venerdì 4 settembre 2020

Schweitzer e il rispetto per la Vita

Il 4 settembre 1965 è morto a Lambarené (Gabon) il grande Albert Schweitzer: musicista, filosofo, teologo, medico, filantropo, premio Nobel per la Pace 1953. 

Nato in un piccolo paese alsaziano novant'anni prima, mostrò fin da piccolo una notevole inclinazione per la musica: a cinque anni si accostò alla tastiera. 

Fu clavicembalista, pianista e organista: Charles Marie Widor gli fece conoscere e amare la musica di Bach - autore al quale dedicò una monografia ed edizioni critiche delle sue opere, tra le quali la celeberrima "toccata e fuga in re minore BWV 565". 

Si dedicò agli studi di filosofia e di teologia, ricercando una nuova via, diversa da quella tracciata da Kant, alla quale si rifacevano i suoi maestri e gli autori a lui contemporanei. Divenne pastore e libero docente di teologia. Aveva tutto quel che desiderava: una posizione, un lavoro, la stima dei colleghi e l'ammirazione di molti per la sua attività musicale e pubblicistica. 

A circa trent'anni d'età, la lettura di un bollettino missionario lo folgorò... 

In otto anni, dal 1905 al 1913, Schweitzer compì gli studi di medicina specializzandosi in malattie tropicali. Durante gli anni di studio conobbe la futura moglie e con lei partì per il Gabon, allora una colonia francese. 

A Lambarené, nel vecchio pollaio di una missione, allestì il suo ambulatorio: visitava, prescriveva e distribuiva medicinali e operava. 

Fu proprio la riuscita di una difficile operazione su di un'ernia strozzata che gli guadagnò la fiducia delle genti alle quali offriva il suo servizio come medico: l'Oganga (= stregone) bianco aveva un coltello che guariva molti mali. Successivamente organizzò un ospedale nella giungla, costruito come un villaggio, dove uomini e animali convivevano: il rispetto per la vita in tutte le sue forme.

In quanto tedesco di origine, durante la Grande Guerra gli fu impedito di esercitare la medicina e fu dichiarato prigioniero. Tornò in Europa e solo dopo la fine dell'inutile strage riprese la sua attività missionaria. L'ospedale, abbandonato, era crollato: tutto doveva essere ricostruito. I finanziamenti? Musica, concerti, conferenze in Europa: e poi di nuovo in Africa a visitare e operare.

Gli amici gli regalarono un pianoforte costruito in modo da resistere al clima umido della giungla: così poteva continuare a studiare anche musica... quando il gatto glielo permetteva!

Con i proventi del premio Nobel costruì il lebbrosario per accogliere i malati del morbo di Hansen, che in Europa si sente nominare solo se si va in chiesa e si ascolta qualche passo del vangelo dove Gesù concede la grazia della guarigione a persone sfigurate da un male orribile ed emarginate dalla società: la lebbra.

Nessun commento:

Posta un commento