Qualche giorno fa, alla ricerca di alcune informazioni su qualche composto organico, mi sono imbattuto in un link dal quale mi è stato possibile scaricare un'ebook in lingua inglese: Introduction to the preparation of organic compound. L'autore di questo testo è Hermann Emil Fischer (1852-1919), ritenuto da molti il maggiore chimico organico di tutti i tempi. L'opera è stata tradotta da R. V. Stanford e data alle stampe nel 1909. Riporto le due pagine con il testo della prefazione alla prima edizione:
Ritengo significativo questo breve brano perché, tra le righe, emerge una sommaria autobiografia dell'Autore, professore di Chimica Organica prima a Erlangen (1882), poi a Wurzburg (1885) e infine a Berlino (1892).
Il nostro si dedicò alla chimica dopo lunghi ripensamenti. Il padre imprenditore lo voleva laureato in economia; lui tentò di obbedire alle aspirazioni paterne ma si rassegnò e passò a fisica. Solo dopo una lunga crisi passò a chimica.
Da giovane neolaureato (a 26 anni), si distinse per un importante lavoro sull'idrazina; egli scoprì in particolare la fenilidrazina, un composto che da una parte gli permetterà poi di cristallizzare gli zuccheri come osazòni e di caratterizzarli (tramite il punto di fusione: si fa anche oggi) e, dall'altra, probabilmente gli causò quel cancro che lo spinse infine al suicidio (dopo aver pianto la morte della moglie e di due dei tre figli maschi).
I primi successi come ricercatore e la sua abilità di chimico analitico lo lanciarono nel mondo dell'insegnamento accademico a Monaco, appena ventisettenne. A più riprese fu chiamato ad insegnare ad Aquisgrana e a più riprese rifiutò: stipendio troppo basso e scarsa organizzazione della ricerca furono i motivi che lo spinsero a cercare un posto migliore. Fu così a Erlangen.
Per passare a Wurzburg, tre anni dopo, sostenne un colloquio di lavoro insolito. Poiché al rettore di quell'ateneo era noto il cagionevole stato di salute del candidato, chiese al professore di medicina veterinaria, amico comune, di portare il nostro a fare una lunga passeggiata da terminarsi con una buona bevuta. E così fu: dopo parecchi chilometri a piedi e qualche bottiglia di prosecco, Fischer ottenne l'incarico a Wurzburg, non senza aver prima riportato a casa il suo esaminatore, stanco e ubriaco. Non sapeva che a Fischer piaceva tanto camminare quanto bere prosecco!
Fischer è celebre tuttora per i suoi lavori sui carboidrati e sulle purine, che gli valsero il premio Nobel per la Chimica nel 1902.
Il suo nome è associato:
- all'esterificazione in ambiente acido, reazione che per condensazione di un acido carbossilico con un alcol porta alla formazione di un estere e di acqua;
- alla sintesi degli indoli;
- alla sintesi dei monosaccaridi (detta di Kiliani-Fischer), per formazione e successiva idrolisi di una cianidrina;
- all'immagine chiave-serratura per spiegare l'evento di riconoscimento molecolare di un substrato da parte di un enzima che fa scattare la reazione con la conseguente trasformazione del substrato nel prodotto. Per questo, egli è ritenuto il padre dell'enzimologia.
Fu tra i primi a sintetizzare in laboratorio un oligopeptide, distinguendosi anche nella chimica delle proteine.
Comprese la stereochimica dei monosaccaridi, che descrisse in relazione alla gliceraldeide introducendo un formalismo tuttora valido, anche se perfezionato in seguito da altri.
Ultimo ambito in cui si distinse Fischer è quello - già menzionato - delle purine, che comprende sostanze familiari anche a noi, non addetti ai lavori: caffeina, teobromina, teofillìna, acido urico, etc.
Ovviamente, come quasi tutti i migliori, è nato anche lui in ottobre (il giorno 9).
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