Nel post di ieri ho accennato a come la tubercolosi abbia ispirato - non so se sia il termine appropriato, ma passatamelo - poeti, letterati e anche musicisti.
Oggi chiudo la rassegna con un'immagine (clikkate per ingrandire) che riporta una serie di francobolli commemorativi, emessi nel 1982 per ricordare il centenario della scoperta del mycobacterium tubercolosis da parte di Koch.
Gli elementi rappresentati sono sempre i medesimi: il volto di Koch e un'immagine al microscopio.
La maggior parte delle nazioni appartiene all'Africa o all'Asia. Sono significativi anche alcuni motti riportati, come quello sul francobollo della Nigeria:
TB: the fight continues
(TB: la battaglia continua)
O del Pakistan
Help fight the old enemy
(Aiuta a combattere il vecchio nemico)
La Germania ha emesso un francobollo commemorativo anche nel 2005, in occasione del centenario del Nobel per la Medicina a Koch.
E l'Italia? La storia del francobollo antitubercolare italiano è ripercorsa QUI da Agostino Merlin in un bellissimo articolo alla lettura del quale vi rimando.
Chiudevo l'ultimo post con un accenno alla scoperta del mycobacterium tubercolosis da parte di Robert Koch e del metodo di Ziehl-Neelsen per evidenziarlo. Per questa scoperta, Koch vinse il Nobel per la medicina nel 1905.
La storia della tubercolosi è stata ripercorsa QUI dal dottor Antonio Semprini, medico pediatra: la riprendo per sommi capi, ma rimando all'articolo per una trattazione più ampia e completa.
Nota
probabilmente già in India, Cina e America precolombiana, la tisi o
consunzione era descritta da Erodoto e da Ippocrate nelle loro opere,
riprese dagli autori romani, bizantini e arabi.
La
contagiosità della tisi fu descritta da Girolamo Fracastoro nel XVI
secolo e questo portò alcuni governi a introdurre importanti norme sanitarie con
l’effetto di emarginare gli ammalati, trattati alla stregua dei
lebbrosi (anche la lebbra è causata da un mycobacterium: il m.
leprae).
Nella
metà del XVIII secolo, Leopold Auenbrugger descrisse un modo per
auscultare la cavità toracica, studiato approfonditamente in seguito
da Corvisart (il medico personale di Napoleone) e da Laennec
(l’inventore dello stetoscopio, tra l'altro morto di tisi).
Nella
metà del XIX secolo, Jean Antoine Villemin dimostrò che la tisi era
causata da un agente causale specifico, isolato poi da Koch agli
inizi del 1882, come si è detto.
La
tisi era la malattia cantata dai poeti e dai letterati romantici: dal chiuso
morbo di cui morì Silvia, immortalata da Leopardi nei suoi
idilli, scorriamo la letteratura del Primo Ottocento per arrivare a La signora delle camelie di Dumas
figlio, poi trasformata in Violetta da Francesco Maria Piave
per la musica di Giuseppe Verdi.
… Ah! Con tal morbo, ogni speranza è morta!
E
così la tisi ha trovato posto anche sul palcoscenico dei teatri
lirici, vera protagonista della Traviata e poi della Boheme. La
pucciniana Mimì, con la sua gelida manina, il pallore e i suoi colpi
di tosse, morirà proprio a causa del mal sottile.
E di
mal sottile (o morte bianca, come era anche chiamata la tisi) sono
morti celebri personaggi quali i musicisti Pergolesi e Chopin (che tossiva con grazia, come raccontava la Sand alla Contessa D'Agoult), i poeti Novalis, Keats, Corazzini e Gozzano, le scrittrici Emily Bronte e Simone Weil, il chimico Cesare Bertagnini, i fisici Pascal, Celsius e Schroedinger, etc.
Thomas
Mann ambienta La montagna incantata nel sanatorio di Davos, tra i monti della Svizzera (dove morì di tisi, nel 1895, il dottor Miescher, lo scopritore degli acidi nucleici).
I sanatori erano ospedali ove venivano ricoverati i malati
di tisi per essere curati con aria di montagna e bagni di sole, in
attesa che, nella seconda metà del Novecento, la farmacologia scoprisse molecole efficaci contro il
bacillo di Koch, come streptomicina, rifampicina, isoniazide e altre.
In
un sanatorio dalle parti di Como fu ricoverato anche mio nonno alla
fine degli anni Quaranta del secolo scorso; e tra una cura e l’altra
riuscì a studiare e a ottenere un diploma che gli permise, una volta
dichiarato guarito, di reinserirsi nel mondo del lavoro come
elettricista qualificato. Non molti ebbero la sua fortuna.
I malati che potevano permetterselo lasciavano il freddo e umido nord Europa per cercare qualche speranza nel clima mediterraneo: e ciò fece dell'Italia e della Grecia mete predilette dei malati e delle loro famiglie (o dei loro accompagnatori, magari amanti).
Fu per accompagnare in uno di questi soggiorni la futura moglie, malata di tisi, che Borodin giunse e soggiornò a Pisa, dove si fece apprezzare sia come ricercatore sia come musicista.
Una delle norme introdotte per evitare la diffusione del contagio concerneva il divieto di sputare per terra. Tale divieto, tuttora in vigore, potrebbe costituire anche un atto di buona educazione: tuttavia è oggi eluso da molti, giovani e meno giovani. O diversamente giovani. O giovani con esperienza.
Forse aveva proprio ragione Macchiavelli, allorquando affermava nel suo Principe:
È comune difetto degli uomini non far conto nella bonaccia della tempesta.
Ammesso e concesso che si sia davvero in bonaccia...
Vi ho narrato dei molti auguri natalizi che ho ricevuto dalle località più disparate; ora pubblico - come omaggio a uno stimatissimo collega - qualche scatto mandatomi dal buon Gigi, che nei giorni scorsi ha lasciato Belluno per trascorrere il Natale nella fredda e luterana Copenhagen.
Cominciamo con un bel bicchiere di birra Carlsberg, che personalmente voglio pensare come un omaggio a Soren Sorensen, il dipendente della ditta che per monitorare i processi fermentativi introdusse in chimica il concetto di pH ben 110 anni or sono.
Proseguiamo con una serie di omaggi funerari: a SorenKierkegaard, sepolto nella tomba di famiglia (sopra) e a Niels Bohr (sotto).
Ecco la sepoltura di Hans Christian Oersted, uno dei padri fondatori dell'elettromagnetismo classico. Avrete capito che il buon Gigi insegna fisica...
Segue la tomba di Hans Christian Andersen, il noto scrittore.
Ricordate la celeberrima Sirenetta, vero?
Mancherebbe, per completare la rassegna, anche la foto alla tomba di un terzo Hans Christian, il celebre medico e patologo Gram (1853-1938), che chi si occupa di microbiologia ben conosce per il suo metodo di colorazione dei batteri. Mi accontento di riproporre il doodle dedicatogli da Google qualche tempo fa.
Gram scoprì il suo metodo di trattamento delle cellule batteriche nel 1884, mentre era a Berlino. Egli studiava al microscopio i tessuti polmonari di persone decedute a causa della polmonite e osservò che, trattando con il Cristal violetto e il reattivo di Lugol i tessuti da osservare, i batteri assumevano un colore violaceo.
Carl Friedlander (1847-1887), per contro, osservò invece che i batteri che oggi chiamiamo klebsielle non assumevano la colorazione viola, ma rimanevano incolori.
I batteri che, trattati con il metodo di Gram, assumono il colore viola sono detti "Gram positivi", come quelli della polmonite; i batteri che non diventano viola (ma assumono un colore rosa dopo esser stati trattati con un colorante di contrasto, come la safranina o la fuxina) sono detti "Gram negativi", come le klebsielle.
Il 1884 fu un anno fortunato per la batteriologia: in quell'anno, Koch pubblicò Die aetiologiae der tuberkulose, ove enunciò i suoi celebri postulati e descrisse il bacillo che causa la tubercolosi, da lui scoperto due anni prima.
Il mycobacterium mostra un comportamento ambiguo nei confronti della colorazione di Gram, essendo talvolta positivo oppure negativo. Per esso fu perfezionato un altro metodo di colorazione, detto di Ziehl-Neelsen.
Ieri sono andato a Belluno per acquistare un libro di Sidney Altman, premio Nobel per la chimica nel 1989 per la scoperta delle proprietà catalitiche del RNA. Ne ho approfittato anche per passare in posta e versare la quota annuale per l'iscrizione alla SCI. Uscendo dalle poste mi sono imbattuto in un tramonto spettacolare che ho cercato di immortalare con la fotocamera dello smartphone e come me altre decine di persone.
Torno a casa, ceno e poi scorro la pagina di un noto social network dove vedo altre foto del tramonto, prese da varie località del Veneto. Pubblico anch'io uno scatto e mi accingo a leggere i commenti. Alcuni assumevano un tono "paranoico": scie chimiche, colori dovuti a litio, bario, alluminio, etc. Ecco, io mi sono alterato ma ho evitato di replicare sulla pagina: il buon senso c'era ma stava nascosto per paura del senso comune, scriveva Manzoni.
Ho scritto un post "arrabbiato" sulla mia pagina che qui ho ripreso, offrendo il consiglio seguente. Se non conoscete i fenomeni naturali (e le spiegazioni di quelli della fisica dell'atmosfera sono tutt'altro che alla portata della gente comune) evitate di riempire di commenti e sciorinare idiozie.
Coltivate il senso della meraviglia e poi studiate lo scattering di Rayleigh, studiate l'effetto di umidità, pressione, inclinazione dell'asse terrestre, inclinazione dell'eclittica, etc.
Dopo aver maturato una vaga idea del perché di un cielo rosso in un tramonto invernale, vi accorgerete che tacere è meglio.
Se poi preferite i complotti, gli avvelenatori del NWO e quant'altro perché offrono una spiegazione semplice e alla portata della vostra mente, lasciatemi almeno la soddisfazione di concludere dando ancora una volta ragione a Umberto Eco.
E anche al professor Burioni, che ne "La congiura dei somari" (Rizzoli, 2017) scrive:
Nei giorni scorsi ho ricevuto diversi messaggi di auguri, soprattutto di persone che non vedo e non sento spesso: mi hanno scritto da Madrid, da Astrakhan, dalla Sardegna e da altre località delle quali evito l'elenco.
Ho apprezzato il ricordo e gli auguri di tutti, ma in questo post riprendo brevemente la mia risposta al messaggio di PA, il curatore del bellissimo blog Chimica Sperimentale che vi consiglio di visitare e di leggere attentamente.
Focalizzando l'attenzione sul mio post dedicato a Bassano del Grappa, ove fui il 3 dicembre scorso per lavoro, PA si è soffermato sulle foto di alcuni apparecchi esposti presso il Museo Poli, dedicato all'arte della distillazione e della fabbricazione dell'acquavite.
In particolare, nella prima stanza del Museo Poli sono ricostruiti una serie di alambicchi di epoca alchimistica/rinascimentale: si tratta di rifacimenti di apparecchi rappresentati nelle opere dei maestri dell'alchimia.
Quello in foto è rappresentato nel De Pirotechnia di Vannoccio Biringuccio (1480-1539), volume stampato a Venezia nel 1540: lo stesso PA aveva parlato di questo autore nel suo blog, QUI e in successivi post. Ecco invece l'immagine dell'alambicco così come è riportata nel libro.
Secondo la didascalia posta accanto all'apparecchio ricostruito, Vannoccio descrisse il primo alambicco che distillava e rettificava contemporaneamente. Lo scopo era eliminare le flemme: ed esso era raggiunto empiricamente facendo passare i vapori di alcool per canali stretti, lunghi e tortuosi, tentando di fermare i vapori nei rigonfiamenti e nelle anse.
Ora, bisognerebbe accedere alla fonte e leggere cosa dice il Vannoccio: intanto fantastichiamo un poco e supponiamo che, se per le operazioni egli partiva da una testa di distillazione, lo scopo potrebbe essere stato quello di separare il metanolo dall'etanolo e quindi il prodotto buono dovrebbe ricadere nella cucurbita lasciando liberi i vapori di metanolo fino sulla sommità.
Oppure l'apparecchio potrebbe essere stato costruito per cercare di arricchire in etanolo uno miscela etanolo/acqua.
Badate bene che i termini metanolo ed etanolo sono usati dai chimici moderni; l'alchimista Vannoccio parlava di acquavite, di spirito del vino e di altre cose.
La testa sulla sommità conserva l'innovazione introdotta in letteratura da Andrea Mattioli.
Come dicevo poc'anzi, i dettagli costruttivi potrebbero essere commentati meglio accedendo alla fonte e vedendo con quale simbologia (è pur sempre un alchimista) egli abbia pensato l'apparecchio. Ecco allora tre pagine dal libro di Vannoccio, quelle sul modo di fare l'acquavite, ove descrive l'apparecchio ricostruito e l'alternativa più semplice.
Nei film, gli orologi non vengono mostrati per caso. Questa forma di pubblicità viene chiamata product placement: se ben fatta, è assai convincente.
Probabilmente questo è il motivo per cui il product placement è utilizzato da molti marchi - e tra questi, troviamo anche quelli più prestigiosi.
Marchi che pubblicizzano attivamente con questo metodo sono: Audemars Piguet, Breitling, Hamilton, IWC, Omega, Panerai, Rolex, Seiko, Tag Heuer (prediletto da Brad Pitt), e naturalmente Casio.
Ricordate il film Speed (con il DW 5600 indossato da Keanu Reeves) oppure Mission Impossible? Non limitatevi a questi due ma osservate che la maggior parte dei duri del grande schermo indossano spesso i mitici (e da me assai amati) G-Shock.
Essi compaiono praticamente in ogni film dell'esercito americano, perché è uno dei marchi ufficiali: il modello DW 6600 (foto sopra), modello lanciato sul mercato nel 1994 e tolto una decina di anni dopo (oggi assai raro in Italia), ha sostituito il submarine al polso dei Navy Seals. Avete presente Bradley Cooper in American Sniper?
Quando ero giovane, il DW 6600 era al polso di Max Biaggi (e sotto i suoi piedi in una vecchia pubblicità).
Ed ecco ora un breve - seppur incompleto - elenco per ammirare questi piccoli ammennicoli tecnologici al polso degli eroi nei film più recenti:
- Avatar (Protrek PRW-1300) - Poliziotti fuori - Due sbirri a piede libero (GS-1100) - A-team (tutti i principali attori con GS-1100) - Mission Impossible (MTG-910D) - Speed (DW 5600) - Tuono Blu - Training Day (E. Hawke indossa DW-6900) - L'ultima alba (Bruce Willis con DW-9050) - L'implacabile (A. Schwarzenegger con DW-5500) - Resident Evil - Mr e Mrs Smith (Brad Pitt indossa un G-2310) - Dr. House (Protrek) - La terrazza sul lago - The Kingdom (Jamie Fox con Protrek) - The Jackal
- The Italian job (Mark Wahlberg con DW-6600C)
- Lost
- Crossing Lines (Richard Flood nei panni di Tommy McConnell con DW 6600)
- Millennium (anche là, DW 6600)
- Fast and Furious: The Tokyo drift - Aliens vs. Predators
- Jurassic World: guardate il polso destro di Chris Pratt...
Poteva mancare un classico G-Shock Square al polso di Fantozzi nei panni di un aspirante hooligan?
Oppure di Leonardo Pieraccioni, in "Fuochi d'artificio", che indossa un DW 9000 che avevo acquistato anch'io, a suo tempo, all'indomani della conclusione del Liceo (e per questo voglio un gran bene a quell'oggetto che mi ricorda la fine di un periodo molto triste).
Con questo post, approfitto per salutare tutti gli appassionati di G-Shock con cui sono in contatto, in particolare quelli del gruppo G-Shock Passion su FB!
Belluno sembra anche più bella quando è baciata dal sole invernale, con la luce riflessa e diffusa dal bianco delle cime innevate.
In un breve momento di relax, un caffè veloce in perfetta solitudine mi ha permesso di apprezzare il centro, che si anima in vista delle festività natalizie ormai prossime.
La sera, i tramonti illuminano gli antichi palazzi di sfumature nuove: ammirate il campanile dello Juvarra, la più bella testimonianza in terra veneta del genio dell'architetto piemontese.
Poco più in là, un muretto e alcune panche offrono l'occasione per fermarsi ad ammirare un paesaggio commovente: il sole tramonta e il giorno saluta un tempo che muore.
Seguendo una breve lezione sulla storia della grappa, ha catturato la mia attenzione il nome di un alchimista (o forse proto-chimico), operante tra Roma e Parigi nella seconda metà del XVII secolo: Martino Poli.
Nato a Lucca il 21 gennaio 1662, Martino era il maggiore di tre fratelli.
Uno dei suoi zii, interessato alla chimica, incoraggiò la passione
del giovane per questa scienza, aiutandolo a stabilirsi a Roma per
istruirsi. Cominciò la sua formazione studiando i metalli e grazie
al perfezionamento di nuove operazioni ottenne una certa reputazione.
Nel
1691 ottenne dal cardinale camerlengo Altieri l'autorizzazione ad
aprire un laboratorio di chimica pubblica.
Nel 1700 ottenne la laurea
in farmacia. Per migliorare le sue conoscenze, viaggiò in Italia;
nel 1701, si recò in Francia per vendere un segreto militare che il
re che si rifiutò di usare. Luigi XIV concesse comunque una pensione
a Poli e anche il titolo di ingegnere soprannumerario nel 1702 e
quindi titolare dal 10 maggio 1704 , in sostituzione di Vincenzo
Viviani, morto l’anno precedente.
Ritornò
in Italia nel 1704. Le sue conoscenze in chimica, fisica e medicina
lo portarono a pubblicare nel 1706 Il trionfo degli acidi. Nel testo si legge che
"lo scopo di tutto il libro è mostrare che gli acidi sono
accusati ingiustamente di essere la causa di un'infinità di
malattie, che al contrario sono il suo rimedio sovrano, ed è in
questo che consiste il loro trionfo".
Indica
che gli acidi sono necessari per tutte le fermentazioni o digestioni
che avvengono nello stomaco. Afferma che gli acidi non penetrano mai
nel sangue, ma si precipitano nell'intestino.
Si interessò alla
fermentazione che Sylvius considerava centrale nella trasformazione
del cibo nello stomaco.
Si disse contrario al principio di analogia
con le macchine, caro a Cartesio o Ecquet. Rifiutò la spiegazione
meccanicistica, in particolare per quanto riguarda il processo della
digestione. Il passaggio dei principi alimentari attraverso le vene
può essere compreso, secondo Poli, solo da fenomeni chimici di
fermentazione o dissoluzione e altre operazioni simili, che vengono
eseguite nel corpo dell'animale, come nel laboratorio di un chimico.
Nel
1708, il papa lo nominò primo ingegnere nelle sue truppe contro
l'imperatore. Quindi, finita la campagna militare, Poli andò a Venezia. Il
principe Cybo, duca di Massa, lo chiamò nel 1712 per esaminare le
miniere che aveva nei suoi territori. Dimostrò che i giacimenti
erano ricchi di rame, vetriolo verde (solfato ferroso) e di vetriolo bianco (solfato di zinco).
Ritornò
in Francia nel 1713. Membro della Reale Accademia delle Scienze,
partecipò a varie riunioni; il re gli concedette un aumento della
metà della sua pensione e ulteriori onori. I suoi rimedi iniziarono
ad essere riconosciuti a Parigi, così decise di trasferirsi
definitivamente in quella città, portando con sé la famiglia.
Tuttavia, quando arrivò a Parigi, si sentì male e morì il 30
luglio 1714, a cinquantadue anni di età.