Ricorre oggi, 23 febbraio 2021, il bicentenario della morte di John Keats (1795-1821). Tale ricorrenza merita di essere celebrata sia dal mondo letterario sia da quello medico. Di lui, da liceali, avremo sicuramente letto "L'ode su un'urna greca":
Keats nacque a Londra da una famiglia modesta e scoprì la sua vocazione letteraria nell'adolescenza. Fu assistente medico al Guy Hospital, dove però non riuscì ad appassionarsi alla professione, che abbandonò nel 1817 per dedicarsi completamente alla poesia.
Dopo un anno creativo assai fortunato (1819), un rapido declino fisico lo costrinse a lasciare Londra e trascorse a Roma i suoi ultimi mesi alla ricerca di sollievo dalla malattia che lo stava uccidendo: la tubercolosi.
Il medico che lo prese in carico fu Sir James Clark (1788-1870) che, durante un soggiorno a Parigi nel 1819, era diventato un precoce e convinto sostenitore dello stetoscopio di Laennec. Sicuramente ne ha portato una versione a Roma e molto probabilmente l'ha usata per auscultare i polmoni di Keats. Ciò non è stato sufficiente per impedire la morte del giovane poeta, avvenuta nel suo alloggio a Piazza di Spagna (26).
Keats fu tumulato in una tomba senza nome nel cimitero acattolico di Roma, con il seguente epitaffio:
Nondimeno, Keats divenne uno strumento inconsapevole e sfortunato per quel primo passo diagnostico in avanti nella titanica lotta medica contro la consunzione. Come affermò Clark nel 1820, difendendo lo stetoscopio dalla critica: "Conoscere la natura e l'estensione di una malattia è sicuramente il primo passo nel nostro progresso verso l'adozione di mezzi razionali di cura".
FONTE: articolo di Luca Borghi.
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