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martedì 5 luglio 2022

Lo sghembo quadrilatero della chimica...

In un articolo apparso su Ecoscienza n° 4/2016, il ricercatore dott. Diego Marazza PhD, dell'università di Bologna, presenta il quadrilatero della chimica nella Pianura Padana. Ne riprendo alcune sottolineature, che mi saranno utili per alcune lezioni che devo fare in autunno.


Il quadrilatero della chimica non rappresenta una esclusiva designazione storico-geografica, ma anche un multi-polo produttivo, integrato attraverso gasdotti e oleodotti, collegamenti di servizio via nave, strade e proprietà industriali comuni. 

Esso è anche un particolare modello di distribuzione di attività industriali che abbracciano alcuni settori della chimica, altri comparti manifatturieri e attività logistiche organizzate in distretti che partecipano - con il petrolchimico - attività produttive, rapporti di fornitura e gestione ambientale.

Il modello di riferimento generale dell'industria petrolchimica si basa sulla lavorazione di derivati del petrolio, quali virgin nafta e/o gasoli, secondo un principio a cascata: i prodotti ottenuti dalla raffinazione del greggio infatti sono destinati alla produzione di energia come carburanti e oli combustibili, mentre i prodotti dell'industria petrolchimica sono utilizzati come materiali. 

Il modello è quindi basato su grandi capacità produttive, sul basso costo delle materie prime derivanti dalla vicinanza degli impianti di raffinazione e sul basso valore aggiunto per unità di prodotto. 

Gli impianti petrolchimici si presentano per questo come grandi agglomerati industriali organizzati in più cicli produttivi, spesso interconnessi tra loro, dove viene realizzata un'economia di scala. 

Oltre a frazioni di petrolio si può impiegare anche metano, che nel quadrilatero è oggigiorno una fonte di idrogeno ed energia; un tempo è stato fonte anche di materie prime (da metano ad acetilene e da questo: butadiene per la gomma, cloruro di vinile per il PVC, acetaldeide per altri composti detti "acetici"). 

Alla base della trasformazione delle frazioni della distillazione ci sono alcune reazioni o processi di base ricorrenti. Di particolare importanza per il quadrilatero sono lo steam-cracking, il reforming, e, per il metano, lo steam reforming


Lo steam cracking, la piroscissione degli idrocarburi attraverso il vapore, è un processo che trasforma gli idrocarburi saturi ad alto peso molecolare in idrocarburi insaturi a basso peso molecolare. 

Per questa industria si tratta di un processo vitale che richiede molta energia, al fine di riscaldare la carica (virgin nafta mista a vapore acqueo) a 900°C per una frazione di secondo e successivamente raffreddarla progressivamente a temperature sempre più basse (fino a -135°C), al fine di condensare e frazionare i vari idrocarburi insaturi che si formano.

A Marghera – dove il vecchio impianto è stato fermato poco tempo fa – caldaie, forni e soprattutto la locale centrale termoelettrica di 348 MWt, ora pianificata a 240 MWt, sono la fonte di questa energia. 

Da questo processo si ottengono etilene, la frazione C4 (buteni, butano, isobutene, butadiene), la cosiddetta benzina di pirolisi o benzina di cracking (BK) e olio di cracking (fuel oil cracking o FOK); quest'ultimo era di particolare importanza a Marghera perché costituiva il combustibile che forniva una parte dell'energia per il processo. 

Il reforming permette l'aromatizzazione della benzina di cracking con catalizzatori (a base di platino o di altri metalli nobili) per ottenere BTX (benzene, toluene, xileni) e in misura minore etilbenzene, ciclopentano e ciclopentadiene

Infine lo steam reforming è un processo di produzione dell'idrogeno per cui ad alte temperature, in presenza di catalizzatori (nichel), il vapore d'acqua reagisce con il metano. 


L'idrogeno è utilizzato per alimentare molteplici processi dei petrolchimici; il più importante è la sintesi di ammoniaca per la produzione di fertilizzanti


Altre reazioni sono utilizzate per scopi specifici, come la produzione di nerofumo per il trattamento in difetto di ossigeno ad alta temperatura di frazioni pesanti provenienti dal cracking catalitico in raffineria. 

Questi sono i processi primari per la produzione dei building blocks - i "mattoni di base" - che poi, una volta combinati tra loro, formano gli "intermedi".
 
Gli intermedi non sono destinati al mercato degli utenti finali, ma sono impiegati come base di partenza per la sintesi di altre molecole, a loro volta base per la manifattura di una gamma estesa di materiali di sintesi e relativi mercati. 

Ad esempio, etilene e propilene (monomeri) - fino a qualche settimana fa prodotti a Marghera - sono utilizzati per realizzare rispettivamente il polietilene e il polipropilene (polimeri) a Ferrara. Questi materiali sono ottenuti attraverso reazioni di polimerizzazione che avvengono, normalmente, in reattori a pressione in presenza di catalizzatori e calore.

Da essi saranno poi ricavati i prodotti finiti: il flacone per il detersivo, la scatola per conservare gli alimenti, lo spazzolino da denti, il sifone per il lavandino del bagno, la vaschetta per i panni da lavare, paletta e secchiello per giocare in spiaggia, etc.

In questa vecchia carta tematica delle risorse minerarie e industriali dell'Emilia Romagna (presa da un Atlante De Agostini degli anni Settanta), le macchie verdi rappresentano i giacimenti di metano.

Il metano costituisce una delle materie prime più importanti della moderna industria chimica, insieme all'aria, all'acqua, al petrolio e al sale marino. 

Dal metano si ricava l'idrogeno, come sopra abbiamo ricordato; e l'idrogeno si combina con l'azoto (prelevato dall'aria, separato dall'ossigeno e dagli altri gas) per formare ammoniaca, con la quale si preparano concimi: urea, solfato di ammonio, nitrato di ammonio.

Come già detto, dal petrolio, attraverso la piroscissione, si ottengono l'etilene (necessario alla produzione di materie plastiche come il polietilene e il polistirene) e il propilene (necessario alla produzione del polipropilene isotattico, il moplen del Carosello e del boom economico). 

Uno dei primi impianti italiani per la produzione di olefine fu costruito a Ferrara negli anni Cinquanta, ed è mostrato nella seconda foto del post. Questo poi fu chiuso e i monomeri necessari furono forniti attraverso una pipe-line da Marghera. E ora che ha chiuso anche Marghera? Brutti scenari si paventano nei prossimi mesi... Priolo è lontana, troppo lontana... e al di là dell'Adriatico? A Rijeka, ad esempio?

Intanto, capita spesso che mio fratello, spinto dalla sua passione per i mezzi di trasporto a quattro ruote e di locomozione a quattro zampe, si muova in giro per l'Italia settentrionale ad appuntamenti a tema. Quando passa per Ferrara è solito mandarmi la vista del petrolchimico dalla strada, che vedete sopra. Uno scatto particolarmente riuscito è stato da me pubblicato in un mio (ormai vecchio) libro, dove ho toccato queste tematiche, che potete trovare QUI.

lunedì 1 marzo 2021

Appunti sull'acetilene

L'acetilene (o meglio: etino, seconda la IUPAC), con formula C2H2, rappresenta il termine più semplice degli alchini, famiglia di idrocarburi che presentano almeno un triplo legame tra due atomi di carbonio contigui.

L'acetilene fu ottenuto da Berthelot nel 1859 scoccando l'arco voltaico tra due elettrodi di carbone in atmosfera di idrogeno purissimo; e da Wohler per reazione del carburo di calcio con acqua nel 1862, secondo un metodo che sarà poi sfruttato su scala industriale e anche nel funzionamento delle lampade a carburo, usate da minatori e da speleologi, apprezzate per la fiamma luminosissima e calda.

Nel video sottostante, la fiamma dell'assorbimento atomico è (in questo caso) alimentata da acetilene: il colore verde è dovuto all'aggiunta del cloruro di lantanio, necessario per il tipo di operazione che gli operatori (cioè noi, studenti di allora...) stavano conducendo. 

Nota: è stata l'unica volta che ho usato l'acetilene in vita mia (e non in modo autonomo, ma guidato dalle docenti di laboratorio) e me ne guardo bene dall'averci ancora a che vedere. Dico questo per biasimare l'incoscienza con cui certi youtuber si mettano a fabbricarlo in barattoli improvvisati ed estremamente pericolosi. Miei lettori, voi non fatelo: vogliatevi bene.

Industrialmente, l'acetilene si rinviene nei prodotti di steam cracking condotti in condizioni severe, oppure per cracking ossidativo del metano o ancora attraverso altri processi che comunque prevedono la piroscissione di idrocarburi ad alta temperatura. La formazione dell'acetilene è infatti un processo endotermico, che richiede grandi quantità di energia.

Esaminiamo la produzione di acetilene da metano, schematizzata nella figura seguente.


Leggiamo la figura partendo dal titolo: si tratta di una conversione termica del metano ad acetilene, con formazione di idrogeno e di altri sottoprodotti.

Sotto il titolo è riportata la formula: da due moli di metano si ottengono (idealmente!) una mole di acetilene e tre moli di idrogeno. 

Sopra la freccia è riportata la temperatura: 1500°C. La reazione è endotermica - come si è detto - e per ottenere il calore necessario una parte dell'alimentazione è bruciata in difetto di ossigeno, con formazione di CO e di altri sottoprodotti che sono separati in fasi successive.

Osserviamo la figura: a sinistra è rappresentata la fornace dove il metano subisce un preriscaldamento prima di essere immesso sulla testa del reattore al centro dell'immagine. A destra, l'ossigeno è preriscaldato in un'altra fornace e quindi portato al bruciatore del reattore. Nel reattore avviene il cracking ossidativo del metano e le reazioni che portano alla formazione di acetilene vengono "spente" alla base per immissione di acqua in pressione. L'acqua è raccolta alla base del reattore, mentre l'acetilene esce per subire un processo di purificazione, attraverso il quale sono separate le ceneri, le peci e i gas esausti (contenenti idrogeno, CO, etilene, etc.). 

L'acetilene, opportunamente purificato, è diluito in acetone e messo in commercio in bombole. Un tempo costituiva un importante intermedio industriale ed è stato in questo ruolo sostituito dall'etilene, come avevo detto a suo tempo QUI. Si utilizza ancora nella saldatura, per alimentare il cannello ossiacetilenico.

Qualche reazione dell'acetilene è raccontata da Ettore Molinari nel suo celebre Trattato di Chimica Generale e Applicata all'industria (vol. 2, tomo 1). 

Molinari, tra le varie cose, ha studiato le reazioni dell'ozono con i composti organici e da lì parte per descrivere il comportamento dell'acetilene con vari composti.

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Interessante è il discorso sulla riduzione del triplo legame. Utilizzando idrogeno gassoso e un catalizzatore come Pd/C, ogni mole di acetilene addiziona due moli di idrogeno per formare etano.

Per ottenere l'alchene, è necessario utilizzare un catalizzatore "avvelenato" - noto anche come catalizzatore di Lindlar, dal nome del suo inventore. Se utilizzato con alchini sostituiti, questo catalizzatore permette l'addizione di una sola mole di idrogeno con formazione dell'alchene-cis.

Per ridurre l'alchino sostituito ad alchene-trans si utilizza la riduzione con quello che il mio professore di Chimica Organica chiamava "l'elettrone solvatato", ottenuto con un metallo alcalino (litio, sodio) in ammoniaca liquida.


Herbert Lindlar nacque il 15 marzo 1909 a Sheffield, in Inghilterra, per trasferirsi in Svizzera nel 1919. Studiò chimica all'ETH in Zurigo e all'Università di Berna, laureandosi nel 1939 con una tesi sul ruolo degli acidi dicarbossilici nella preparazione di ureidi. Lavorò per l'azienda farmaceutica Hoffmann-La Roche, fino al 1974 - anno del pensionamento. Fu anche vice-console britannico a Zurigo e a Basilea. Morì, dopo aver compiuto il secolo di vita, il 27 giugno 2009.

venerdì 26 febbraio 2021

Libero e leggero come... l'etilene!

Quando si dice "Marghera", risuona quella "r" così caratteristica e inconfondibile che è impossibile da dimenticare, per chi l'ha udita almeno una volta: e io l'ho udita ben più di una volta, quella "r", anche in parole amorevolmente veneziane, come "spritz" (o meglio "spriss") e il classico intercalare "ghesboro".

Quando si legge "Marghera", normalmente è per qualche avvenimento connesso alla centenaria zona industriale, della quale molto è stato scritto e sulla quale non mi dilungo: come ogni luogo, anche Marghera ha i suoi poeti, i suoi cantastorie, i suoi fotografi, i suoi storici locali, i suoi studiosi, le sue leggende.

Ho letto in questi giorni il romanzo "Cracking" di Gianfranco Bettin, sociologo noto per i suoi studi e le sue pubblicazioni: è un'opera recente, pubblicata da Mondadori.

Al di là della storia, dei personaggi, delle descrizioni, delle ambientazioni su cui non mi dilungo (lascio al lettore il piacere di scoprire il romanzo, che si legge tutto d'un fiato) ho apprezzato molto il riferimento calcistico a Ivano Bordon - portiere dell'Inter e secondo di Zoff ai mondiali dell'82.

Vi regalo la foto di una pagina (che l'autore mi perdoni): quella dove è evocato l'impianto del Cracking per l'etilene, cuore del petrolchimico a partire dagli Anni Settanta e - per l'epoca - qualcosa di grandioso e di avveniristico.

Quei "pomodori", insieme alle "panoce" e alla "marijuana" sono evocati nel ritornello delle celebre canzone dedicata alla località veneziana dai Pitura Freska: Marghera sensa fabriche sarie pi sana...

L'ultimo pensiero va a un ricordo personale - molto personale - che ci sposta nel tempo a circa vent'anni fa e nello spazio in piazza Campedel a Belluno, presso il tavolino di uno dei tanti bar (ricordo bene quale, ma non importa). 

Ero intento a sorseggiare un caffè con una ragazza con cui mi vedevo allora, studentessa universitaria impegnata in un percorso di tipo tecnico, la quale mi raccontava che la settimana successiva sarebbe andata in visita al Cracking di Marghera come "viaggio d'istruzione" per il corso che stava seguendo. 

La cosa mi sorprese tanto (e anche per questo ricordo particolarmente l'episodio): come si poteva andare in "gita" in un posto simile? Preciso che allora, mentre cercavo di purgarmi da una certa visione delle scienze inculcatami negli anni del liceo, ero impegnato in studi filosofici e teologici: mai avrei immaginato che - molti anni dopo - mi sarei brillantemente laureato in Chimica e che in "gita" a visitare un impianto industriale ci sarei andato pure io (non il Cracking, però), animato da curiosità e rinnovato interesse per il mondo degli atomi, delle molecole e dei catalizzatori - mondo che si rivelò essere ben diverso da quello predicato nel nulla della città di provincia.

Quella fu l'ultima volta che la vidi - specie dopo che il prosieguo del discorso, il quale si era spostato dalla gita al Cracking ad argomenti come matrimonio e quant'altro. 

Fu un vero cracking di un rapporto che mi rese leggero, come l'etilene che si libera quando la virgin-naphta è riscaldata a 900°C per una frazione di secondo, poi raffreddata per subire un lungo e complicato processo di separazione in quella selva di tubi e di colonne che ammirate nella penultima foto sopra - mentre l'ultima è un'immagine aerea opera del caro amico Nicola

Il mio cracking è stato assai più semplice, anche se a quella ragazza - ormai donna - auguro di cuore tutto il bene e la felicità che desidera.

mercoledì 3 ottobre 2018

ICAM 300 GIORNI



19 maggio 1985: l'impianto per l'etilene di Priolo (Siracusa) va a fuoco. L'incendio è contenuto, i sistemi di sicurezza funzionano e salvano i reparti dello stabilimento prossimi a quello dove ha avuto origine l'evento.


In undici mesi è ricostruito, grazie all'impegno delle maestranze locali, di altri tecnici provenienti dal nord e alla collaborazione di varie aziende. 


Il 4 aprile 1986 lo stabilimento riprende la sua attività e Lucio Dalla, autore della colonna sonora, incide la sua "ballata del fuoco" su testo di Tonino Guerra. La regia del film "Icam 300 giorni" è dei fratelli Taviani e di Valentino Orsini.


Grandi registi tornano a filmare il sito produttivo siciliano, dopo il giovane Olmi che QUI avevo ricordato documentare la costruzione del "grande paese d'acciaio". E l'anno prima dell'inaugurazione dello stabilimento, a Siracusa, la Madonna pianse le sue lacrime: forse aveva contemplato la costa sfigurata dalle ciminiere, dalle colonne e dai parchi serbatoi, laddove prima c'erano spiagge e macchia mediterranea?


Clikkate per ingrandire e osservare il diagramma di flusso dello steam cracking sovrapposto all'immagine dello stabilimento come si vede dalla SP 62.

Bisogna ricordare che:
  • oggigiorno, le materie plastiche si ricavano dal petrolio;
  • il petrolio greggio, dissalato e deacquificato, è frazionato in vari tagli, tra i quali la virgin nafta.
  • Nei processi di steam cracking, la virgin nafta: 
    • è riscaldata per una frazione di secondo a 900°C nei forni di pirolisi (a sinistra);
    • quindi è bruscamente raffreddata (quenching); 
    • si formano, tra i vari prodotti, etilene, propilene e butadiene, che sono separati in un complicato processo il quale sfrutta le proprietà fisiche di tali gas.
  • Dall'etilene si ricavano il polietilene, il polistirene, il PVC, il PET.
  • Dal propilene si ricava il polipropilene isotattico (scoperta di Giulio Natta).
  • Dal butadiene si ricava gomma sintetica (elastomeri).
  • QUI avevo già ricordato questi dettagli, con qualche approfondimento mirato.

giovedì 18 agosto 2016

BREVE STORIA DEL CRACKING

La benzina è il carburante maggiormente richiesto dal mercato: dalla semplice distillazione primaria del greggio se ne ricava poca.

Per questo, conviene rompere le grosse molecole che costituiscono i gasoli nelle molecole più piccole che costituiscono la benzina: inizialmente ciò era compiuto grazie all'azione del calore e il processo prese il nome di cracking termico.

Questo vecchio documentario a stelle e strisce, dai toni trionfalistici ed entusiasti, ci introduce al tema di questo post.


Sembra che William Merriam Burton (1865-1954), dipendente (e poi presidente) della Standard Oil di Whiting, sia stato il primo chimico a realizzare il processo di cracking termico per trasformare il gasolio in benzina.

La possibilità di compiere questa operazione fu intuita già da Thorpe nel 1872, il quale osservò che le frazioni pesanti del petrolio, portate ad alta temperatura, davano un gas ricco di olefine liquefacibili.

Burton invitò Robert Humphrey, un dipendente del laboratorio interno alla raffineria, a lavorare sul tema: Humphrey, dopo innumerevoli prove, trovò che operando ad alta temperatura e a elevate pressioni, si otteneva un'alta resa in idrocarburi da sei a dieci atomi di carbonio - il range degli idrocarburi che costituiscono la benzina.


Gli idrocarburi ottenuti, separati dalla fase gassosa che li accompagnava e dalle frazioni pesanti non crackizzate, erano in larga parte insaturi: bruciando, danno un notevole residuo fuligginoso, ma poco importava - almeno un secolo fa: oggi invece importa, eccome !!! Le olefine, col tempo, polimerizzano e i prodotti ottenibili aumentano la viscosità del carburante.

Burton, che si attribuì interamente il merito dell'invenzione (senza condividerlo con Humphrey, il quale svolse tutta la parte sperimentale), fu in realtà preceduto dai chimici russi Vladimir Shukhov e Sergej Gavrilov, che brevettarono un processo simile il 27 novembre 1891 - mentre il brevetto di Burton è del 7 gennaio 1913: lo stesso anno di Lebedev, Bergius, Haber-Bosch... anno fortunato, per la chimica industriale!

I russi ingegnerizzarono il processo a Baku, sulle rive del Mar Caspio, presso il quale tuttora si ritrovano immensi giacimenti di petrolio e di gas naturale (attorno ai quali, da anni, si stanno combattendo sanguinose guerre finanziate dagli USA, in Afghanistan, in Iraq, in Siria, sul Caucaso, in Ucraina...).

Tanto il brevetto di Burton che quello di Shukhov “caddero in disgrazia” quando il genio di Eugene Houdry inventò il cracking catalitico, che contempla l'uso di opportuni catalizzatori e limita la formazione di composti insaturi, migliorando invece la resa in benzine ad alto numero di ottano. 

Nel 1937 la Sun Oil inaugurò una “Houdry-Unit” nella sua raffineria a Marcus Hook (Pennsylvania) per produrre benzina ad alto numero di ottano – Blue Sunoco.

Dal 1942, quattordici impianti con catalizzatore a letto fisso furono attivati per la produzione di benzina avio ad alto numero di ottano, destinata all’aviazione militare.

Una limitazione del processo Houdry era il deposito di coke sul catalizzatore, che richiedeva che l’unità fosse fermata durante la combustione del coke in un ciclo di rigenerazione.


Warren K. Lewis e Edwin R. Gilliland del MIT, consulenti della Standard Oil (ora Exxon Mobil), risolsero il problema sviluppando il convertitore catalitico a letto movente, nel quale il catalizzatore circola tra due enormi recipienti, il reattore e il rigeneratore.


Lo stesso processo Houdry - che utilizzava dei catalizzatori a letto fisso, immobili su opportuni supporti - fu così superato da un cracking a letto fluido, ove idrocarburi e catalizzatore finemente suddiviso circolano intimamente miscelati nel reattore e sono separati all'uscita: gli idrocarburi crackizzati vanno alla colonna di frazionamento mentre il catalizzatore è inviato al rigeneratore, che lo restituisce pronto e caldo per un nuovo ciclo.


Le soluzioni ingegneristiche furono diverse:
  • nel TCC (Thermofore Catalytic Cracking) il catalizzatore è in forma di sferette; il processo godette di una certa fortuna anche in Italia, ove fu installato in diverse raffinerie, come a Cortemaggiore, a Trieste (nella foto sotto), a Napoli e in altre;
  • nel FCC (Fluyd Catalytic Cracking) il catalizzatore è in polvere e, nelle soluzioni più moderne, comprende una opportuna zeolite acida. 
Particolare dell'impianto TCC della Raffineria di Trieste.
Un semplice esperimento che riproduce su scala di laboratorio il principio del cracking catalitico è raccontato nel seguente video, in inglese, opera di un dottorando del Politecnico di Milano:


Il cracking termico di Burton tornò tuttavia “di moda”, con alcune modifiche, quando crebbe la richiesta di olefine (etilene, propilene) per fabbricare polimeri (polietilene, polipropilene).

Agli idrocarburi da crackizzare è aggiunto vapore acqueo, che limita la formazione di coke e diluisce in modo uniforme il calore: la miscela è portata a 900°C per un decimo di secondo e poi raffreddata bruscamente (quenching).


Si formano così idrogeno, metano, monossido di carbonio, etilene, etano, un po' di acetilene, propilene, propano e idrocarburi a quattro, cinque o sei atomi di carbonio (anche benzene), i quali sono poi frazionati in un lungo e complicato processo che sfrutta le proprietà fisiche dei vari tagli: solubilità, punto di ebollizione, punto di fusione, etc.


Per il fatto che all'inizio si aggiunge vapore acqueo (steam), il processo prende ora il nome di Steam Cracking.

L'impianto di Steam Cracking a Marghera: un dettaglio delle colonne di frazionamento.

lunedì 18 aprile 2016

Dal petrolio al salone...

Il petrolio è la fonte di molti materiali di uso quotidiano. In un post pubblicato QUI qualche settimana fa avevo illustrato brevemente come da esso si ricavino carburanti e combustibili

Dalla distillazione primaria, a pressione atmosferica, si ricavano una serie di tagli che poi sono lavorati per ottenere i prodotti finiti.

Tagli petroliferi dalla distillazione primaria del greggio.

La prima operazione che i vari tagli subiscono è l'idrodesolforazione, la quale permette di eliminare i composti solforati sotto forma di acido solfidrico e di recuperare da esso lo zolfo - destinato infine alla produzione dell'acido solforico.

A differenza degli altri tagli, usati come carburanti e combustibili, la nafta è impiegata come carica per il processo di steam cracking, il quale permette di ottenere intermedi petrolchimici: etilene, propilene, butadiene, benzene, necessari alla sintesi dei prodotti di chimica fine.

Il processo di Steam Cracking, interpretato graficamente da Riccardo Rudatis.

La nafta, mista a vapor d'acqua (steam), è portata per un tempo brevissimo alla temperatura di 750-900 °C e quindi raffreddata bruscamente (quenching). Le grosse molecole degli idrocarburi saturi si spezzano in frammenti più piccoli, contenenti legami doppi o tripli, con contemporanea formazione di idrogeno. I vari idrocarburi sono successivamente separati gli uni dagli altri e ulteriormente lavorati, in vari modi, a seconda dei prodotti voluti.

Dall'etilene si ricavano:
  • etanolo;
  • ossido di etilene e quindi glicol etilenico e PEG;
  • alfa-olefine per la sintesi di tensioattivi (attraverso la successione delle reazioni di idroformilazione, idrogenazione, solfonazione e neutralizzazione con soda);
  • polimeri quali polietilene (PE), polistirene (PS), PET e PVC.
Dal propilene si ricavano:
  • alcol isopropilico e acetone;
  • ossido di propilene e quindi glicol propilenico e PPG;
  • glicerina;
  • polipropilene (il Moplen che i più anziani associano al sorriso di Gino Bramieri e delle vecchie pubblicità di Carosello).

Dall'isobutilene e dal butadiene si ricavano elastomeri.

L'inquadratura delle colonne del butadiene a Ravenna
in un fotogramma di "Deserto rosso" di M. Antonioni (1964).

Dal benzene, estratto dalla benzina di cracking, si ricavano, oltre ai prodotti ricordati QUI, anche:
  • acido salicilico e aspirina;
  • acido p-idrossibenzoico e parabeni;
  • fenoli e aniline per preparare coloranti e tinture;
  • alchilbenzensolfonati di sodio (tensioattivi anionici).
Dal toluene si preparano: 
  • alcol benzìlico;
  • benzaldeide;
  • acido benzoico e benzoati;
  • saccarina.
Oltre al petrolio, anche il metano è fonte di importanti materie prime: ma di esso avevo già detto QUI quel che serve sapere in ordine ai nostri scopi.