mercoledì 17 marzo 2021

Per aspera ad astra...zeneca

Una settimana fa, a quest'ora, ero di ritorno da Paludi, la località dove ho un team di sanitari inoculava, in modalità drive-in, la prima dose di vaccino Astrazeneca agli insegnanti. Si: ho ricevuto anch'io la prima dose di quel vaccino - di produzione inglese - che nei giorni seguenti è salito alla ribalta delle cronache e poi è stato sospeso per una decisione calata dall'alto.

Sono onesto: non mi sono preoccupato. Da principio, ho avuto una gran fame; il giorno seguente ho sofferto di un leggero mal di testa, ho avuto un po' di febbricola per qualche ora e dolore agli arti superiori - e questo fino a venerdì. Sabato ero come nuovo (o quasi). Ora rimango in attesa del tempo della seconda dose e intanto lavoro in DAD.

Ho letto con molto senso critico le pubblicazioni di quei divulgatori scientifici (alcuni eccellentissimi comunicatori ma senza formazione scientifica) che invocano i dati per aprire un dibattito pubblico sul vaccino e sui suoi possibili effetti collaterali, come se la virologia, l'immunologia e la farmacologia fossero materie sulle quali possa esprimersi chiunque con competenza e cognizione. 

Ho invece ascoltato, con molta umiltà, le pacate posizioni di autorevoli medici e ricercatori che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare durante questi mesi: tra costoro ricordo la dottoressa Capua e i professori Galli, Palù e Crisanti - le cui dichiarazioni sono riprese da Adkronos QUI.

In particolare, il Prof. Andrea Crisanti ha svolto la sua carriera all'estero (all'Imperial College); è rientrato in Italia per salire sulla cattedra di Microbiologia all'Università di Padova

Per la sua progressione di carriera ha ottenuto risultati in un campo difficile come quello per la lotta alla Malaria - condotta mediante la lotta alla zanzara - vettore del plasmodium: per questo qualcuno lo ha soprannominato "zanzarologo". 

Crisanti, a proposito del Covid, è stato libero di parlare senza compiacere alcuno: a carriera consolidata, non ha nulla da temere. E in questa emergenza, è uno dei pochi - forse l'unico - a non aver scritto ancora un libro "commerciale". Spero tuttavia che lo faccia in seguito: lo acquisterei e lo leggerei volentieri.

QUI possiamo leggere intanto, in vari articoli, come il professore dell’Imperial College abbia diretto nel 2018 uno studio, i risultati del quale sono stati pubblicati poi sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, che dimostra la possibilità di influenzare il gene che decide se dall’uovo di zanzara si svilupperà un innocuo maschio o una femmina capace di pungere e diffondere la malaria e altre malattie:

«Si chiama doublesex e potrebbe essere il tallone d’Achille di tutti gli insetti nocivi». Colpendo questo punto debole i maschi restano sani, ma le femmine sviluppano tratti ambigui. Senza femmine fertili, la riproduzione si ferma e addio malaria. 

Ricordiamo che nelle sere d'estate, il fastidioso ronzio delle zanzare al tramonto corrisponde al volo nuziale e al breve accoppiamento. La zanzara femmina abbisogna di un pasto ricco di proteine, necessarie alla maturazione delle uova prima della deposizione nelle acque stagnanti. Tali proteine le assume suggendo il sangue a qualche mammifero, uomo compreso: ed è in questo momento che, pungendo per mangiare, inocula il patogeno nell'ospite. 

La ricerca aveva l’obiettivo ultimo di liberare il mondo dalla malaria (oltre quattrocentomila morti all'anno solo nell'Africa sub-sahariana), ma la medesima strategia potrebbe funzionare anche contro zika, dengue, febbre gialla: malattie diffuse principalmente nei paesi tropicali che negli ultimi anni sono diventate "importanti" anche per noi (vista la facilità di viaggiare dall'Europa all'Africa o al Sudamerica). Qualche spunto di riflessione in merito lo troviamo QUI.

I «drive» sono elementi genetici in grado di copiarsi da soli. Usandoli, Crisanti è riuscito a favorire l’ereditarietà del gene antimalarico trasmettendolo a tutti i nuovi nati, anziché solo a una parte di loro come vorrebbe la legge di Mendel.

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