"Termodinamica è un nome terrificante per quella che forse è la teoria scientifica universale più utile che sia mai stata concepita", scrive Paul Sen nella prefazione al suo libro "Il frigorifero di Einstein", edito in italiano da Bollati Boringhieri.
Spesso relegata alla descrizione delle macchine a vapore e dei frigoriferi, nelle pagine di questo libro la termodinamica rivela di essere molto più di questo. I tre concetti fondamentali che stanno alla base di questa disciplina – energia, entropia e temperatura – rappresentano il nucleo teorico fondante di buona parte delle nostre conoscenze sul mondo fisico.
Nel XIX secolo, moltissimi uomini di scienza con i loro studi, le loro vite e le loro intuizioni hanno contribuito a cambiare radicalmente la nostra visione del mondo. È grazie a loro che sappiamo che esistono gli atomi, ne conosciamo il comportamento, sappiamo finalmente cosa sia il calore e come si propaga. Grazie alla termodinamica sappiamo anche che cosa siano il tempo, l’informazione, la vita, l’intelligenza e persino i buchi neri dell’universo: ognuna di queste cose, senza la termodinamica, non avrebbero senso.
"Come la differenza tra caldo e freddo spiega l'universo": proprio commentando il sottotitolo del libro di Sen sono partito per proporre una riflessione sul calore a un giovane pubblico che mi guardava straniato, abituato a sentir parlare di fisica come di formulette e di numeri da computare con la calcolatrice.
L'immagine della materia governata dal caldo, che la porta al movimento e alla vita, oppure dal freddo, che la porta all'immobilità e alla morte ci riporta alla filosofia naturalistica del rinascimentale Telesio; e ancor prima agli autori greci, come Anassimandro, per il quale l'universo ha origine nell'apeiron dalla separazione degli opposti come caldo e freddo.
O come Anassimene, per il quale il caldo e il freddo sono dovuti alla condensazione e alla rarefazione dell'aria. La condensazione produrrebbe l'acqua e la terra; la rarefazione produrrebbe il fuoco: da questi elementi nascerebbero tutte le cose.
Per Eraclito, il caldo e il freddo sono due opposti che si trasformano continuamente, uno nell'altro, come parte della costante metamorfosi del mondo, simbolo del fuoco. L'esistenza di un opposto dipende dall'esistenza dell'altro; senza il freddo, il caldo non avrebbe significato, e viceversa.
Per Aristotele le combinazioni di caldo, freddo, secco ed umido producono gli elementi: terra, aria, acqua e fuoco.
Nel secolo dei Lumi, per spiegare il principio di combustibilità, Becher e Stahl introdurranno la dottrina del flogisto, poi dimostrata errata da Lavoisier; per spiegare il cambiamento di temperatura, Boheraave proporrà la teoria del calorico, un ipotetico fluido privo di massa ma dotato di volume, che passa da un corpo caldo a un corpo freddo, causando in esso l'aumento di temperatura e la dilatazione.
La dottrina del calorico, proposta nel 1724, accompagnò lo sviluppo delle scienze fino alla metà del XIX secolo, quando Joule dimostrò con un celebre esperimento l'equivalente meccanico della caloria.
Il calore è una forma di energia come il lavoro. Disordinato il primo, ordinato il secondo; interpretato a livello microscopico il primo, a livello macroscopico il secondo.
Il lavoro può sempre essere trasformato in calore, come dimostrarono prima Rumford, fabbricando cannoni (sic!), e poi anche Tyndall con un tubo metallico e un po' d'etere.
Non sempre il calore può essere trasformato in lavoro: e questo problema occupò le menti brillanti degli uomini ricordati nel libro di Sen, che meriterebbero molta più notorietà e riconoscenza di quanto ne siano attribuite a certi condottieri, ministri, re, papi e imperatori tanto osannati nei libri di storia per le nostre scuole. Di alcuni balbettai anch'io qualcosa: Clausius, Carnot e Kelvin. E Maxwell.
Per affrontare lo studio della termodinamica, il fisico distingue all'interno dell'universo (la totalità dell'esistente) un sistema, parte dell'universo sulla quale compirà osservazioni ed esperimenti, e l'ambiente - che non sarà oggetto delle sue misurazioni.
Per definire lo stato del sistema, egli specificherà le variabili di stato. Ad esempio, per un gas ideale le variabili di stato sono la pressione P, il volume V, il numero di moli n e la temperatura T, legate tra loro dalla relazione che esprime la legge del gas perfetto: PV = nRT.
Mi son divertito a far calcolare ai miei discenti il valore della costante dei gas perfetti R, ricordando loro che a P = 1 atm e T = 0°C, una mole di un gas qualsiasi occupa un volume V = 22.41 litri. Dopo le opportune conversioni (in pascal, kelvin e metri cubi), si ottiene che R = 8.31 J / (K x mol).
Calore Q e lavoro L non sono variabili di stato, ma lo è la loro differenza, pari alla variazione di energia interna del sistema, dU = Q - L. Lo stato di un sistema si modifica scambiando calore e/o producendo lavoro.
Quanto calore è in grado di scambiare un sistema? La risposta a questa domanda porta alla definizione della capacità termica del sistema, indicata con la lettera C = dQ/dT. Dalla capacità termica discendono le definizioni di:
- calore specifico, c = C/m, con m = massa del sistema;
- calore specifico molare, cm = C/n, con n = numero di moli
La legge di Petit-Dulong stabilisce che tutti gli elementi solidi hanno lo stesso valore del calore specifico molare. In termini moderni tale legge si esprime dicendo che il calore specifico di una mole degli elementi solidi è 3R, dove R è la costante dei gas perfetti. Mentre prendete la calcolatrice e ne calcolate il valore, aggiungo che la teoria moderna del calore specifico dei solidi stabilisce che esso è dovuta alla termodinamica delle vibrazioni reticolari nel solido.
La termodinamica moderna si avvale di un apparato matematico assai complesso: le relazioni di Maxwell, la distribuzione di Boltzmann, l'interpretazione assiomatica di Caratheodory esulano dalle basi e dagli obiettivi di una buona formazione liceale.
Variabili di stato e differenziali di Pfaff non s'incontrano di certo sulle lavagne alle superiori a meno che in classe non entri qualche "terrorista algebrico" - soprannome dato al povero Boltzmann. Intanto trovo affascinante, tuttavia, ricordare il nome di Kapica e di altri che studiano il comportamento della materia a temperature prossime allo zero assoluto; oppure di Hawking che calcola la radiazione emessa da un buco nero.
Ora ricordo di aver lasciato la lettura della sua "Teoria del tutto" proprio al terzo capitolo, dedicato ai black holes: era quasi un anno fa, ed ero steso su un letto al quarto piano dell'ospedale. Smetto di scrivere e riprendo la lettura, regalandovi l'immagine del glicine fiorito mentre riceve il calore del sole.
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