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lunedì 1 marzo 2021

Appunti sull'acetilene

L'acetilene (o meglio: etino, seconda la IUPAC), con formula C2H2, rappresenta il termine più semplice degli alchini, famiglia di idrocarburi che presentano almeno un triplo legame tra due atomi di carbonio contigui.

L'acetilene fu ottenuto da Berthelot nel 1859 scoccando l'arco voltaico tra due elettrodi di carbone in atmosfera di idrogeno purissimo; e da Wohler per reazione del carburo di calcio con acqua nel 1862, secondo un metodo che sarà poi sfruttato su scala industriale e anche nel funzionamento delle lampade a carburo, usate da minatori e da speleologi, apprezzate per la fiamma luminosissima e calda.

Nel video sottostante, la fiamma dell'assorbimento atomico è (in questo caso) alimentata da acetilene: il colore verde è dovuto all'aggiunta del cloruro di lantanio, necessario per il tipo di operazione che gli operatori (cioè noi, studenti di allora...) stavano conducendo. 

Nota: è stata l'unica volta che ho usato l'acetilene in vita mia (e non in modo autonomo, ma guidato dalle docenti di laboratorio) e me ne guardo bene dall'averci ancora a che vedere. Dico questo per biasimare l'incoscienza con cui certi youtuber si mettano a fabbricarlo in barattoli improvvisati ed estremamente pericolosi. Miei lettori, voi non fatelo: vogliatevi bene.

Industrialmente, l'acetilene si rinviene nei prodotti di steam cracking condotti in condizioni severe, oppure per cracking ossidativo del metano o ancora attraverso altri processi che comunque prevedono la piroscissione di idrocarburi ad alta temperatura. La formazione dell'acetilene è infatti un processo endotermico, che richiede grandi quantità di energia.

Esaminiamo la produzione di acetilene da metano, schematizzata nella figura seguente.


Leggiamo la figura partendo dal titolo: si tratta di una conversione termica del metano ad acetilene, con formazione di idrogeno e di altri sottoprodotti.

Sotto il titolo è riportata la formula: da due moli di metano si ottengono (idealmente!) una mole di acetilene e tre moli di idrogeno. 

Sopra la freccia è riportata la temperatura: 1500°C. La reazione è endotermica - come si è detto - e per ottenere il calore necessario una parte dell'alimentazione è bruciata in difetto di ossigeno, con formazione di CO e di altri sottoprodotti che sono separati in fasi successive.

Osserviamo la figura: a sinistra è rappresentata la fornace dove il metano subisce un preriscaldamento prima di essere immesso sulla testa del reattore al centro dell'immagine. A destra, l'ossigeno è preriscaldato in un'altra fornace e quindi portato al bruciatore del reattore. Nel reattore avviene il cracking ossidativo del metano e le reazioni che portano alla formazione di acetilene vengono "spente" alla base per immissione di acqua in pressione. L'acqua è raccolta alla base del reattore, mentre l'acetilene esce per subire un processo di purificazione, attraverso il quale sono separate le ceneri, le peci e i gas esausti (contenenti idrogeno, CO, etilene, etc.). 

L'acetilene, opportunamente purificato, è diluito in acetone e messo in commercio in bombole. Un tempo costituiva un importante intermedio industriale ed è stato in questo ruolo sostituito dall'etilene, come avevo detto a suo tempo QUI. Si utilizza ancora nella saldatura, per alimentare il cannello ossiacetilenico.

Qualche reazione dell'acetilene è raccontata da Ettore Molinari nel suo celebre Trattato di Chimica Generale e Applicata all'industria (vol. 2, tomo 1). 

Molinari, tra le varie cose, ha studiato le reazioni dell'ozono con i composti organici e da lì parte per descrivere il comportamento dell'acetilene con vari composti.

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Interessante è il discorso sulla riduzione del triplo legame. Utilizzando idrogeno gassoso e un catalizzatore come Pd/C, ogni mole di acetilene addiziona due moli di idrogeno per formare etano.

Per ottenere l'alchene, è necessario utilizzare un catalizzatore "avvelenato" - noto anche come catalizzatore di Lindlar, dal nome del suo inventore. Se utilizzato con alchini sostituiti, questo catalizzatore permette l'addizione di una sola mole di idrogeno con formazione dell'alchene-cis.

Per ridurre l'alchino sostituito ad alchene-trans si utilizza la riduzione con quello che il mio professore di Chimica Organica chiamava "l'elettrone solvatato", ottenuto con un metallo alcalino (litio, sodio) in ammoniaca liquida.


Herbert Lindlar nacque il 15 marzo 1909 a Sheffield, in Inghilterra, per trasferirsi in Svizzera nel 1919. Studiò chimica all'ETH in Zurigo e all'Università di Berna, laureandosi nel 1939 con una tesi sul ruolo degli acidi dicarbossilici nella preparazione di ureidi. Lavorò per l'azienda farmaceutica Hoffmann-La Roche, fino al 1974 - anno del pensionamento. Fu anche vice-console britannico a Zurigo e a Basilea. Morì, dopo aver compiuto il secolo di vita, il 27 giugno 2009.

venerdì 22 gennaio 2021

Del tantalio in poche parole...

Stamattina ho proposto la visione del video che vedete sotto, un reportage di David Chierchini e Matteo Keffer girato in Congo e trasmesso su Rai 2 da "Nemo - Nessuno escluso": è dedicato alle miniere dove si estrae il coltan, la principale fonte di tantalio. Cosa sia il tantalio lo ha dottamente spiegato il prof. Cervellati sul blog della SCI, in due articoli che potete trovare QUI e QUI.

Il tantalio è un elemento chimico con simbolo Ta e Z=73, pesante, resistente e duttile, chimicamente molto simile al niobio (elemento al quale è associato in alcuni minerali). Come quest'ultimo, forma facilmente uno strato di ossido protettivo (si parla tecnicamente di "passivazione"), che lo rende molto resistente alla corrosione. Il colore del tantalio puro è grigio, con iridescenze tra l'azzurro e il viola. 

Il tantalio è uno degli elementi meno abbondanti nell'universo. La Terra ha depositi di minerali del tantalio in luoghi remoti, spesso difficili da raggiungere: in particolare il Coltan è un minerale che contiene sia tantalio sia niobio, diffuso nel Congo orientale (dove si stima ci siano i 4/5 delle riserve mondiali) e in Brasile

La maggior parte del tantalio estratto è utilizzata per costruire i piccoli condensatori ad alta capacità, come quelli dei cellulari e di altri dispositivi high-tech. 

Poiché è non tossico e ben compatibile con il corpo, il tantalio è utilizzato in medicina per protesi e strumenti da taglio ad alta precisione

E' uno dei materiali metallici che presentano alta resistenza al calore e alla corrosione e queste proprietà ne giustificano vari impieghi tecnologici.

Il carburo di tantalio (TaC) e il carburo di tantalio-afnio (Ta4HfC5) sono molto duri e meccanicamente resistenti. 

Il pentossido di ditantalio, conosciuto anche come ossido di tantalio (V) - secondo la notazione di Stock, è il composto inorganico con la formula Ta2O5. Si presenta come un solido bianco, insolubile in tutti i solventi, ma attaccato dalle forti basi e dall'acido fluoridrico. 

Ta2O5 è un materiale inerte con un alto indice di rifrazione e un assorbimento basso (cioè incolore), che lo rende utile per formulare coatings e per fabbricare lenti di apparecchi fotografici. Inoltre è utilizzato estesamente nella produzione dei condensatori, vista la sua alta costante dielettrica. Si usa inoltre come catalizzatore nella disidratazione di monosaccaridi a furfurale

A proposito di catalisi, alcuni studi evidenziano come un catalizzatore formato da clusters di Ta supportati su silice possano realizzare anche la conversione di alcani: nell'esempio, da etano si ottiene una miscela di metano e propano.


Prima che il caro amico Thomas mi bacchetti, devo ricordare che è di interesse anche la chimica organometallica del tantalio: ad esempio, il primo carbene di Schrock fu sintetizzato nel 1973 su un complesso di Ta. Anche tra i primi complessi con il vinilidene come legante furono ottenuti lavorando su composti di Ta.

Infine, altro legame tra Ta e C è stato realizzato con leganti NHC (per la gioia del buon Thomas, che li ha studiati in lungo e in largo combinati col Pd) dal professor Robert Bergman a Berkeley.

sabato 2 novembre 2019

L'idrogeno, amico dell'ambiente...

Soffermandomi a raccontare qualche informazione sui lipidi, classe che comprende tutte le biomolecole insolubili in acqua, ho proposto anche qualche informazione sugli usi industriali, oltre a soffermarmi sull'importanza biologica.

Ad esempio, è noto che dai grassi, per trattamento con alcali, è possibile preparare il sapone e ricavare al contempo il glicerolo.

Gli oli di basso pregio subiscono un'idrogenazione catalitica per essere trasformati in margarina, secondo un processo perfezionato da Normann e da Ipatiev un secolo fa. Qui bisognerebbe aprire una lunga parentesi sui grassi da idrogenazione e gli effetti sulla salute: non mi dilungo, non essendo io un medico o un nutrizionista.

Mi sono raccomandato di non gettare gli oli usati nella frittura o nella conservazione dei cibi (es. tonno, acciughe, sgombro, peperoni, pomodori farciti o altre verdure) ma di raccoglierli nell'apposito contenitore da conferire all'ecocentro. 

Questi materiali di scarto sono pericolosi per l'ambiente e in particolare per la fauna acquatica: il simpaticone di turno alza la mano e mi chiede se le alghe siano fauna. Io rispondo di no e lui controbatte: "Le alghe sono fauna perché Flora è solo quella delle Winx". Stendiamo un velo pietoso sull'infelice battuta e riprendiamo la trattazione. 


Gli oli di scarto dell'industria alimentare possono subire un trattamento con idrogeno effettuato in condizioni molto più drastiche di quello adoperato per la produzione di margarina. Si formano idrocarburi saturi, acqua e anidride carbonica.


Gli idrocarburi ottenuti con una prima idrogenazione (in rosso) sono separati dal resto e subiscono un'isomerizzazione (in blu): la catena lineare è ramificata per migliorare la qualità del prodotto. Da un rifiuto potenzialmente pericoloso si ottiene così un carburante di elevata qualità, esente da zolfo, azoto e ossigeno.


Nella raffineria di Marghera, i tecnici dell'ENI hanno riadattato all'uopo impianti già esistenti e destinati un tempo al trattamento dei distillati medi del petrolio: reattori e altri apparecchi sono ora adibiti invece alla lavorazione di oli vegetali con lo scopo di produrre carburante per motori diesel. 


Quello di Marghera è il primo impianto al mondo nel suo genere. Il primato italiano ha sorpreso il mio uditorio che ha cominciato a chiedere perché, di fronte a tanto genio, il nostro paese sia gravato da altrettanti mali... 

Francamente, non me la sono sentita di rispondere. La politica non è il mio forte, anche perché per qualcuno puzzo sempre troppo da prete e per qualcun altro resto il figlio di un vecchio socialista...


Meglio la Chimica, anche se resta per me un sogno infranto e una materia da insegnare con tanto amore e un pizzico di dedizione!

venerdì 7 luglio 2017

La ricerca di una vita, verso un futuro sostenibile

Gli idrocarburi e i loro prodotti sono essenziali per la crescita dell'economia globale, ma le risorse di combustibili fossili sono in esaurimento ed è dunque necessario cercare fonti di energia alternative. 

La conversione dell'anidride carbonica prodotta dagli impianti industriali o presente nell'atmosfera in metanolo, utilizzabile a sua volta come carburante o come materia prima per la produzione di altri idrocarburi, rappresenta una soluzione perfetta e a portata di mano. 

Il premio Nobel per la Chimica George A. Olah (1927-2017) racconta queste tematiche di una vita dedicata alla ricerca e il corrispondente impegno per un ambiente più pulito in un futuro sostenibile nelle (poche) pagine di un libro, La ricerca di una vita (Di Renzo Editore).


Nato in Ungheria, Olah studiò a Budapest e lasciò il suo paese natale dopo la "primavera" del 1956 per riparare a Londra. 

Si interessò di idrocarburi fluorurati e Meerwein, professore a Marburgo, per incoraggiare i suoi studi, gli regalò una bombola di BF3.

Da Londra, ove rimase per un tempo assai breve, Olah emigrò in Canada e fu assunto da Dow Chemical: lavorò in Michigan e poi nel Massachussets, per approdare infine all'università di Cleveland.

Dal 1977 fu in California, in un laboratorio creato appositamente per lui a partire dall'anno precedente. Gli studi condotti sugli idrocarburi e sui carbocationi (QUI discutiamo della loro importanza), che gli valsero il Nobel, furono possibili grazie all'impiego dell'acido magico, un superacido ottenuto miscelando HSO3F e SbF5.

A Olah dobbiamo l'idea di una Methanol Economy, ossia di un'economia basata sul metanolo, ottenibile per idrogenazione catalitica di monossido di carbonio e anche di anidride carbonica. 

Dal metanolo si possono ricavare idrocarburi (processi MTG e MTO), additivi per carburanti (MTBE) e altre sostanze utili (formaldeide, alcooli superiori, etc).



domenica 21 agosto 2016

Idrodesolforazione: un processo con valenza ambientale

Nel petrolio greggio, lo zolfo si trova come tale, sottoforma di acido solfidrico, di mercaptani e di solfuri, di tiofene e di altri composti: deve essere eliminato e oggi la tecnologia mette a disposizione dei processi a cui avevo accennato più diffusamente QUI qualche mese fa, quando ho presieduto una conversazione sull'argomento presso l'AUSER di Ponte nelle Alpi.

L'eliminazione dello zolfo è condotta oggi mediante il trattamento con idrogeno (hydro-treating) delle miscele contenenti composti solforati in opportune condizioni.  Si formano idrocarburi e acido solfidrico; ad esempio:

H2 + R-SH -> H2S + RH

L'acido solfidrico ottenuto è fissato mediante un lavaggio alcalino: all'uopo si utilizzano soluzioni basiche - di NaOH oppure etanolammine - che sono poi rigenerate e riciclate.



In fasi successive, dall'acido solfidrico è possibile recuperare zolfo elementare (attraverso il Processo Claus: QUI) e sintetizzare acido solforico.

Il trattamento con idrogeno (in presenza di catalizzatori) permette di eliminare anche azoto, ossigeno, metalli e di saturare i doppi legami C=C di eventuali olefine presenti; ha tuttavia lo svantaggio di consumare molto idrogeno.


L'importanza di avere a disposizione tagli petroliferi esenti da composti solforati fu avvertita fin dagli inizi della storia degli impieghi dell'oro nero in epoca moderna. 

Questo breve passo da "Il Bel Paese" di Stoppani riassume invece gli usi della lucilìna (cioè il nostro petrolio, chiamato così dall'abate e geologo lombardo perché usato a suo tempo per alimentare i lumi domestici) nell'Antichità:


Il primo pozzo "moderno", scavato da Drake in Pennsylvania, risale al 1859; neanche trent'anni dopo, Hermann Frasch (1851-1914), brevettò un primitivo sistema per eliminare lo zolfo dai petroli, che continuò a perfezionare (tra il 1888 e il 1893), guadagnandosi una certa reputazione nel mondo petrolifero alla fine del XIX secolo.

Come racconta Molinari nel suo "Trattato di Chimica Generale e Applicata all'Industria" (ed. Hoepli, Milano, 1927), Frasch propose dapprima una distillazione dei petroli e dei loro derivati in presenza di ossidi metallici (75% di ossido di rame, 10% di ossido di piombo e 15% di ossido di ferro): gli ossidi saturi di zolfo era poi rigenerati mediante calcinazione.

Successivamente, Frasch introdusse la desolforazione in fase vapore, per la quale i petroli vaporizzati erano fatti passare sulle miscele di ossidi, contenuti in due reattori orizzontali (uno lavorante e l'altro impegnato nella rigenerazione della miscela di ossidi). I vapori uscenti dal reattore erano filtrati su ghiaia per trattenere gli ossidi e quindi condensati in opportuni serpentini.

Frasch passò tuttavia alla storia per il metodo di estrazione dello zolfo, pensato per i giacimenti della Louisiana e ancor oggi impiegato in alcune miniere (Polonia, Cina, Argentina, Bolivia), sebbene quello di provenienza petrolifera domini ormai la quasi totalità del mercato.

Nella foto vedete due campioni di zolfo a confronto (grazie, Giaco...): uno ottenuto in raffineria via Processo Claus (a sx) e l'altro estratto in Polonia con il Metodo Frasch (a dx). 


I moderni processi di hydro-treating si possono far discendere tuttavia dagli importanti studi condotti sull'idrogenazione dei combustibili, al fine di produrre carburanti da carbone (Bergius) e da bitumi o da petroli non convenzionali.

La rapida evoluzione dei processi di hydro-treating consegue alla necessità di immettere sul mercato prodotti contenenti zolfo al di sotto dei limiti stabiliti dalle normative ambientali vigenti in diversi paesi, sempre più esigenti.



sabato 20 agosto 2016

HAENSEL E IL REFORMING CATALITICO

Vladimir Haensel fu l’ingegnere chimico americano al quale è dovuta l’invenzione del processo di Platforming – che migliora la qualità della benzina, ottenuta dal petrolio greggio per distillazione primaria.



LA VITA. Nato a Friburgo (Germania) il 1° settembre 1914, trascorse infanzia e giovinezza a Mosca, dove suo padre, Paul Haensel, era professore di economia. Si trasferì negli USA nel 1930.

Conseguì il baccellierato alla Northwestern University e la laurea al MIT nel 1937, ottenendo un posto di lavoro alla UOP (Universal Oil Products company) nello stesso anno. Continuò comunque gli studi e concluse il dottorato nel 1941 alla Northwestern University nel 1941.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, fu in Europa per documentarsi sui progressi della chimica tedesca intorno allo sviluppo dei carburanti sintetici.

Fece carriera in UOP nel settore ricerca e sviluppo; nel 1980 divenne docente di ingegneria chimica 
all’Università del Massachusetts, ove rimase fino alla morte avvenuta il 15 dicembre 2002.

Egli si interessò di superfici catalitiche, brevettando diversi metodi per migliorare i processi chimici nell’industria petrolifera e dando un contributo notevole allo sviluppo del convertitore catalitico per automobili.

GLI ANTEFATTI. Per migliorare la qualità della benzina primaria, già negli anni Trenta si procedeva con un Reforming termico, condotto a elevate temperature (600°C) e pressioni: questo favoriva tuttavia la formazione di olefine, idrogeno e soprattutto coke.

Benzine di alta qualità, destinate all’aviazione militare, erano state nel frattempo ottenute sempre nei laboratori UOP da Bloch, Pines e Ipatiev attraverso l’alchilazione di frazioni gassose (a 3 o 4 atomi di carbonio) a dare ottani ramificati (a 7 o 8 atomi di carbonio): la reazione era catalizzata da acidi. Prima fu usato l’ac. solforico, poi sostituito dall’ac. fluoridrico. Pines sottolineò poi come anche questo carburante permise agli aerei della RAF di vincere la battaglia d’Inghilterra (10 luglio – 31 ottobre 1940), giocando sulla aumentata velocità dei velivoli alleati rispetto a quelli tedeschi.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il metilcicloesano era convertito in toluene su catalizzatori a base di ossidi di molibdeno e alluminio – che però favorivano anche la formazione di coke.

IL PLATINO. Scoperto da Antonio De Ulloa a metà del Settecento, il platino era noto ai chimici per le sue proprietà catalitiche fin dagli inizi del XIX secolo. Dall’accendino di Dobereiner alla decomposizione dell’acqua ossigenata (reazione per la quale Berzelius introdusse il termine catalisi), dall’ossidazione di SO2 di Knietsch a quella dell’ammoniaca di Ostwald: alcune reazioni favorite da questo metallo erano note e descritte.

Il platino era troppo costoso per essere impiegato tal quale nell’industria petrolifera: Haensel dimostrò che producendo un supporto ceramico sul quale era dispersa in superficie una piccola quantità di metallo, era possibile sfruttare comunque le sue qualità catalitiche.

L’azione del platino, combinata con le proprietà acide dell’allumina (attivata con cloruro), favoriva l’incremento della qualità dei carburanti (in particolare del potere antidetonante, espresso in termini di numero di ottano) grazie a:
  • isomerizzazione delle catene lineari (benzina normale) a ramificate (benzina super) 

  • deidrociclizzazione degli idrocarburi lineari a cicloalcani e deidrogenazione dei cicloalcani ad aromatici. Al contempo si otteneva idrogeno, necessario per rimuovere zolfo, azoto, ossigeno ma responsabile anche di indesiderate reazioni di hydrocracking (che portano alla formazione di prodotti leggeri: metano, etano, propano, butano).


LE TECNOLOGIE. Il primo impianto entrò in funzione nel 1949 nella raffineria di Muskegon, in Michigan: tuttavia si notò che il catalizzatore (circa un chilo di platino distribuito in 4,5 tonnellate di allumina) era soggetto ad avvelenamento da parte di composti azotati, solforati, arsenico e metalli – pertanto era necessario pretrattare la carica con idrogeno e opportuni catalizzatori per eliminare i veleni.

Un progresso fondamentale fu stato segnato dall’introduzione di un catalizzatore bimetallico a base di platino e renio (che limita l’attività del platino): il processo fu sviluppato nei laboratori della Chevron e prese il nome di Rheniforming


Seguirono il Powerforming della ESSO, il Magnaforming e il Catforming dell’Atlantic, l’Ultraforming della British Petroleum, l’Houdriforming, il Sovaforming della Socony Vacuum, il Premiumforming della Snam Progetti e il processo OctanizingAxens dell’IFP.


La rapida diffusione del processo è dovuta al fatto che esso produce al contempo benzina di alta qualità,  idrogeno e idrocarburi aromatici (BTX).

L’idrogeno è separato subito dalla miscela dei prodotti di reazione e usato in raffineria; la benzina è separata dai BTX per distillazione estrattiva e poi è stabilizzata; i BTX sono frazionati a parte e destinati alla petrolchimica.



giovedì 11 agosto 2016

COMPOSTI ORGANICI E REAZIONI

Una classe di composti, una reazione caratteristica. Questo è il binomio che ha contraddistinto l'insegnamento della reattività organica al liceo e ai corsi di base, e che qui si riassume brevemente ricordando che l'impostazione è fortemente limitante, quasi quanto la trattazione.

Gli idrocarburi sono composti binari, formati solamente da carbonio e idrogeno, C e H, divisi in due grandi famiglie: saturi e insaturi.

Gli idrocarburi saturi (alcani e cicloalcani) danno reazioni di sostituzione radicalica

Così il metano, reagendo con il cloro, forma la serie dei clorometani: cloruro di metile, diclorometano, cloroformio e tetracloruro di carbonio

I clorometani nelle rappresentazioni stick & ball di A. W. von Hofmann

Questi prodotti rappresentano i termini più semplici della classe degli alogenuri alchilici, che danno invece reazioni di sostituzione nucleofila alifatica (oppure reazioni di eliminazione). Così, il cloruro di metile reagisce con CN- in questo modo:

CH3Cl + CN- -> CH3-CN + Cl-

Si forma l'acetonitrile, che poi può essere idrolizzato ad acido acetico o ridotto a etilammina.

Gli idrocarburi insaturi comprendono diverse classi:
  • gli alcheni o olefine, che danno reazioni di addizione elettrofila; ad esempio, l'etilene addiziona: 
o   idrogeno per dare etano: C2H4 + H2 -> C2H6
o   acqua per dare l'etanolo: C2H4 + H2O -> C2H5OH
o   acido cloridrico per dare cloruro di etile: C2H4 + HCl -> C2H5Cl
o   cloro per dare 1,2 dicloroetano: C2H4 + Cl2 -> CH2Cl-CH2Cl
  • Anche gli alchini, di cui l'acetilene rappresenta il capostipite, danno reazioni di addizione. L'acetilene, ad esempio:
    • addiziona HCl per formare cloruro di vinile, CH2=CHCl; 
    • addiziona HCN per dare acrilonitrile, CH2=CH-CN; 
    • addiziona acqua per dare alcol vinilico che per tautomeria dà acetaldeide, CH3-CHO.



Aldeidi e chetoni, ottenuti per ossidazione degli alcoli primari o secondari, rispettivamente, contengono un gruppo carbonilico.

La reazione caratteristica del gruppo carbonilico è l'addizione nucleofila all'atomo di carbonio carbonilico: a seconda della natura del nucleofilo si avranno poi diversi prodotti (acetali da alcoli; tiochetali da tioli; immine da ammine primarie; ossime da idrossilammina; fenilidrazoni da fenilidrazina; cianidrine da cianuro; etc.).

Per ossidazione delle aldeidi si ottengono gli acidi carbossilici, che oltre a comportarsi da acidi, formano una serie di derivati (cloruri acilici, anidridi, esteri, ammidi) interessati dalla reazione di sostituzione nucleofila acilica, di cui vedete il meccanismo nell'immagine sottostante.


X funziona da gruppo uscente (talvolta indicato con LG, leaving group): l'attacco del nucleofilo (Nu:) porta alla formazione dell'intermedio (al centro) cui segue l'uscita di X-, con formazione del nuovo prodotto di sostituzione (a destra).

Il nucleofilo cerca l'elettrofilo.

Un nucleofilo è caratterizzato da elevata densità elettronica (è elettron-ricco), cui corrisponde una carica negativa netta o parziale che può essere donata ad un elettrofilo, caratterizzato invece da povertà elettronica (è elettron-povero), cui corrispondono una carica positiva netta o parziale e la capacità di accettare densità elettronica dal donatore.

Poli opposti si attraggono, diceva Coulomb: anche i siti reattivi delle molecole organiche si comportano così.


Un nucleofilo (elettron-ricco) è donatore; un elettrofilo (elettron-povero) è accettore. Questa stigmatizzazione ricorda molto la definizione di basi ed acidi (rispettivamente) data da Lewis - anche se in chimica organica una base è tale quando strappa un H+ da una specie (acida) che può donarlo. 

... è chiaro il concetto? (cit.)

giovedì 11 febbraio 2016

TRA IDROCARBURI E PRESENTAZIONI...

In questi giorni sto preparando la presentazione del mio ultimo lavoro a tema chimico: ma non è di questo che voglio scrivere oggi. Voglio invece dar corso all'ultimo post sulla chimica organica e la sua storia, presentando una raccolta di slide sugli idrocarburi, che ho trovato in internet cercando materiale da offrire eventualmente ad alcuni studenti bisognosi di chiarimenti sull'argomento.
La prima slide presenta genericamente questa famiglia di composti binari, formati da due elementi: carbonio e idrogeno.


La seconda slide che ho scelto approfondisce la classificazione di questi numerosi composti.


Inevitabilmente si prosegue approfondendo gli idrocarburi saturi a catena aperta. 


Il confronto con gli idrocarburi insaturi è immediato: ecco la descrizione delle olefine.


Un approfondimento speciale meritano gli alchini, con qualche considerazione sulle ibridazioni attribuite all'atomo di carbonio: sp3 negli alcani, sp2 negli alcheni, sp negli alchini. Diminuisce il contenuto di idrogeno, aumenta il grado di insaturazione, aumenta la reattività, aumenta l'acidità.


Mentre gli idrocarburi saturi possiedono una reattività limitata (e per questo si guadagnarono il nome di paraffine, dal latino "parum affinis", poco reattivi), gli idrocarburi insaturi danno reazioni specifiche e interessanti.


In presenza di un doppio legame C=C, una soluzione di permanganato (viola) vira al marrone per la formazione del diolo corrispondente e la riduzione del manganese (da +7 a +4): è questo il saggio di Baeyer, usato per il riconoscimento delle olefine.


Altra reazione caratteristica usata per il riconoscimento delle olefine è l'addizione di bromo: la soluzione rossa di bromo in tetracloruro di carbonio si decolora in presenza di C=C per la formazione del dibromoalcano corrispondente. In presenza di alcani, non si ha invece decolorazione.

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