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lunedì 1 marzo 2021

Appunti sull'acetilene

L'acetilene (o meglio: etino, seconda la IUPAC), con formula C2H2, rappresenta il termine più semplice degli alchini, famiglia di idrocarburi che presentano almeno un triplo legame tra due atomi di carbonio contigui.

L'acetilene fu ottenuto da Berthelot nel 1859 scoccando l'arco voltaico tra due elettrodi di carbone in atmosfera di idrogeno purissimo; e da Wohler per reazione del carburo di calcio con acqua nel 1862, secondo un metodo che sarà poi sfruttato su scala industriale e anche nel funzionamento delle lampade a carburo, usate da minatori e da speleologi, apprezzate per la fiamma luminosissima e calda.

Nel video sottostante, la fiamma dell'assorbimento atomico è (in questo caso) alimentata da acetilene: il colore verde è dovuto all'aggiunta del cloruro di lantanio, necessario per il tipo di operazione che gli operatori (cioè noi, studenti di allora...) stavano conducendo. 

Nota: è stata l'unica volta che ho usato l'acetilene in vita mia (e non in modo autonomo, ma guidato dalle docenti di laboratorio) e me ne guardo bene dall'averci ancora a che vedere. Dico questo per biasimare l'incoscienza con cui certi youtuber si mettano a fabbricarlo in barattoli improvvisati ed estremamente pericolosi. Miei lettori, voi non fatelo: vogliatevi bene.

Industrialmente, l'acetilene si rinviene nei prodotti di steam cracking condotti in condizioni severe, oppure per cracking ossidativo del metano o ancora attraverso altri processi che comunque prevedono la piroscissione di idrocarburi ad alta temperatura. La formazione dell'acetilene è infatti un processo endotermico, che richiede grandi quantità di energia.

Esaminiamo la produzione di acetilene da metano, schematizzata nella figura seguente.


Leggiamo la figura partendo dal titolo: si tratta di una conversione termica del metano ad acetilene, con formazione di idrogeno e di altri sottoprodotti.

Sotto il titolo è riportata la formula: da due moli di metano si ottengono (idealmente!) una mole di acetilene e tre moli di idrogeno. 

Sopra la freccia è riportata la temperatura: 1500°C. La reazione è endotermica - come si è detto - e per ottenere il calore necessario una parte dell'alimentazione è bruciata in difetto di ossigeno, con formazione di CO e di altri sottoprodotti che sono separati in fasi successive.

Osserviamo la figura: a sinistra è rappresentata la fornace dove il metano subisce un preriscaldamento prima di essere immesso sulla testa del reattore al centro dell'immagine. A destra, l'ossigeno è preriscaldato in un'altra fornace e quindi portato al bruciatore del reattore. Nel reattore avviene il cracking ossidativo del metano e le reazioni che portano alla formazione di acetilene vengono "spente" alla base per immissione di acqua in pressione. L'acqua è raccolta alla base del reattore, mentre l'acetilene esce per subire un processo di purificazione, attraverso il quale sono separate le ceneri, le peci e i gas esausti (contenenti idrogeno, CO, etilene, etc.). 

L'acetilene, opportunamente purificato, è diluito in acetone e messo in commercio in bombole. Un tempo costituiva un importante intermedio industriale ed è stato in questo ruolo sostituito dall'etilene, come avevo detto a suo tempo QUI. Si utilizza ancora nella saldatura, per alimentare il cannello ossiacetilenico.

Qualche reazione dell'acetilene è raccontata da Ettore Molinari nel suo celebre Trattato di Chimica Generale e Applicata all'industria (vol. 2, tomo 1). 

Molinari, tra le varie cose, ha studiato le reazioni dell'ozono con i composti organici e da lì parte per descrivere il comportamento dell'acetilene con vari composti.

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Interessante è il discorso sulla riduzione del triplo legame. Utilizzando idrogeno gassoso e un catalizzatore come Pd/C, ogni mole di acetilene addiziona due moli di idrogeno per formare etano.

Per ottenere l'alchene, è necessario utilizzare un catalizzatore "avvelenato" - noto anche come catalizzatore di Lindlar, dal nome del suo inventore. Se utilizzato con alchini sostituiti, questo catalizzatore permette l'addizione di una sola mole di idrogeno con formazione dell'alchene-cis.

Per ridurre l'alchino sostituito ad alchene-trans si utilizza la riduzione con quello che il mio professore di Chimica Organica chiamava "l'elettrone solvatato", ottenuto con un metallo alcalino (litio, sodio) in ammoniaca liquida.


Herbert Lindlar nacque il 15 marzo 1909 a Sheffield, in Inghilterra, per trasferirsi in Svizzera nel 1919. Studiò chimica all'ETH in Zurigo e all'Università di Berna, laureandosi nel 1939 con una tesi sul ruolo degli acidi dicarbossilici nella preparazione di ureidi. Lavorò per l'azienda farmaceutica Hoffmann-La Roche, fino al 1974 - anno del pensionamento. Fu anche vice-console britannico a Zurigo e a Basilea. Morì, dopo aver compiuto il secolo di vita, il 27 giugno 2009.

mercoledì 31 agosto 2016

PALLADIO: QUALCHE SEMPLICE CONSIDERAZIONE.

Parlando di reazioni di coupling, ho sottolineato come esse siano catalizzate da composti di palladio zerovalente, sintetizzati per la prima volta da Lamberto Malatesta a Milano, negli anni Cinquanta. 
Del palladio (Z = 46) ho parlato più diffusamente qualche tempo fa in una mia conversazione all'Università degli Anziani - Adulti di Belluno: ecco una parte del sunto. La parte mancante accenna alle reazioni di Heck, Suzuki e Negishi - di cui al post precedente.


Proseguendo nella trattazione, ho evidenziato come il cloruro di palladio (II) sia usato come catalizzatore nel processo Wacker per ossidare selettivamente l'etilene ad acetaldeide:


Per sottolineare l'importanza del catalizzatore e del ruolo svolto, faccio notare che la miscela di etilene e ossigeno reagisce in presenza di argento metallico per formare invece ossido di etilene: cambia il catalizzatore, cambia il prodotto ottenuto a partire dai medesimi reagenti (chemoselettività).
Una piccola nota: sia l'ossido di etilene (sx) sia l'acetaldeide (dx) sono isomeri, presentando ambedue formula bruta C2H4O. 


Altro impiego del palladio si ha nel catalizzatore di Lindlàr, che idrogena selettivamente il triplo legame a doppio legame C=C (senza trattamento del palladio con solfato di bario e chinolìna, l'idrogenazione porterebbe al composto saturo):


Il palladio (meglio: composti di palladio) è un versatile catalizzatore anche per altri tipi di reazioni, come ad esempio le carbonìlazioni - nelle quali un substrato organico reagisce con monossido di carbonio per dare i prodotti voluti.

La carbonìlazione di nitrobenzene a paracetamolo catalizzata da complessi di palladio (II) è stata oggetto della mia tesi di laurea (2012), sviluppata sotto la guida del Prof. Andrea Vavasori di Venezia.

Nel laboratorio del prof. Vavasori ho imparato che il palladio in soluzione si identifica mediante due saggi analitici:
  • con dimetilgliossima in ambiente acido, il palladio forma un precipitato giallo canarino;
  • con ioduro di potassio, esso forma un precipitato nero di ioduro di palladio (gli ioduri neri non sono certamente molto comuni).

Con 1-nitroso-2-naftolo, il palladio forma un precipitato color bruno (sul filtro).


Il palladio è oggetto di studio in tutto il mondo: ogni giorno escono pubblicazioni in cui sono descritte reazioni di vario tipo catalizzate da esso. In particolare, è stato oggetto della tesi di laurea di cari amici e della tesi di dottorato (in corso d'opera) di Thomas Scattolin (a sinistra nella foto).


Eccoci anche qua, ieri, sul Visentin...


... oppure qualche tempo fa in laboratorio.