sabato 15 febbraio 2025

Inquinanti dell'atmosfera...

Ho terminato la settimana con un'ultima lezione dedicata agli inquinanti dell'atmosfera, tracciando uno schema alla lavagna che riprende i contenuti esposti nel libro di testo:

L'autore ricorda come anche eventi naturali occasionali, come gli incendi, possano emettere in atmosfera sostanze quali particolato, polveri, ossidi di azoto e anidride carbonica.


Durante le eruzioni vulcaniche si liberano anche importanti quantità di anidride solforosa: a proposito, leggiamo QUI una notizia di poche ore fa che riguarda l'Etna, il vulcano attivo più alto d'Europa.


In altri luoghi del mondo, le emissioni naturali sono continue, come ho raccontato più volte ricordando il vulcano Kawah Ijen in Indonesia, dove l'anidride solforosa si origina per combustione dello zolfo, con inquietanti fiamme blu, e acidifica le calde acque di un lago vulcanico. Di piogge acide avevo parlato invece QUI


Altro capitolo riguarda l'inquinamento di origine antropica, dovuto alle attività industriali, ai trasporti e agli impianti di riscaldamento. Le conseguenze sono diventate temi di dibattito: le piogge acide, il "buco" nell'ozono (dove il termine giornalistico "buco" andrebbe a descrivere l'assottigliamento dello strato di ozono), il global warming, i cambiamenti climatici


Qualcuno cerca di proporre questi temi attuali e difficili anche ai più giovani, come il professor Stefano Caserini, del quale ho potuto assistere (insieme ai miei discenti più giovani) alla conferenza - spettacolo "A qualcuno piace caldo". Questo è anche il titolo di uno dei suoi molti libri dedicati al clima e all'impatto delle attività umane su di esso.


Qualcuno ricorderà le vecchie immagini delle ciminiere di Marghera (oltre 1500 diceva qualcuno), a pochi chilometri da Venezia - sempre bella, anche in tv, come nel documentario trasmesso ieri sera.


Il tema è spesso trattato in molte trasmissioni televisive e glisso volentieri sui palinsesti delle varie reti. Ricordo invece un bel film trasmesso di recente e ambientato nell'entroterra veneto, "Finché c'è prosecco c'è speranza", tratto dall'omonimo libro del professor Fulvio Ervas


Nella finzione cinematografica, ai piedi delle colline del prosecco, patrimonio UNESCO, un industriale ha impiantato un cementificio: una lavorazione ad alto impatto ambientale. Un tempo ve n'era uno in funzione anche a pochi chilometri da casa mia: marna e calcare; farina cruda, cotta nel forno per diventare clinker; macinatura e gessatura per ottenere il portland.


Ma nel forno, che si brucia? Nel film, la gente comincia ad ammalarsi di cancro e muore. Tra questi, i genitori dello scemo del villaggio; un nobile proprietario terriero che ama produrre (e consumare) il vino con le regole della terra; anche il nipotino della sua domestica, di soli nove anni. L'industriale viene ucciso; e anche il chimico che ha falsato le analisi dei fumi. Nell'oscurità, una mano cerca giustizia ma compie vendetta. Un ispettore di polizia indaga: chi sarà il colpevole? 


Buona visione del film... o lettura, se preferite.

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