lunedì 11 novembre 2019

LUMINESCENZE...

Il fenomeno noto come bioluminescenza fu descritto nell'antichità da Aristotele (che lo chiamava il "fuoco freddo") e da Plinio il vecchio. Essa si osserva sia in animali marini (celenterati, teleostei) sia terrestri (insetti, elminti); interessa anche microorganismi (batteri, protozoi) e funghi. In tutti questi organismi, la bioluminescenza ha diversi scopi: difesa, comunicazione, mimetismo, etc.

Come si origina questo fenomeno? Genericamente, una luminescenza è dovuta al particolare stato di un elettrone eccitato che emette energia per tornare allo stato fondamentale. L'eccitazione dell'elettrone, che fa parte di una molecola spesso molto complessa (fotoproteina), avviene fornendo energia: in un organismo vivente la cessione di energia coinvolge un enzima (detto genericamente luciferasi) e ATP. L'enzima luciferasi catalizza una reazione di ossidoriduzione così schematizzabile:

Luciferina + O2 + ATP ---> Ossiluciferina + CO2 + AMP + Pirofosfato + hv

Per approfondire il fenomeno e le strutture molecolari, consiglio di cercare e di leggere i materiali pubblicati sul web dal professor Giorgio Sartor, dell'università di Bologna (sede di Ravenna).

La bioluminescenza dei funghi fu descritta a metà del XIX secolo dall'esploratore inglese George Gardner e interessa circa una settantina di specie (su oltre centomila oggi note). 

Tale fenomeno è stato approfondito in studi piuttosto recenti: esso è utilizzato dal fungo per attirare insetti (formiche, mosche, scarafaggi): al corpo di essi si attaccano le spore che poi sono diffuse nel territorio circostante, permettendo un'ampia diffusione del micete.

Studi del 2015 mostrano che le molecole coinvolte sono le medesime prodotte da batteri e animali; studi del 2017 evidenziano come sia inoltre possibile, per i funghi, modulare colore e intensità della luce emessa.


I funghi bioluminescenti sono diffusi in paesi come Brasile (dove Gardner scoprì quello che oggi chiamiamo Agaricus gardneri), Australia, Indonesia, Sri Lanka, Taiwan, Giappone: i corpi fruttiferi compaiono nella stagione delle piogge, quando la temperatura media è di 27-28°C e sussistono le giuste condizioni di umidità.

Nella lingua inglese, la bioluminescenza dei funghi è chiamata fox fire: sembra che l'introduzione del termine sia attribuibile a Benjamin Franklin, il quale lo avrebbe impiegato in una lettera indirizzata ad un amico naturalista per indicare un falso fuoco (false fire, storpiato in fox fire) che consumava il legno marcescente nelle foreste umide degli USA e che spariva all'approssimarsi del freddo.

Il termine fox fire è stato riutilizzato, con un significato traslato, a metà degli anni Novanta dalla Casio per denominare una linea di orologi con display elettroluminescente a comando.


Premendo il grosso tasto in basso, il quadrante si illumina e il colore del display ricorda un po' quello dei funghi bioluminescenti.


In questo caso, si parla tuttavia di elettroluminescenza: anche qui ci sono elettroni eccitati che emettono luce per tornare allo stato fondamentale, ma essi appartengono non a una molecola organica bensì a un materiale semiconduttore che viene attivato con un campo elettrico generato premendo il tasto apposito.


Qualcuno noterà che il colore dei funghi e del display è assai simile a quello della nota reazione del luminol, il composto usato nelle indagini forensi per rilevare tracce di sangue. In questo caso però si parla di chemiluminescenza, in quanto l'eccitazione degli elettroni è provocata attraverso una reazione chimica che coinvolge luminol, acqua ossigenata e gli ioni ferro contenuti nell'emoglobina. 

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