Il
piombo tetraetile, Pb(C2H5)4,
fu individuato negli Anni Venti da Thomas
Midgley (ingegnere della General
Motors, che scoprì anche i
cloro-fluoro-carburi, passando alla storia come uno dei maggiori
responsabili dell’inquinamento atmosferico).
L'impiego
del “piombo” come additivo antidetonante per carburanti
fu studiato nei laboratori della Du Pont.
Esso
si presenta come un liquido viscoso e incolore, estremamente tossico (T+), che
mescolato con bromuro di etile e cloruro di etile formava una miscela chiamata ethylfluid: nella camera di combustione
di un motore a scoppio, il piombo tetraetile, reagendo con gli alogenuri
alchilici, dava luogo a radicali etile e a cloruro e bromuro di piombo.
In Italia era prodotto a Trento, in quello
stabilimento tristemente noto come fabbrica
degli invisibili; un altro impianto era attivo a Fidenza (in provincia di
Parma).
Lo stabilimento di Trento faceva capo alla SLOI (Società Lavorazioni
Organiche Inorganiche) e la sua storia è stata più volte raccontata in
mostre fotografiche, in piéce teatrali e recentemente anche in un film.
Cominciò
la sua attività nel 1940, per produrre l'additivo da mettere nei carburanti per
gli aeroplani dell'aviazione tedesca; dopo la guerra continuò per il mercato
civile, finché un incendio, occorso
il 14 luglio 1978, non indusse il sindaco
a decretare la cessazione dell'attività.
Quell'incendio,
partito da un fusto contenente sodio metallico, fu un incubo per la città, che
temette una nuova Seveso: e sarebbe potuto essere, se
l'incendio avesse toccato i depositi di piombo tetraetile. Non
fu, ringraziando il cielo, la Provvidenza o forse grazie al tempestivo
intervento dei vigili del fuoco e delle forze di polizia che evacuarono il
rione Cristo Re.
L'area
su cui sorgevano gli impianti, al tempo messa sotto sequestro dalla Procura, è
oggi gravemente inquinata e necessita di interventi di bonifica.
Lo
stabilimento cela un altro terribile
segreto, che gli ha meritato l'appellativo di fabbrica degli invisibili. E una ragione c'è: si tratta di una "ragione sociale", espressione che va intesa non nel significato corrente che le
accorda il diritto.
L'aggettivo
sociale evidenzia la dimensione della piaga che l'esposizione al piombo e ai
suoi composti ha inciso nella vita di centinaia di operai e delle loro
famiglie.
Da
un lato la fabbrica ha portato lavoro e apparente benessere: ma
l'intossicazione dovuta al piombo generava negli addetti alle lavorazioni problemi d'igiene mentale che si
manifestavano anche con violenze in
famiglia.
Si
narra di padri che hanno abusato dei loro figli, di mariti che picchiavano le
mogli, di uomini distrutti mentalmente e prostrati fisicamente, internati nel
manicomio di Pergine Valsugana (ufficialmente come alcolisti cronici) o ricoverati a Padova presso l'Istituto di Medicina
del Lavoro.
Nessun commento:
Posta un commento