1° gennaio 2023, cinquantaseiesima Giornata mondiale della Pace.
Tutto il mondo ha bisogno di questo dono unico: la Pace. Si vis pacem, para bellum: così potrebbe rispondermi qualcuno, che godrebbe all'idea di un conflitto armato nel quale a morire per tutti sono sempre gli altri. No: nessuno deve morire con le armi in pugno. Non ne vale la pena. Per costruire la Pace, altre sono le strade, come gli europei dovrebbero (forse) aver compreso dalla fine della Seconda Guerra mondiale in poi.
Pace non significa solo assenza di conflitti: significa imparare e condividere uno stile di vita improntato alla sobrietà, all'armonia con la Natura e gli altri esseri che popolano la Terra, casa comune di tutte le specie viventi note e ancora da scoprire; pertanto, non esclusiva di Homo.
Il desiderio della Pace universale trascende gli accordi diplomatici - ardui da raggiungere, in certe situazioni, il rispetto dei confini e il cessate le armi: tale desiderio esige un impegno da parte di tutti, un'educazione alla sobrietà, un ritorno ad abitare quei territori che non possono essere abbandonati, un rispetto dei cicli vitali, una rinuncia all'ipertecnicismo ultrainvasivo e alla volontà di meccanizzare non solo la vita umana ma anche il corpo, un rifiuto della seduzione che ci porta a pensare un falso benessere basato sul controllo di ogni aspetto della nostra vita da parte di dispositivi elettronici sempre più sofisticati.
L'Agnus Dei della Missa Solemnis op. 123 di Beethoven, il cui ascolto propongo all'inizio del post, rappresenta molto bene la condizione dell'Uomo di ogni tempo: nell'invocazione iniziale, con la scelta del modo minore e l'incedere grave, traspare la miseria della sua esistenza, quella miseria che fu descritta da Pascal con l'immagine della fragile canna che oscilla qua e là spinta dal vento e può piegarsi e spezzarsi.
Il pensiero racchiude la dignità nostra, ma da solo non basta se è soffocato nella povertà, nei tradizionalismi, nelle ideologie, nelle consuetudini.
L'invocazione del dono della Pace anima il discorso musicale: coro e orchestra si intrecciano in solenni polifonie, ma sul finire del pezzo le voci risolvono sempre con una cadenza d'inganno (che equivale un po' ai punti di sospensione nel linguaggio verbale) e tocca agli strumenti condurre il discorso musicale all'accordo di tonica conclusivo (cioè al punto che chiude la frase).
Ricordo una vecchia intervista a Claudio Scimone, il grande direttore dei Solisti Veneti, che spiegando proprio questa scelta di Beethoven sottolineava come il coro, rappresentante del genere umano, invochi in crescendo il dono della pace: ma la cadenza d'inganno lascia aperta la risposta. Come dire: invochiamo il dono della pace ma da soli non sappiamo se mai potremo averla. E intanto, in lontananza, echeggiano minacciose le trombe: segnali militari di un esercito che avanza oppure annuncio del giudizio di Dio ormai prossimo?
L'esecuzione, nel video, è diretta da Nikolaus Harnoncourt: eseguono la Royal Concertgebouw Orchestra e il Netherlands Radio Choir, con i solisti Marlis Petersen, Elisabeth Kulman, Werner Güra e Gerald Finley. La registrazione risale al 2012, presso il Concertgebouw di Amsterdam.
Buon 2023 a tutti, che sia bello come lo desiderate!
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