giovedì 24 febbraio 2022

Il campo della morte

Stamattina alle quattro mi sono svegliato di soprassalto tormentato da un profondo senso di tristezza e di angoscia che non mi sapevo spiegare. 

Non basta - come sbrigativa giustificazione - quel disgusto (per l'ennesima figuraccia internazionale fatta dal nostro paese) che ho provato ieri sera leggendo su diverse testate la notizia del ministro russo che ammoniva il di lui "collega" (virgolette d'obbligo) di casa nostra dicendogli di "imparare la diplomazia in modo professionale".

Seduto sul letto, ho sentito il bisogno di alzare lo sguardo mentre il mio povero fragile spirito cercava rifugio e la memoria restituiva dalla notte dei tempi alcuni versetti di un salmo (91,5-6), quasi come una carezza rassicurante: non temerai gli spaventi della notte, né la freccia che vola di giorno, né la peste... né lo sterminio...

Mi sono disteso e ho dormito un sonno leggero, fino alle sei e mezza - quando mi sono preparato per andare al lavoro. Dopo una frugale colazione (una tazza di caffé con qualche fetta di pane alla zucca), scorro le prime notizie e vedo che proprio alle quattro le truppe varcavano il confine. Il resto è muta cronaca... 


Al lavoro, tra una lezione e l'altra, risuonava una parola che spaventa, anche se per ora - ma per quanto? - la realtà rimane lontana: guerra

Una realtà che presto - ne sono sicuro - si farà sentire, vedere e compartecipare: con l'aumento dei prezzi dei carburanti e dei combustibili, delle derrate alimentari e di altre merci; con qualche moto di protesta per i rincari o con manifestazioni studentesche e operaie, nelle piazze; con l'arrivo di profughi e richiedenti asilo. 

E con esercitazioni di aerei militari, il cui rombo squarcia l'aria e risuona sopra le nostre teste anche qui ed ora - tra Veneto e Friuli - dove ci sono basi militari di un certo interesse internazionale. 


Se l'Occidente (ormai sulla via del tramonto, come civiltà, e per questo vorrei chiamarlo Ponente, anzi: Deponente) si contrapporrà ai russi (e ai bielorussi, loro alleati, e ai serbi che lo diventeranno), immagino - e non solo io - scenari catastrofici

Una guerra paneuropea è possibile - anzi, ormai probabile; come è possibile anche un'entrata in grande stile del Dragone sullo scenario del Pacifico. La Cina potrebbe conquistare Taiwan e il Giappone - cioè le roccaforti dell'industria elettronica mondiale - e addirittura bombardare gli USA sulla costa occidentale. Mi chiedo se esistano missili efficaci a così lunga gittata. Non lo so, francamente. E l'Iran? Potrebbe aggredire Israele? O viceversa?

Intanto - ne sono quasi sicuro, ahimé - qualcuno, nel vetusto e martoriato Stivale, avrà già prestampato la famigerata cartolina rosa. E mi dispiacerebbe molto, pensando in primis ai miei giovani discepoli che stanno sognando il loro futuro - ad economia, ingegneria, psicologia, scienze motorie, filosofia... - oramai sempre più incerto e lontano. 

In secundis, penso ai miei amici, sparsi per il mondo, e anche a me - vecchio e obeso ultraquarantenne, con la barba bianca e lunga, le ossa a pezzi, il passo stanco, un fegato colabrodo e mille progetti affossati negli anni dalle balle socialiste di anacronismi incarnati che son sopravvissuti anche troppo a loro stessi. 

Non parlatemi più di dei, di patrie e di famiglie - vecchie menzogne che seminano solo dolore, lacrime e sangue e trasformano il mondo in un immenso campo della morte: un campo che - stavolta - rischia di avere bordi smisurati, davvero immensi se paragonati a quelli cantati da Prokofiev nel suo Alexander Nevsky.


S. Prokofiev — Alexander Nevsky: il campo della morte. 
E. Obraztsova - mezzosoprano
London Symphony Orchestra
C. Abbado - direttore

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