminosi) o interazioni chimiche con molecole volatili (olfatto) o in soluzione (gusto).

L'elaborazione di una risposta agli stimoli concerne, alla fine, sempre un atto motorio: la depolarizzazione di altre cellule specializzate (quelle muscolari) è trasformata in una contrazione.

Le istruzioni per organizzare la struttura di ciascuna cellula, le sue funzioni e la capacità di relazionarsi con le altre sono contenute nel DNA.

Il DNA è trascritto nell'RNA-messaggero; l'RNA messaggero è inviato ai ribosomi e qui è tradotto in proteine: ogni proteina ha, nella cellula, un suo ruolo specifico e insostituibile. 

Il DNA conserva le informazioni per assemblarle tutte; l'RNA messaggero contiene le informazioni per assemblare una proteina alla volta.

L'anno prossimo ricorreranno i 150 anni della scoperta della "nucleina" (un mix di DNA e di RNA, estratto dai "nuclei" dei leucociti recuperati nel pus di cui erano intrisi bendaggi e garze usate negli ospedali per medicare i feriti) da parte di Friedrich Miescher (1844-1895) all'università di Tubinga: la scoperta, pubblicata nel 1871, aprì la strada all'identificazione del DNA come molecola responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari.

I due anni intercorsi tra scoperta e pubblicazione si giustificano con la volontà del professor Hoppe-Seyler di ripetere tutti gli esperimenti dell'allievo Miescher prima di dare alle stampe i risultati.

Miescher continuò a studiare gli acidi nucleici; toccò tuttavia ad altri scienziati (Kossel, Griffith, Avery, Macleod) intuirne il ruolo nella trasmissione dell'informazione genetica e definirne la struttura (predetta da Schroedinger nel 1937 e descritta prima da Rosalind Franklin; poi da Watson e Crick che vinsero il premio Nobel).

Oggi, raccontare la storia del DNA è qualcosa di più che narrare di scienziati e di esperimenti; è raccontare l'evoluzione della vita sulla terra e della capacità di cellule e di organismi sempre più complessi di adattarsi ad ambienti esterni spesso ostili, attuando soluzioni originali per mantenere costante l'ambiente interno - soluzioni che sono state "appuntate" nel DNA e poi conservate e trasmesse di generazione in generazione.

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