Chiudevo l'ultimo post con un accenno alla scoperta del mycobacterium tubercolosis da parte di Robert Koch e del metodo di Ziehl-Neelsen per evidenziarlo. Per questa scoperta, Koch vinse il Nobel per la medicina nel 1905.
La storia della tubercolosi è stata ripercorsa QUI dal dottor Antonio Semprini, medico pediatra: la riprendo per sommi capi, ma rimando all'articolo per una trattazione più ampia e completa.
Nota
probabilmente già in India, Cina e America precolombiana, la tisi o
consunzione era descritta da Erodoto e da Ippocrate nelle loro opere,
riprese dagli autori romani, bizantini e arabi.
La
contagiosità della tisi fu descritta da Girolamo Fracastoro nel XVI
secolo e questo portò alcuni governi a introdurre importanti norme sanitarie con
l’effetto di emarginare gli ammalati, trattati alla stregua dei
lebbrosi (anche la lebbra è causata da un mycobacterium: il m.
leprae).
Nella
metà del XVIII secolo, Leopold Auenbrugger descrisse un modo per
auscultare la cavità toracica, studiato approfonditamente in seguito
da Corvisart (il medico personale di Napoleone) e da Laennec
(l’inventore dello stetoscopio, tra l'altro morto di tisi).
Nella
metà del XIX secolo, Jean Antoine Villemin dimostrò che la tisi era
causata da un agente causale specifico, isolato poi da Koch agli
inizi del 1882, come si è detto.
La
tisi era la malattia cantata dai poeti e dai letterati romantici: dal chiuso
morbo di cui morì Silvia, immortalata da Leopardi nei suoi
idilli, scorriamo la letteratura del Primo Ottocento per arrivare a La signora delle camelie di Dumas
figlio, poi trasformata in Violetta da Francesco Maria Piave
per la musica di Giuseppe Verdi.
… Ah! Con tal morbo, ogni speranza è morta!
E
così la tisi ha trovato posto anche sul palcoscenico dei teatri
lirici, vera protagonista della Traviata e poi della Boheme. La
pucciniana Mimì, con la sua gelida manina, il pallore e i suoi colpi
di tosse, morirà proprio a causa del mal sottile.
E di
mal sottile (o morte bianca, come era anche chiamata la tisi) sono
morti celebri personaggi quali i musicisti Pergolesi e Chopin (che tossiva con grazia, come raccontava la Sand alla Contessa D'Agoult), i poeti Novalis, Keats, Corazzini e Gozzano, le scrittrici Emily Bronte e Simone Weil, il chimico Cesare Bertagnini, i fisici Pascal, Celsius e Schroedinger, etc.
Thomas
Mann ambienta La montagna incantata nel sanatorio di Davos, tra i monti della Svizzera (dove morì di tisi, nel 1895, il dottor Miescher, lo scopritore degli acidi nucleici).
I sanatori erano ospedali ove venivano ricoverati i malati
di tisi per essere curati con aria di montagna e bagni di sole, in
attesa che, nella seconda metà del Novecento, la farmacologia scoprisse molecole efficaci contro il
bacillo di Koch, come streptomicina, rifampicina, isoniazide e altre.
In
un sanatorio dalle parti di Como fu ricoverato anche mio nonno alla
fine degli anni Quaranta del secolo scorso; e tra una cura e l’altra
riuscì a studiare e a ottenere un diploma che gli permise, una volta
dichiarato guarito, di reinserirsi nel mondo del lavoro come
elettricista qualificato. Non molti ebbero la sua fortuna.
I malati che potevano permetterselo lasciavano il freddo e umido nord Europa per cercare qualche speranza nel clima mediterraneo: e ciò fece dell'Italia e della Grecia mete predilette dei malati e delle loro famiglie (o dei loro accompagnatori, magari amanti).
Fu per accompagnare in uno di questi soggiorni la futura moglie, malata di tisi, che Borodin giunse e soggiornò a Pisa, dove si fece apprezzare sia come ricercatore sia come musicista.
Una delle norme introdotte per evitare la diffusione del contagio concerneva il divieto di sputare per terra. Tale divieto, tuttora in vigore, potrebbe costituire anche un atto di buona educazione: tuttavia è oggi eluso da molti, giovani e meno giovani. O diversamente giovani. O giovani con esperienza.
Forse aveva proprio ragione Macchiavelli, allorquando affermava nel suo Principe:
È comune difetto degli uomini non far conto nella bonaccia della tempesta.
Ammesso e concesso che si sia davvero in bonaccia...
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