Ho ritrovato ieri sera l'unica copia cartacea di un articolo che avevo scritto nientemeno che per il giornale parrocchiale (numero di dicembre 2006), nel quale raccontavo la genesi degli affreschi che abbelliscono il presbiterio della chiesa arcipretale di Cadola. Ecco la foto della pagina 11, dove è riportato il testo per intero.
La bellezza salverà il mondo, ripeteva Papa Giovanni Paolo II citando Dostoevskij. All'epoca ne ero convinto, oggi lo sono meno. Parrocchia e musica sono acqua passata che non macina più, come avrebbe potuto insegnarmi mio nonno materno, mugnaio e già proprietario dell'ultimo molino ad acqua che chiuse l'attività nel comune dove viveva. Tanto mio nonno quanto quel comune non esistono più: l'uno mancato 12 anni fa, l'altro fuso insieme alle comunità limitrofe per far nascere una nuova realtà. Altra storia, altra parrocchia, altra diocesi.
La bellezza della vita, quella che salva il mondo, è altra rispetto alla routine del quotidiano: non ricordare ciò che ci si lascia alle spalle, non rimestare il cucchiaio nella stessa minestra, ma guardare al domani con il cuore gonfio di gratitudine per l'oggi e anche per ciò che è stato, nel bene e nel male.
Nuove attività, nuovi ambienti, nuovi amici... e perché no? Un nuovo libro da concepire e scrivere. Di Cadorin ho accennato qualcosa in quello che ritengo ormai vecchio, tra Cadola, Bassano e Trieste: ma non sono uno storico dell'arte. Sono solo un modestissimo fruitore dell'arte, che ama le esposizioni, il silenzio dei musei, i cataloghi da sfogliare, i colori, le forme, le figure. Scusate se è poco... ma così è.
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