Ho iniziato la settimana all'insegna di Alessandro Manzoni (1785-1873), autore del quale ricorderemo tra qualche settimana, il 22 maggio, i 150 anni dalla morte.
La maggior parte di noi, ex liceali, ricorderà le interminabili ore passate a leggere "I promessi sposi", spesso abbreviati sul diario personale in "prospo", dicitura accanto alla quale si riportavano le pagine da analizzare, tra figure retoriche e interminabili ragguagli extra-narrativi che troppo spesso diventavano più importanti della vicenda stessa e anche del sugo di tutta la storia.
- Chi è la protagonista dei Promessi Sposi? - chiedeva il professore all'interrogazione.
- Lucia! - rispondeva qualcuno; e qualcun altro: - Gertrude!
- No! La Provvidenza! - ribatteva il docente.
Il 2 aprile, che coincideva quest'anno con la Domenica delle palme, si commemora ogni anno Sant'Abbondio, vescovo di Como; proprio il 2 aprile 1810 è la data della celeberrima "conversione" di Manzoni, come ricorda anche un'iscrizione nella chiesa di San Rocco (patrono degli appestati) a Parigi.
Abbondio, Como (con il suo lago e i monti che lo circondano), la peste, la Provvidenza: gli ingredienti fondamentali del romanzo cominciano ad esserci. Manzoni fu anche poeta, come sa ben chi dovette imparare a memoria il Cinque maggio o la Pentecoste; e riprese il tema della conversione anche nelle incompiute strofe dell'Ognissanti:
E voi che, gran tempo, per ciechi
Sentier di lusinghe funeste
Correndo all’abisso, cadeste
In grembo a un’immensa pietà...
Il 3 aprile scorso, nell'ambito dei corsi dell'Università degli Adulti Anziani di Belluno (dove tengo anche io e da molti anni alcune lezioni), ho avuto modo di assistere a una lettura drammatizzata di una delle pagine più alte della produzione manzoniana: la Conversione dell'Innominato.
Sulla scena, gli attori non professionisti di Teatro Tre; sullo schermo, le immagini che Giorgio De Chirico realizzò una sessantina di anni fa per una nuova edizione milanese del romanzo manzoniano.
Direi bene. Mi mancherebbe solo la possibilità di ascoltare la Messa di Requiem di Verdi, eseguita nel 1874 per celebrare il primo anniversario della morte dello scrittore, e poi avrei chiuso il cerchio. Ma non credo tuttavia di aver voglia di sentire trombe, tromboni e grancasse: da oggi pomeriggio sono in pausa e desidero tanto silenzio.
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