sabato 5 giugno 2021

Ite, missa est...

Si conclude un altro anno scolastico: molto faticoso, con questa snervante alternanza di didattica tradizionale e didattica a distanza a cui siamo stati obbligati dall'emergenza Covid. 

Siamo giunti vivi (ma quanto sani?) al termine ed è ora di posare la penna e di chiudere i registri. In realtà io sto già pensando al prossimo anno e ho cominciato a preparare le lezioni e gli esercizi sugli argomenti nuovi, che sostituiranno altri approfondimenti ai quali dedicherò uno spazio più contenuto.

Intanto, soprattutto navigando in rete, devo sentire - ne farei volentieri a meno - la retorica sugli esami, sulla nuova scuola, sui concorsi, sui reclutamenti (come se la scuola fosse fatta solo per il personale che ci lavora e non per gli alunni che la frequentano), sui programmi - giudicati sempre vetusti e superati. E poi i programmi non esistono più da anni, sostituiti dalle indicazioni ministeriali. 

Così, molti commentatori riempiono i social network o i salotti televisivi di legittime opinioni su come dovrebbe essere la scuola, forti dei loro ricordi (di scolari o di studenti) miscelati con le loro passioni (artistiche, filosofiche, politiche...).

"A scuola dovrebbero insegnare...": è la frase che precede tante esternazioni di buoni sentimenti e di belle idee che spaziano dal teatro alla danza, al senso della vita, a credere in se stessi, all'educazione, alle buone maniere, al bon ton, all'amor di patria, all'accoglienza, alle tradizioni, alla filosofia di vita (?), alle religioni degli altri (come se della propria si sapesse tutto, ma proprio tutto...), a servire la comunità, ai lavori socialmente utili, a ottenere un impiego, a macinare il grano secondo tradizione, a fare il pane, a marciare tutti uguali, ad abbracciare il diverso, a pensare con la propria testa (quante volte l'ho sentita questa!), a conformarsi alla società, alla passione per... (lettura? musica? disegno? scienze?) a chi più ne ha più ne metta - inclusi la riproduzione in cattività del pesce persico o alle tecniche di allevamento del maialino vietnamita.

Le esternazioni di cui sopra si contrappuntano ai cori dei nostalgici, delle immancabili cassandre, dei passatisti disperati che si stracciano le vesti di fronte all'ignoranza che rapidamente si diffonde via etere, via cavo, via fibra ottica. E con gli occhi gonfi di lacrime ricordano la scuola di una volta facendo il paragone con la scuola di oggi.

"A scuola non si insegnano più...": la calligrafia, il corsivo, la grammatica, l'ortografia, il latino, la storia, la geografia, le capitali, le bandiere, le poesie a memoria, i sette re di Roma, le tabelline, i calcoli a mente, il teorema di Pitagora, la geometria di Euclide, il rispetto, l'educazione, la puntualità, l'ordine e l'igiene... tutto vero. Non si insegnano più molte (non tutte, però!) tra le cose elencate. Si cerca di insegnarne altre, con competenza, dedizione, impegno, applicazione, abnegazione.

Forse, l'unica posizione che davvero condivido - e che in questo post faccio mia - è quella, toccante e profonda, lasciata da Giorgio Gaber in quello che possiamo considerare il suo testamento, presentata da Mauro Di Girolamo in questo video... 


G. Gaber, "Non insegnate ai bambini..."

Vita, Speranza, Amore... il resto è niente.

Nessun commento:

Posta un commento