Dopo tanti e tanti giorni di sole, ecco una domenica col cielo coperto e grigio - la quale ci ricorda che, astronomicamente e climaticamente parlando, siamo ancora in inverno.
Il colore plumbeo fa da sfondo all'esile profilo scuro dei fusti e dei rami dei noccioli che prosperano davanti alla finestra, a nord della stanza che per ora funge da studio, coprendo in parte la visuale verso la valle del Piave.
Il dettaglio delle infiorescenze maschili, che penzolano dai rami, è un segnale che la primavera si avvicina e che presto comincerò a manifestare i sintomi respiratori dell'allergia al polline - che qualche medico in grigioverde fece finta di non vedere, un quarto di secolo fa.
Osservate la relativa grandezza del fiore maschile - l'amento - comparandola con quella delle dita della mia mano: ho improvvisato la fotografia, forse potevo, più scientificamente, prendere un righello e accostarlo per offrire una misura più accurata.
Sempre considerando la foto sopra, guardate anche a sinistra, sulla mia mano, quasi in corrispondenza del flessore del pollice (o sopra la linea della vita, per chi si interessa di chiromanzia). Oppure qua sotto, in corrispondenza della falangetta dell'indice sx.
Guardate il rigonfiamento sul rametto del nocciolo e, in cima ad esso, quel piccolo ciuffo color porpora: si tratta dell'infiorescenza femminile. Ecco il dettaglio ingrandito.
Tra poco, nei prati, compariranno i bucaneve (anche se in parte la neve è già andata via), le primule, poi le epatiche, i denti di cane e tutto il resto. La vita continua e afferma il suo ciclo in un silenzio assai migliore di quello religioso - e come potrete immaginare, io preferisco di gran lunga il silenzio della storia naturale all'inutile fracasso della storia umana.
La didascalia che associo a questa foto conclusiva assume i toni di una tipica e gretta battuta da belumàt che non ha certo bisogno di traduzioni: Eco le man de chi che no ha mai laorà.
Qua vorrei rispondere a me stesso dando sfogo a sentimenti che soffoco nel silenzio naturale di cui sopra, ricordandomi che son da Belùn solo per nascita, non per origine o per volontà mia.
E nemmeno mia è la volontà di essere rimasto qui, a vedere scorrere le acque del Piave e con esse inutilmente la mia vita, troppo lenta, attendendone il tramonto, ancora lontano, ben oltre quei Monti del Sole che chiudono la visuale a ponente (qui sotto in una foto di qualche giorno fa).
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