La sontuosità del verde che trionfa nei paesaggi africani, mostrati in qualche scatto al post precedente e in altri, stravince se paragonata a quel poco di cui posso godere io uscendo sul terrazzo di casa.
Tuttavia mi ritengo comunque fortunato e ho imparato ad amare il mio poco in occasione del primo lock down, durante il quale il povero (si fa per dire) ministro non dormiva di notte (ma io si - e bene anche) e sembra aver scritto: "sono nervoso al pensiero di qualsiasi aggregazione di più di due persone, mi turba persino veder passare le automobili per strada".
Lo lascio alle sue preoccupazioni: io me ne sono rimasto a casa, in campagna, a godermi la natura, con i piccoli animali che rallegravano alberi e fiori - sia spontanei sia messi a dimora dai miei nonni, da mia madre e, recentemente, anche da me.
Qualcuno mi fa notare che, da allora, me ne sono rimasto in casa del tutto: è vero e infatti oggigiorno esco solo per andare al lavoro o per fare qualche spesa. Vabbè, anche per andare a bere qualche calice di Amarone al Bar Duomo.
Pochi istanti fa ho declinato l'invito ad un concerto (non ci vado da anni); mentre scrivo il post sarei dovuto essere in città alla presentazione di un libro - che pur mi interessava moltissimo e che leggerò prima o poi - e sto schivando altri appuntamenti sui quali non mi dilungo.
Ho bisogno di riequilibrare il mio umore, molto giù in questi giorni: e se gli astrologi danno la colpa all'opposizione di Marte, di Giove e a Plutone in quadratura, i biochimici parlano di ricaptazione della serotonina, che qualche farmacista vorrebbe inibire con molecole ad hoc...
Meglio di no... non cerco paradisi artificiali, ma solo un po' di ristoro da questo lungo purgatorio! Posso ancora sperare? Posso? Perché un purgatorio senza speranza (non mi riferisco all'omonimo ministro di cui sopra) temo si debba chiamare in altro modo.
Bel post! Ciao Marco.
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