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giovedì 22 agosto 2024

Una lettura estiva... terra-terra!

 Tra i libri che ho letto nei giorni scorsi, voglio ricordare il seguente: 

Guardando la copertina, con quel "Viandante sul mare di nebbia" di Caspar David Friedrich (1774-1840), mi piace pensare ad Humboldt tra le Ande mentre contempla da lontano il Chimborazo... tuttavia, prima di suscitare le ire degli storici dell'arte, ricordo che il pittore certamente non voleva rappresentare quello. 

Tornando al volume, dico: peccato che non si trovi più in commercio e che me lo sia procurato nel mercato dell'usato, grazie a mio fratello e alla sua abilità di internauta. Chissà che non sia ripubblicato nel 2026, anno che segna il terzo centenario dalla nascita del protagonista, uno dei padri della moderna geologia: James Hutton (1726-1797). 

La biografia del personaggio è piuttosto semplice: nato in una famiglia benestante, rimasto orfano di  padre, poté comunque studiare e conseguire il baccalaureato all'Università di Edimburgo e la laurea in medicina a Leida - dove il grande Hermann Boheraave (1688-1738) aveva fondato una scuola di rinomanza transcontinentale, tanto da essere noto nella lontana Cina come il medico dell'Europa.

Ritornato in Scozia, perfezionò un metodo per produrre il sal ammoniaco a partire dalla fuliggine. Il sal ammoniaco o cloruro di ammonio (sale di ammonio dell'acido cloridrico) era utilizzato al tempo in metallurgia come fondente, dai fabbri nella saldatura e in medicina a piccole dosi (da 0.2 a max 1 g, oltre è tossico) come espettorante e acidificante delle urine. Era ottenuto bruciando lo sterco di cammello o distillando l'urina putrida con sale marino e così fino all'avvento dell'industria del gas illuminante; vicino ai vulcani attivi (come nei Campi Flegrei) si poteva recuperare presso le fumarole, ove si forma per sublimazione.

Hutton realizzò il suo metodo su scala industriale insieme a un collaboratore: questo gli garantì delle rendite che reinvestì acquistando un podere. Egli lo fece quindi coltivare apportando una serie di miglioramenti all'agricoltura tradizionale: divenne così un gentiluomo di campagna con tanto tempo a disposizione da investire nello studio sperimentale della chimica e della mineralogia

Condivideva le osservazioni con i grandi esponenti dell'Illuminismo scozzese: Joseph Black, James Watt, Adam Smith, William Cullen e altri; forse anche con il filosofo David Hume, di cui Black era medico personale.

Invitato ad esporre i risultati delle sue ricerche di fronte al pubblico, elaborò una "Teoria della Terra" che superava le tesi nettuniste di Werner e l'idea di un pianeta di soli seimila anni creato da Dio il 23 ottobre 4004 a.C. alle ore 12.00, come aveva calcolato l'arcivescovo James Ussher qualche decennio prima.

Le sue teorie suscitarono scalpore e negli anni a venire furono attaccate dai nettunisti; sopravvissero grazie a un'opera divulgativa redatta dall'amico matematico John Playfair (1748-1819), Illustrazione della teoria huttoniana della Terra. Infine, furono riprese da Charles Lyell (1797-1895) nei suoi "Principi di geologia" e quindi da Darwin. In Italia furono divulgate dal mineralogista Scipione Breislak (1750-1826) e quindi dal bassanese Giovanni Battista Brocchi (1772-1826), uno dei fondatori della paleontologia.

1826: un anno che ritorna più e più volte in questo breve sommario di una delle mie letture estive. Chissà che il 2026 non costituisca l'occasione per celebrare quale centenario e rilanciare ulteriormente lo studio delle Scienze della Terra

sabato 28 settembre 2019

LA PRIMA LEZIONE

Ho cominciato il mio annuale ciclo di lezioni all'Università degli Anziani-Adulti di Belluno: intorno alla chimica del vivente.

Ho dedicato la prima lezione alla tavola periodica e ai suoi 150 anni, mostrando come nel suo sviluppo convergano molti contributi.

Il cammino che ha condotto alla celebre tavola, quasi un'icona della Chimica contemporanea, parte da molto lontano: per me risale ancora a Talete e alla ricerca dell'arché, il principio originante. Al grande filosofo milesio seguirono i suoi allievi, Anassimene e Anassimandro, e altri autori. 

Il pensiero di Aristotele presenta acqua, aria, fuoco e terra come gli elementi che risultano dalla combinazione di  quattro qualità: caldo, freddo, secco ed umido
Ai quattro elementi lo Stagirita ne aggiunge un quinto, l'etere, che riempirebbe i cieli, dimora delle divinità: l'etere fu l'ultimo elemento di Aristotele ad essere detronizzato, alla fine del XIX secolo.

Gli altri quattro furono demoliti qualche secolo prima, a partire dal Rinascimento, epoca nella quale grandi spiriti solitari (e assai audaci) osarono sfidare l'autorità degli antichi: Paracelso, medico svizzero, bruciò i libri di Galeno in piazza e presentò tre elementi fondamentali (sale, zolfo, mercurio) al posto di quelli aristotelici.

A metà del  XVII secolo, Robert Boyle, figlio del pragmatismo inglese, porrà in dialogo gli aristotelici con i paracelsiani nella sua opera più celebre, "Il chimico scettico", riconoscendo l'esperimento come l'unica autorità nel campo scientifico anche nella nascente chimica.

Gli esperimenti riempivano le giornate dei filosofi naturalisti, come Black, Hales, Priestley e Lavoisier. A quest'ultimo dobbiamo una classificazione degli elementi in metalli e non metalli, in base alla capacità di combinarsi con l'ossigeno per formare alcali o acidi. 
Da buon figlio dell'Illuminismo, Lavoisier cercava di collocare ogni oggetto al suo posto secondo i disegni di una mente ordinatrice in grado di indicare ogni oggetto con il nome più appropriato: la scienza è una lingua ben fatta - scriveva Condillac nella sua Logica.

Importante è il contributo del tedesco Dobereiner che compì una serie di determinazioni qualitative, rilevando la legge delle triadi: dall'ordine degli oggetti emerge un refrain, che si ripresenta, come il divenire secondo Hegel, nel suo susseguirsi di tesi (metallo), antitesi (non metallo) e sintesi (del composto). Da ricordare che Dobereiner insegnava chimica a Jena e, nonostante l'impostazione pratica del suo insegnamento, sicuramente ha risentito dell'humus culturale dei grandi idealisti tedeschi che in quell'università si avvicendavano nel ricoprire le cattedre di filologia e di metafisica.

Nel 1865, oltre il Canal della Manica, il chimico John Newlands osservò che gli elementi stavano in rapporto di ottava - come le note sulla tastiera del pianoforte - e pubblicò le sue osservazioni in una paginetta che gli guadagnò il biasimo della comunità scientifica britannica (la quale dovette ricredersi dopo la pubblicazione del lavoro di Mendeleev).



Nella lontana San Pietroburgo, Dmitri Mendeleev si accingeva a dare alle stampe il testo per il suo corso di chimica: era la primavera del 1869. Forte delle osservazioni degli autori precedenti e di una sua spiccata passione per il gioco del solitario, il geniale chimico russo compose un mosaico con le tessere che riportavano gli elementi noti al tempo, riconoscendo una certa periodicità di alcune proprietà fisiche (densità, punto di fusione) e chimiche (formule di ossidi e di cloruri). Egli dispose gli elementi in ordine crescente di peso, incolonnò quelli che mostravano le medesime proprietà e lasciò degli spazi vuoti per elementi che sarebbero stati scoperti in futuro, confermando le capacità predittive del suo sistema periodico. Qualcosa di simile fece anche Meyer, in Germania, nello stesso periodo. 


Da che cosa dipendono le proprietà degli elementi? Oggi possiamo rispondere con una certa sicumera: dalla disposizione degli elettroni attorno al nucleo atomico - e in particolare degli elettroni di valenza. Toccò a Glenn Seaborg ridisegnare la tavola periodica di Mendeleev nella versione grafica attuale: lo stesso Seaborg arricchì la tavola di nuovi elementi non esistenti in natura ma fabbricati in laboratorio - alcuni da lui stesso scoperti.