Mentre attendo di vedere un film su Bach, stasera sul canale 28 alle 21:10 circa, mi intrattengo con Liszt che trascrive Beethoven, adattando al pianoforte le immortali note della IX sinfonia. Nel video potete ascoltare il terzo movimento, Adagio e cantabile, eseguito da Idil Biret nel 1986.
Cerco rifugio nella tenera dolcezza di questi suoni dopo aver trascorso gli ultimi giorni a risistemare il file con il testo di una nuova pubblicazione dedicata a un tema che ho già trattato: il rapporto tra uomini e microbi, anche se stavolta voglio evidenziare come questo abbia permesso ad alcuni sapiens di esprimere il meglio in termini di genialità e soprattutto di carità. Ah, dimenticavo: l'adagio continua nel video seguente...
Vedremo se l'anno nuovo porterà qualcosa di buono. Spero di si, in termini di tranquillità e salute: mi accontenterei. Intanto godiamoci la fine di quello vecchio!
In queste settimane si moltiplicano i concerti di musica corale: in altri e lontanissimi tempi ricordo di aver accompagnato alla tastiera un coro amatoriale e per varie formazioni mi sono dilettato a scrivere delle trascrizioni e anche brani originali.
Per ragioni sulle quali soprassiedo, diversi anni fa ho desistito da ogni attività musicale (da ormai dodici anni) e mi sono dedicato ad altro: l'evoluzione e l'ecologia sono molto più appaganti, la scrittura anche per non parlare della microscopia.
Qualche volta rivolgo ancora la mia attenzione ad Euterpe: ma preferisco sentire qua e là qualche registrazione comodamente seduto sul mio divano in salotto, al caldo. Quando si tratta di musica corale e vocale, ascolto prevalentemente esecuzioni di interpreti inglesi, come questi King's singers.
Nel video interpretano un antico Corale, composto da Henry Francis Lyte nel settembre 1847. L'autore, scozzese di nascita, si laureò in teologia al Trinity College di Dublino: la morte di un amico lo spinse a riflettere sulla vita illuminato dalla parola di Dio. La sua riflessione, oltre che in numerosi sermoni, si compendiò in una serie di inni, di cui questo è l'ultimo. Ecco la melodia del cantus, con il testo di due strofe: tutto l'inno si trova QUI.
Lyte era malato di tubercolosi: i medici gli consigliarono di andare a svernare in Italia e partì qualche giorno dopo aver steso il testo. Resta con me, veloce cade la sera...
In Italia, il reverendo non giunse mai: morì a Nizza il 20 novembre. Il testo del suo inno è rimasto una sorta di testamento spirituale, ancora oggi eseguito con l'armonizzazione di William Henry Monk.
Ricordo di averlo suonato diverse volte, a suo tempo, spesso come canto di offertorio o dopo la comunione a seconda di quel che decideva chi dirigeva il coro: "Resta per sempre...".
Leggere il testo in italiano mi induce a pensare a certi contesti, davvero traboccanti di "luce, gioia, santità... d'opere degne della tua bontà...". Meglio tacere. Salvum fac me, Domine. Salvum fac populum tuum.
Nonostante la mia richiesta esplicita di non ricevere messaggi di auguri in occasione dell’annuale solennità dell’ipocrisia, qualcuno ha calpestato il mio desiderio (come da prassi consolidata) e mi ha mandato video, gif, biglietti e quant’altro con luci, stelline, renne, slitte, candele e altre cineserie. Io ho risposto con il seguente pensiero di Pascal:
Come ho scritto più volte, per me non è buon natale da anni (anche se quello di quest'anno è stato felicemente sereno, finora) e non lo sarà mai più, a meno che Qualcuno di Onnipotente non mostri di esserlo sul serio e mi permetta di formarmi come avrei desiderato anni fa e di intraprendere finalmente il servizio che ancora desidero nel modo in cui lo voglio vivamente.
C’è chi mi ha fatto notare che tutti hanno i loro problemi, uniti a quelli del mondo e che non possiamo mai perdere la speranza.
“Viviamo vite di quieta disperazione” – scriveva Thoreau, invitando a fuggire alla rassegnazione (la disperazione istituzionalizzata) e soprattutto alla ribellione.
Io ho perso la speranza anni fa. E mi percepisco più onesto ad essere consapevole che tante chiacchiere stupide appaiono solo come illusioni che hanno come unico fine l’anestesia della presa di coscienza della miseria dell'esistenza così ben descritta dal filosofo nella citazione in apertura.
L’ipocrisia del buon natale, del familismo, dell’amore che nasce, del vestito bello e della messa cantata mi danno sui nervi.
E anche il Te Deum, che ci obbliga a ringraziare anche quando le cose vanno in modo troppo diverso da come vorremmo, dove tutto deve andare bene per forza perché padri, padrieterni e patrie sono pilastri intoccabili in nome dei quali si possono calpestare i sogni di chi vuole una vita diversa.
E da “dream” a “merda” il passo è breve: basta frullare le lettere, come sono chiaramente frullate le parole in certe prediche che tocca ascoltare in questi giorni di trionfante benpensantismo.
Ho 45 anni compiuti e non mi ci sono ancora abituato. Ho 45 anni e si allunga la serie di patologie croniche che minano la mia salute sempre più malferma: ipertensione, iperglicemia, diverticolosi, colelitiasi, nefrolitiasi, etc.
Lascio le diagnosi ai medici (purtroppo non lo sono), ma nel mio piccolo ritengo che esse siano il frutto di anni di rinunce e di angherie subite, di mala sopportazione e di chiacchiericci alimentati da persone un tempo a me troppo vicine che ho cancellato dalla mia esistenza assai tardi. Per costoro, non sapevo quello che volevo perché non volevo quello che loro desideravano per la mia esistenza: un lavoro umile che cancellasse per sempre le mie aspirazioni, una moglie da manipolare e da piegare al loro servizio e una discendenza a cui lasciare il capitale accumulato.
E quando ho chiesto aiuto, quello sbagliato ero ancora io perché mettevo in discussione i sacri dogmi del matrimonio, della famiglia e della comunità, ai quali tuttora non voglio c(r)edere.
Allora capirete che anche in questo l'attuale cristianesimo istituzionale rivela il suo volto: un monolitico monumento alle consuetudini sociali, ove l’unico spirito presente è quella traccia di etanolo nel vino da messa, non Spirito divino ma spirito di vino - e neanche di eccelsa qualità.
Comprenderete quindi perché vado ripetendo da tempo che non sono cristiano (nel senso corrente del termine) sebbene più di qualcuno si ostini a farmi passare per tale.
L’altra sera scambiavo qualche idea con un ex collega a proposito di un film cult per la mia generazione: “L’attimo fuggente”.
A me piaceva particolarmente da ragazzo: ora non lo collocherei tra i miei prediletti, anche se riconosco la sua carica emotiva. Da adulto, anche per il lavoro e il tipo di servizio che faccio, la visione di questo film mi ha invitato e mi invita ancora a riflettere profondamente sui pericoli dell’educazione permissiva e dell’anticonformismo.
Lui mi diceva essere questo film uno dei suoi preferiti e si soffermava sul come la figura di Keating lo abbia motivato a fare il docente in un certo modo.
A me, ogni volta che lo vedo, viene il magone per la fine del giovane Neil Perry – che desiderava diventare attore di teatro contro la volontà paterna che lo voleva medico. Un colpo di pistola in una fredda notte d’inverno ha messo fine ai suoi sogni e ai suoi incubi. Una tragica fine che lo accosta al povero principe Rodolfo d'Asburgo Lorena (1858-1889): altro protagonista di un aspro conflitto padre-figlio, esasperato dalla ragion di stato e non solo.
Confidavo al mio interlocutore che qualche rara volta ho pensato che anche a mio padre avrebbe fatto bene trovare un figlio morto suicida: un figlio al quale ha negato di costruirsi un futuro perché il matrimonio e la famiglia dovevano essere adorati sopra ogni cosa.
“Magari avrebbe imparato qualcosa” – mi rispondeva il collega – “ma a che prezzo? Perdi tu la vita intera per insegnare qualcosa a lui? L’idea può attrarre perché è un segnale forte e inequivocabile, ma molto meglio farsi scivolare tutto addosso e vivere lo stesso”.
Sono dell’idea che comunque non avrebbe imparato niente. Di fronte a certi padri perfetti, ad essere sbagliati sono sempre e solamente i figli. Anche per questo vale la pena vivere: per stramaledire padri, padrieterni e patrie con tutti gli imbecilli che vomitano le loro menzogne in persone che vorrebbero una vita diversa. E che nella più rosea delle ipotesi, se si accorgono di aver sbagliato, pensano di risolvere tutto chiedendo scusa - arrivederci e grazie. Ipocriti! Le uniche scuse che valgono sono quelle che riparano e che restituiscono le possibilità negate dalla menzogna e dalla consuetudine, dal matrimonio e dalla famiglia. Se non riparano e non restituiscono, le vostre scuse… tenetevele, insieme ai vostri auguri. E così sia.
Ormai da qualche settimana la città e i negozi si sono riempiti di addobbi: si avvicina la fatidica festa di fine anno e ripesco con piacere nel bagaglio dei ricordi un aneddoto che vi racconto e che credo di non aver vissuto solo io, da insegnante.
Una volta, molti anni fa - consumavo le mie prime esperienze alla scuola dell'infanzia - chiesi ai bambini quale festa fosse più importante: Pasqua o Natale? Senza dubbio alcuno, essi risposero: il Natale. Io li guardai e ne chiesi il motivo. La risposta: perché le vacanze sono più lunghe!
Devo aggiungere che apprezzo anch'io le vacanze natalizie per la loro lunghezza. Non ho addobbato ad hoc la casa ma ho accumulato una riserva di libri che conto di consumare in questi giorni di necessaria tranquillità.
Confesso di aver accompagnato mia mamma a visitare il villaggio di Natale allestito presso il Dolomiti Garden, di cui riporto qualche scatto.
L'ambientazione ricorda molto i personaggi dello Schiaccianoci, la fiaba di E.T.A. Hoffmann che ha ispirato l'omonimo balletto di Tchaikovskij.
Vi ricordate la storia di Clara e del Principe Schiaccianoci che nella magia della notte di Natale prende vita e sconfigge il re dei topi?
Ancora...
... e ancora:
Non manca una concessione al Natale cristiano, con un ricco presepe.
Sono giorni, questi, che varie culture hanno caricato nel corso dei secoli di significati e di celebrazioni, di riti di rinascita e inni alla luce. Mentre scrivo, guardo l'orologio e mi accorgo che da poco è passato il solstizio d'inverno, previsto per il 21 dicembre 2024 alle 10:21.
Io non voglio formulare auguri o prodigarmi in sermoni nichilisti o terzomondisti o che altro ne so. Al Natale ho smesso di credere da tempo e auguro a me stesso di non ricevere auguri che non desidero, non leggo, non pubblico e ai quali non risponderò. A chi passa in quest'angolino dimenticato del web, lascio il seguente messaggio (da un mio recente stato di whatsapp) ...
... e se proprio volete farmi un regalo, cogliete l'occasione per acquistare il mio libro, leggerlo ed offrirlo in dono, confezionato in un elegante pacchetto col nastro e il fiocchetto. Farete sicuramente felice l'autore e spero anche eventuali lettori.
Intanto questa vecchia decorazione scandinava mi ispira, come ogni anno, una bella lezione di termodinamica...
Il confronto con le conoscenze scientifiche richiederebbe non solo un approccio teorico, con le lezioni in aula, i libri di testo, gli articoli di approfondimento e i necessari momenti di verifica dell'apprendimento; esige anche una parte pratica, comprendente sia lo sviluppo della capacità di osservare la Natura di cui facciamo parte, di descriverne e classificarne i fenomeni, sia l'attività di laboratorio.
Non sempre le nostre scuole dispongono di un locale adeguato a tale attività, ma credo che qualche piccola attività sia proponibile anche in una piccola aula di scienze, dotata degli strumenti più elementari e almeno di un lavandino e di un aspiratore.
Vi racconto qualche osservazione che ho svolto recentemente con i miei discenti: tralascio i primi due esperimenti sulle proprietà dell'acqua e riporto qualche osservazione su elementi, composti e reazioni.
Esperimento 3: osservazione di alcuni elementi.
Ferro: tipico elemento metallico, lucente, grigio, conduttore e lavorabile. Particolarità: mostra proprietà magnetiche (è attirato dalla calamita).
Mercurio: unico metallo liquido, lucente, grigio, conduttore. Particolarità: densità elevata: "pesa" 13,6 volte più dell'acqua.
Zolfo: tipico elemento non metallico, opaco, giallo, isolante, fragile. Particolarità: presenta un odore riconoscibile. I suoi composti puzzano alquanto... ne abbiamo detto QUI e altrove sul blog.
Esperimento 4: Miscuglio e combinazione. Sintesi di un composto binario.
Metto in una provetta una piccola quantità di ferro in polvere.
Aggiungo zolfo e mescolo, scuotendo la provetta. Si forma un miscuglio. Posso ancora separare il ferro dallo zolfo usando la calamita, che attrae il primo e non il secondo.
Scaldo la provetta contenente il miscuglio con una fiamma a gas: il miscuglio si arrossa, diventa incandescente.
Sospendo il riscaldamento e lascio raffreddare: si è formato un solido grigio che non è attirato dalla calamita. Il ferro si è combinato con lo zolfo per formare solfuro di ferro, un composto che non ha le proprietà del ferro e le proprietà dello zolfo, ma nuove proprietà, diverse da quelle dei singoli elementi che lo formano.
Esperimento 5: Preparazione di una soluzione acquosa di solfato di rame.
Con una spatola in acciaio si preleva una piccola quantità di solfato di rame anidro e la si pone in una beuta. Osservando la sostanza, si presenta come una polvere bianca.
Aggiungendo acqua, si forma una soluzione di colore blu, dovuta alla formazione dell'acquo-ione. La reazione è esotermica, come si avverte semplicemente toccando il vetro della beuta.
La soluzione è conservata per realizzare gli esperimenti successivi.
Esperimento 6: Precipitazione del carbonato basico di rame.
Ad un'aliquota di soluzione di solfato di rame è gocciolata una soluzione acquosa di carbonato di sodio. Avviene una reazione di doppio scambio, con formazione di solfato di sodio e di carbonato basico di rame - che, essendo insolubile, precipita sotto forma di polvere azzurra, successivamente separata dalla soluzione contenente solfato di sodio per filtrazione a gravità.
Esperimento 7: Precipitazione dell'idrossido di rame.
Aggiungendo goccia a goccia una soluzione di NaOH 1M a un'aliquota di soluzione di solfato di rame, precipita una massa gelatinosa di idrossido di rame, mentre rimane in soluzione il solfato di sodio.
Riscaldando a bagnomaria la provetta contenente il precipitato, si forma un solido nero: l'idrossido si disidrata e diventa ossido rameico.
Osservate nella foto il confronto tra l'ossido rameico (nero) e l'ossido rameoso (arancione), ottenuto eseguendo il saggio di Fehling - Benedict per il riconoscimento del glucosio.
Queste attività le ho pensate ispirandomi al manuale di istruzioni del vecchio "Piccolo chimico", gioco oggi considerato da terroristi ma presente nell'infanzia di molti bambini che delle scienze hanno fatto una professione da adulti.
Si avvicinano grandi feste: pensate bene a che cosa regalare... e se avete dubbi, c'è sempre il mio libro: Incoscienze naturali, ed. La Bussola!
La data di oggi mi fa pensare a Bach e a Das wohltemperierteklavier, opera in due libri, ciascuno dei quali contiene 12 preludi e fughe in tutte le tonalità maggiori e 12 preludi e fughe in tutte le tonalità minori, per un totale di 24 preludi e fughe per libro. Si tratta di 48 brani in tutto.
Il celebre primo preludio del primo libro ha ispirato a Gounod l'altrettanto celeberrima Ave Maria - e un pensiero mariano ci sta tutto, vista la ricorrenza della Guadalupana.
La seconda fuga, sempre dal primo libro, è stata cantata da Mina in un gustoso duetto con il flauto di Severino Gazzelloni.
Molti altri brani sono stati trascritti per vari organici da diversi autori: ricordo con piacere le trascrizioni di Mozart, per archi, ma non credo di proporre un altro video. Intanto, composizioni analoghe sono state scritte da molti compositori, dai 24 preludi di Chopin a Ludus tonalis di Hindemith.
Le prime nevicate sulle montagne annunciano l'avvicinarsi del solstizio d'inverno, di Hanukkah, del Natale, del sole invitto o di quale altra festa vi aggradi. Intanto in tv cominciano le pubblicità con renne, babbi natale, famigliole felici e quant'altro. Mi arrivano inviti a concerti e a vedere presepi, ai quali non rispondo - se non un grazie collettivo, hic et nunc - e non corrispondo.
Natale è per me sempre una ricorrenza triste, come per me sono tristi i mesi di dicembre e di luglio di ogni anno. Vorrei che diventassero giorni utili per rivedere gli amici lontani e invece sono lunghi momenti vuoti che la solita ipocrisia moralista borghese di stampo un po' cattolicheggiante vorrebbe riempire di famiglia, di auguri, di bei gesti di facciata, di bambinelli, di zampogne e di tanta altra zavorra indigeribile - come i cenoni vari - alla quale voglio poter rinunciare.
Libri: quelli mi aspettano, per fortuna. Tanti da leggere e un paio da finir di scrivere. E il cellulare? Lo guarderò un paio di volte al dì. Non di più. Non mandatemi auguri, non risponderò. Troviamoci per un'ombra, se vi va: un brulé o una cioccolata e due chiacchiere in compagnia. Ma "a te e famiglia" ... me e ve lo risparmio volentieri.
E intanto il capodanno segnerà l'inizio della fine di un incubo: nel 2025 compirò infatti la bellezza di 46 anni, in cui tuttavia non ho realizzato nessuno dei miei progetti e mi sono logorato per non realizzare quelli che altri avevano deciso per me. Al di là degli astrologi che profetizzano l'anno del cambiamento, io non credo che cambierà poi molto per me e se qualcosa cambierà sarà sicuramente in peggio. Forse tornerò a credere in qualcosa o in qualcuno solo il giorno in cui diventerò farmacista in qualche ospedale missionario. Forse.
Ieri sera ho seguito con molto piacere la trasmissione integrale dell'opera La forza del destino, composta da Giuseppe Verdi nel 1862 e rappresentata quest'anno alla Scala per la Prima di Sant'Ambrogio.
Glisso volentieri sul letame, sui soliti manifestanti, sulla rassegna dei vestiti belli e dei vari scongiuri esibiti e visti in televisione - prima, durante e dopo lo spettacolo. Biasimo i fischi ad una grandissima Anna Netrebko, voce straordinaria, di raro cuore e profonda intelligenza, tra le poche oggi che possano permettersi di sostenere l'impegnativo ruolo di Leonora, eroina dell'opera.
I temi che attraversano i quattro atti sono molto attuali - oserei dire quasi eterni: il patriarcato, incarnato dal Marchese di Salamanca, ucciso accidentalmente all'inizio dell'opera; l'amore, ostacolato dalle differenze sociali ed etniche; il razzismo verso don Alvaro, di origine sudamericana, che deve fuggire dalla sete di vendetta insieme a Leonora; la violenza di Don Carlo, che non cede ai suoi propositi nemmeno in punto di morte. E la guerra, che di atto in atto attraversa i secoli per giungere fino ai nostri giorni: ad essa si contrappone il conforto della religione.
Della Sinfonia avevo già detto QUI: in essa sono ripresi i temi portanti dell'opera e contribuisce ad introdurre lo spettatore al clima drammatico dell'intera rappresentazione.
La dolce invocazione alla Vergine degli Angeli che chiude il secondo atto (sopra, in un video che ho ripreso con lo smartphone) e il toccante solo del clarinetto che introduce il terzo stridono con la crudezza delle ambientazioni, con quei reticolati che richiamano le trincee della Grande Guerra.
D'altronde, il librettista porta il nome di Francesco Maria Piave. Eccoci nell'impeto della battaglia, dove spagnoli e italiani sono alleati contro i tedeschi (e gli austriaci...):
E ancora...
Nel quarto atto, l'ambientazione si colloca in un'epoca più vicina a noi, con i soldati in mimetica e giubbotto antiproiettile.
E don Carlo giunge ad esigere soddisfazione da Don Alvaro, che nel frattempo ha indossato il saio assumendo il nome di Padre Raffaele.
Nel duello finale, Alvaro ferisce mortalmente Carlo. Giunge Leonora, invocando il dono della pace: quel dono che invochiamo tutti, nei nostri cuori, nelle nostre case e nel mondo intero.
Abbracciando il fratello ferito, Leonora viene da lui tradita e accoltellata. Ella muore tra le braccia di Alvaro, sotto lo sguardo orante del Padre Guardiano. Gli ultimi accordi, eseguiti dagli archi e dai legni nel registro acuto, affermano la tonalità di La bemolle maggiore: un raggio di luce dal paradiso fa germogliare la speranza di quella pace tanto desiderata. L'ultima parola: ... Dio!
28 novembre 2024: settantesimo anniversario della morte di Enrico Fermi (1901-1954), celebrato in televisione da un documentario che ne ha ripercorso la vita e le scoperte principali: dagli studi di spettroscopia alla radioattività, dalla teoria del decadimento beta agli esperimenti con i neutroni lenti (sotto, il cannone a neutroni), dalla pila atomica agli studi sui raggi cosmici.
In mezzo ci sono la laurea a 21 anni alla Normale di Pisa, l'affiliazione alla Massoneria (omessa in molte biografie, tranne che nel capitolo dedicatogli nell'interessante volume "Massoni da Nobel", curato da Iacovino-Greco e pubblicato per i tipi di Mimesis Edizioni nel 2021), la prima cattedra di fisica teorica a Roma, il matrimonio con Laura Capon, il gruppo dei ragazzi di via Panisperna, i finanziamenti negati, il premio Nobel nel 1938, la fuga negli USA, la partecipazione al progetto Manhattan, fino alla diagnosi di cancro allo stomaco.
Il 2 dicembre 1942, a Chicago, cominciava l'Era atomica: sotto le gradinate dello stadio entrava in funzione il primo reattore, che per poco meno di mezz'ora ha liberato energia dalla fissione dei nuclei dell'uranio.
Gli esperimenti che portarono a questo risultato iniziarono a Roma, nel 1934, sulla scorta della scoperta del neutrone da parte di Chadwick e delle osservazioni dei coniugi Joliot-Curie a Parigi intorno alla possibilità di ottenere artificialmente elementi radioattivi. Come sia andata finire, è cosa nota...
L'ultimo pensiero, in questo post, è per Nihon Hidankyo, la confederazione giapponese delle organizzazioni delle vittime della bomba atomica e delle bombe all'idrogeno, alla quale è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace 2024 per l'impegno a favore di un mondo libero dalle armi nucleari.