Tra gli appunti per le mie lezioni alle prime classi, uno spazio non indifferente è riservato all'Antartide: forse perché sono rimasto favorevolmente suggestionato da un corso seguito all'università, anni fa, tenuto da chi quelle terre lontane le esplora per studiarne i ghiacci e quanto in essi vi è scritto...
Mi piace raccontare la storia delle esplorazioni e proprio l'altra sera ho rivisto per la terza volta un film-documentario, opera di Tim Jarvis, dedicato alla spedizione Endurance, che aveva come scopo l'attraversamento dell'Antartide da una costa all'altra.
La spedizione (1914-1917) non raggiunse l'obiettivo, ma tutti gli uomini che vi parteciparono fecero ritorno a casa, grazie ad Ernst Shackleton (1874-1922), loro intrepido capitano.
La nave fu distrutta dalla forza dei ghiacci; l'equipaggio si salvò navigando sulle scialuppe fino all'isola Elefante. Da lì, cinque uomini e il capitano partirono per la Georgia del Sud, sempre a bordo di una scialuppa opportunamente rinforzata. Sbarcarono dopo quindici giorni di navigazione in mezzo ad onde gigantesche.
Giunti a terra, trovarono ghiacci, colonie di pinguini e qualche foca da catturare per potersi rifocillare. Lo stabilimento baleniero che volevano raggiungere si trovava a quaranta chilometri dall'altra parte dell'isola. Per arrivarci fu necessario arrampicarsi e attraversare le montagne: da marinai divennero alpinisti.
Giunsero a destinazione e chiesero l'aiuto di una nave baleniera per tornare sull'isola Elefante e salvare i compagni ivi rimasti. Ci riuscirono al quarto tentativo. Tutti ritornarono in Inghilterra, dopo quasi tre anni dalla partenza. Nel frattempo, era scoppiata la Grande Guerra...
In Georgia del Sud, cinque anni più tardi, Shacketon morì per un arresto cardiaco e lì fu sepolto.
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