Quando si dice "Marghera", risuona quella "r" così caratteristica e inconfondibile che è impossibile da dimenticare, per chi l'ha udita almeno una volta: e io l'ho udita ben più di una volta, quella "r", anche in parole amorevolmente veneziane, come "spritz" (o meglio "spriss") e il classico intercalare "ghesboro".
Quando si legge "Marghera", normalmente è per qualche avvenimento connesso alla centenaria zona industriale, della quale molto è stato scritto e sulla quale non mi dilungo: come ogni luogo, anche Marghera ha i suoi poeti, i suoi cantastorie, i suoi fotografi, i suoi storici locali, i suoi studiosi, le sue leggende.
Ho letto in questi giorni il romanzo "Cracking" di Gianfranco Bettin, sociologo noto per i suoi studi e le sue pubblicazioni: è un'opera recente, pubblicata da Mondadori.
Al di là della storia, dei personaggi, delle descrizioni, delle ambientazioni su cui non mi dilungo (lascio al lettore il piacere di scoprire il romanzo, che si legge tutto d'un fiato) ho apprezzato molto il riferimento calcistico a Ivano Bordon - portiere dell'Inter e secondo di Zoff ai mondiali dell'82.
Vi regalo la foto di una pagina (che l'autore mi perdoni): quella dove è evocato l'impianto del Cracking per l'etilene, cuore del petrolchimico a partire dagli Anni Settanta e - per l'epoca - qualcosa di grandioso e di avveniristico.
Quei "pomodori", insieme alle "panoce" e alla "marijuana" sono evocati nel ritornello delle celebre canzone dedicata alla località veneziana dai Pitura Freska: Marghera sensa fabriche sarie pi sana...
L'ultimo pensiero va a un ricordo personale - molto personale - che ci sposta nel tempo a circa vent'anni fa e nello spazio in piazza Campedel a Belluno, presso il tavolino di uno dei tanti bar (ricordo bene quale, ma non importa).
Ero intento a sorseggiare un caffè con una ragazza con cui mi vedevo allora, studentessa universitaria impegnata in un percorso di tipo tecnico, la quale mi raccontava che la settimana successiva sarebbe andata in visita al Cracking di Marghera come "viaggio d'istruzione" per il corso che stava seguendo.
La cosa mi sorprese tanto (e anche per questo ricordo particolarmente l'episodio): come si poteva andare in "gita" in un posto simile? Preciso che allora, mentre cercavo di purgarmi da una certa visione delle scienze inculcatami negli anni del liceo, ero impegnato in studi filosofici e teologici: mai avrei immaginato che - molti anni dopo - mi sarei brillantemente laureato in Chimica e che in "gita" a visitare un impianto industriale ci sarei andato pure io (non il Cracking, però), animato da curiosità e rinnovato interesse per il mondo degli atomi, delle molecole e dei catalizzatori - mondo che si rivelò essere ben diverso da quello predicato nel nulla della città di provincia.
Quella fu l'ultima volta che la vidi - specie dopo che il prosieguo del discorso, il quale si era spostato dalla gita al Cracking ad argomenti come matrimonio e quant'altro.
Fu un vero cracking di un rapporto che mi rese leggero, come l'etilene che si libera quando la virgin-naphta è riscaldata a 900°C per una frazione di secondo, poi raffreddata per subire un lungo e complicato processo di separazione in quella selva di tubi e di colonne che ammirate nella penultima foto sopra - mentre l'ultima è un'immagine aerea opera del caro amico Nicola.
Il mio cracking è stato assai più semplice, anche se a quella ragazza - ormai donna - auguro di cuore tutto il bene e la felicità che desidera.
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