Mammiferi: una classe di vertebrati, caratterizzata dall'allattamento della prole che ha colonizzato praticamente ogni ambiente, dai poli ai deserti, dalle foreste equatoriali ai paesaggi temperati senza tralasciare gli ambienti acquatici.
Proprio l'allattamento ha colpito l'attenzione di qualche giovane curioso il quale, tra i tanti interrogativi, chiedeva se un individuo adulto potesse assumere il latte materno.
Per rispondere a questa domanda, ho consigliato di studiare un'opera pittorica di Caravaggio, Le sette opere di misericordia.
Il pittore lombardo realizzò il dipinto nel 1606, appena giunto a Napoli fuggendo da Roma, dove si era macchiato di un grave delitto per il quale era stato condannato alla decapitazione.
In un'unica scena, trionfano le sette opere di misericordia corporale, metro del giudizio finale. Qualcuno ricorderà il brano del vangelo di Matteo, nella seconda metà del capitolo 25; qualcun altro le formule imparate al catechismo: sfamare gli affamati, dissetare gli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, confortare i carcerati, seppellire i morti.
Sulla destra della raffigurazione, si nota una giovane intenta ad allattare un vecchio: l'artista raffigura Cimone, condannato a morte per fame, sfamato segretamente dalla figlia Pero che lo allattava al seno e graziato dai magistrati commossi da tanto amore e soprattutto dalla devozione filiale.
Da notare le gocce di di latte che bagnano la barba dell'uomo. Al contempo, Pero incarna la virtù cristiana della Carità e Cimone quella della temperanza. Usando l'aggettivo "cristiana" mi riferisco alla grande Tradizione, non a una certa attualità localizzata. Tuttavia, il dato materiale della rappresentazione può costituire benissimo una risposta alla domanda sopra ricordata: può un individuo adulto assumere il latte materno?
A proposito di mammiferi, chiudo mostrando un video nel quale riprendo la mia televisione mentre trasmettono lo spezzone di un documentario, dedicato al sesto paradiso - quello che potremmo vivere noi, qui ed ora, sul nostro pianeta.
E invece no: ci condanniamo a morire poco a poco, avvelenandoci con vecchie menzogne prima ancora che con le esigenze del profitto a tutti i costi e con l'utopico miraggio di una crescita infinita.
Ma quando arriverà la prossima estinzione (e arriverà, presto o tardi), la specie dominante (la nostra) sarà la prima a scomparire. E la Terra resterà. E la vita, spinta dalle leggi dell'evoluzione, ripartirà con nuove specie che popoleranno un settimo paradiso.
Non siamo capaci di amare il sesto; inutile lasciar libero corso alla fantasia per immaginare come sarà il successivo, a noi certamente precluso. Il nostro ineluttabile destino è d'esser cacciati ancora una volta da quell'Eden che in fondo al cuore proprio non desideriamo.
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