lunedì 11 settembre 2023

Parole (poche) e pensieri (poveri)...

Condivido qui un brano di Christophe Clavé, accademico di origini italiane ma naturalizzato svizzero e in realtà cosmopolita, che mi è stato inviato via whatsapp da un mio omonimo e concittadino. Da un lato mi ricorda certe ispirate pagine di Tullio De Mauro e dall'altro taluni aspetti sui quali insisteva anche don Milani a Barbiana: un importante spunto per riflettere sulla decadenza della nostra civiltà e sulla potenza della parola, la cui ricchezza è proporzionale alla sua complessità.

Clikkate sull'immagine per ingrandire. Questa la traduzione italiana con adattamento che circola in rete.

«Il Quoziente Intellettivo medio della popolazione mondiale sta diminuendo nell’ultimo ventennio. Una delle cause è l'impoverimento del linguaggio. Diversi studi dimostrano infatti la correlazione tra la diminuzione della conoscenza lessicale (e l'impoverimento della lingua) e la capacità di elaborare e formulare un pensiero complesso. La graduale scomparsa dei tempi e dei modi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo. Un altro esempio: eliminare la parola "signorina" (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all'estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l'idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie. Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero. Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall'incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole. Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare. La storia è ricca di esempi e molti libri (1984, di George Orwell; Fahrenheit 451, di Ray Bradbury) hanno raccontato come tutti i regimi totalitari abbiano sempre ostacolato il pensiero attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole. Facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegniamo e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata. Perché in questo sforzo c'è la libertà. Coloro che affermano la necessità di semplificare l'ortografia, sfrondare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana. Non c'è libertà senza necessità. Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.»

Christophe Clavé, Baisse diu QI, appauvrissement du language et ruine de la pensée, www.agefi.com del 17/11/2019

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