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mercoledì 13 gennaio 2021

Redox e vita

Siamo tutti portati a pensare che l'ossigeno sia essenziale per la vita. Per la nostra, sicuramente si. L'ossigeno è una molecola biatomica su cui facciamo affidamento e senza la quale non potremmo esistere. Tuttavia, gli scienziati ritengono che ci fosse poco ossigeno molecolare nella prima atmosfera della Terra. La vita si è evoluta per la prima volta in sua assenza. 

Con l'evoluzione della fotosintesi nelle alghe blu-verdi, l'ossigeno è stato prodotto in grandi quantità come sottoprodotto del metabolismo fotosintetico delle alghe. Così l'ossigeno ha cominciato a entrare nell'atmosfera e nei nostri mari.   

Per molto tempo, la maggior parte dell'ossigeno prodotto sulla Terra è stato in gran parte catturato attraverso l'ossidazione del ferro elementare a ossidi di ferro. Le prove di quel processo possono essere trovate nelle bellissime formazioni di strati rocciosi contenenti ferro, descritti meglio QUI

Alla fine, l'ossigeno iniziò a entrare nell'atmosfera. Allo stesso modo, alcune forme di vita si sono evolute per fare buon uso dell'ossigeno molecolare altamente reattivo attraverso il processo della respirazione. Il livello di ossigeno nella nostra atmosfera attuale è adatto per la vita degli organismi respiratori che fanno affidamento sull'ossigeno come elemento essenziale del metabolismo.

L'ossigeno nell'atmosfera è anche un ingrediente essenziale per l'evoluzione darwiniana. La reazione che porta all'arrugginirsi della limatura di ferro è il fondamento chimico che ha portato ai nostri grandi depositi di ossidi di ferro nella Terra e alle formazioni di ferro fasciate. 

In quel processo, il ferro elementare incontra l'ossigeno molecolare. Il ferro dona elettroni e viene ossidato. L'ossigeno accetta gli elettroni e si riduce. Parte dell'ossigeno ridotto si combina con il ferro per produrre ossidi di ferro, che riconosciamo dal caratteristico colore ruggine. 

La natura essenziale dei processi di ossidazione e di riduzione consiste nel fatto che gli elettroni vengono trasferiti da una specie all'altra. Se possono essere trasferiti dal ferro elementare all'ossigeno, possono anche essere ritrasferiti dall'ossigeno ridotto al ferro ossidato. Quindi il processo di formazione della ruggine è reversibile. Possiamo arrugginire il ferro, ma possiamo anche estrarlo e ricavarne ferro elementare: è quello che si fa negli altiforni, alternando il minerale di ferro a strati di coke e di fondenti. 

Lo studio generale dell'ossidazione e della riduzione è noto come elettrochimica. È un campo di studio che è al centro di molti processi industriali, come la siderurgia e le varie metallurgie, e anche al centro del nostro studio della vita su Terra. 

Perché non sono solo gli esseri umani che hanno scoperto l'utilità dell'ossidazione e della riduzione: la vita come la conosciamo, sia essa batterica o umana, non sarebbe possibile senza il processo ciclico di ossidazione e riduzione reversibile.

Nelle cellule, a ossidarsi e a ridursi in modo reversibile sono particolari molecole, alcune delle quali contengono ferro, come i citocromi o come l'emoglobina.

Redox reversibili le sfruttiamo anche nella vita di tutti i giorni: l'accumulatore del nostro smartphone usa una reazione redox spontanea per convertire energia chimica in energia elettrica; viceversa, quando noi mettiamo in carica lo smartphone, forniamo energia elettrica che è convertita in energia chimica. La prima reazione è esoergonica, la seconda è endoergonica.

Intanto che scrivo queste poche idee, buone per noi - comuni mortali e disimpegnati fruitori del web - qualcuno è sicuramente impegnato a fare esercizi per imparare a bilanciare le reazioni di ossido-riduzione. Arriverà pure il 27 di questo mese... 

...e allora verificheremo se questo (più di) qualcuno ha imparato. Buono studio, ragazzi!

giovedì 16 agosto 2018

Ferragosto - Amarcord

Ieri, giorno di Ferragosto, trascorso in casa nello svolgimento di varie attività, ho sentito il bisogno di cercare qualche vecchia fotografia che documentava uno dei periodi più belli della mia vita, quello passato nel laboratorio di ricerca del mitico "Vava" per l'internato della tesi triennale, tra l'ottobre 2011 e luglio 2012.


In quei mesi ho avuto modo di studiare le reazioni di riduzione del nitrobenzene: a seconda delle diverse condizioni di pH, di temperatura, etc. e dei riducenti usati è possibile ottenere un'ampia gamma di prodotti.



Già gli studi condotti per via elettrochimica da Haber e Gattermann avevano evidenziato come il nitrogruppo (-NO2, composto A) in ambiente acido si riduca prima a gruppo nitroso (-NO, composto B), quindi a idrossilammina (-NHOH, composto C) e infine a gruppo amminico primario (-NH2, composto D).


Da tempo era nota la possibilità di ottenere anche azobenzene, azossibenzene, idrazobenzene (e benzidina per riarrangiamento di quest'ultimo): ne accennavo QUI parlando di Mitscherlich.

Una foto di gruppo di alcuni di questi composti in soluzione acetica la potete vedere qui: dietro ci sono gli strumenti di un laboratorio che non esiste più - trasferito altrove.


I bei colori di queste soluzioni ci fanno capire perché tali composti siano oggetto di interesse dell'industria dei coloranti da quasi due secoli: oggi sono anche importanti intermedi nella sintesi di molecole di interesse farmaceutico (sotto: una vecchia foto degli stabilimenti Bayer in Leverkusen).


Oltre a studiare la carbonilazione riduttiva del nitrobenzene catalizzata da complessi di palladio, mi sono davvero divertito a rivedere anche tutte le riduzioni classiche (con stagno, zinco, ferro, acido acetico, acido cloridrico, acido formico) e a verificare cosa avessi ottenuto sia con i metodi analitici strumentali sia con i saggi analitici tradizionali. Ecco, ad esempio, le reazioni per riconoscere l'anilina, risalenti alla prima metà del XIX secolo:


Questo sotto è l'apparato per studiare un'idrogenazione condotta con catalizzatori eterogenei (es. palladio su carbone): il palloncino contiene idrogeno gassoso.


Questa è la reazione:


In realtà, per i miei esperimenti, come riducente, mi era stato consigliato di usare CO sotto pressione e cosa ne venne fuori l'ho raccontato QUI riportando l'abstract della pubblicazione che ne seguì. Ovviamente il reattore adoperato per studiare le reazioni di carbonilazione è ben più robusto, dovendo reggere pressioni di CO molto più elevate di quella atmosferica.


Bei tempi, bella Chimica, bei risultati. E soprattutto belle persone, quelle che ho avuto modo di conoscere e frequentare in quei mesi così lontani: una fortuna che alla porta bussa assai di rado.

lunedì 28 novembre 2016

CROMO: QUALCHE CURIOSITA'...

Il cromo è un elemento, appartenente alla prima serie dei metalli di transizione, il cui nome proviene da un termine greco che significa colore



I suoi composti sono variamente colorati: basti pensare al bicromato di potassio arancione, ai cromati di colore giallo, ai sali come il cloruro e il solfato dal colore verde, etc.

(Composti del cromo in soluzione - dal web)

Fu scoperto nel 1798 da Nicholas Vauquelin trattando il minerale crocoite con acido cloridrico e poi riducendo il prodotto ottenuto con carbone.

Oggi il cromo e i suoi sali si ricavano dalla cromite, minerale relativamente abbondante nella crosta terrestre. 
Il primo trattamento che essa subisce consiste in un’ossidazione con aria e in ambiente basico (NaOH) per trasformare tutto il cromo in cromato di sodio giallo e permettere in questo modo la separazione dal ferro, presente nella cromite sotto forma di ossido, mediante liscivazione. 
L’ossido di ferro precipita mentre il cromato di sodio passa in soluzione: si filtra e si ha la totale separazione dei due composti formatisi in soluzione acquosa.
La soluzione di cromato (di colore giallo) viene concentrata e acidificata con acido solforico per formare il bicromato (di colore arancione):

2CrO42- + 2H+ Cr2O72- + H2O

Aggiungendo una base (come l’idrossido di sodio) dal bicromato si riforma il cromato, come avevamo potuto appurare i miei compagni ed io in un’esperienza carina effettuata durante il laboratorio di chimica generale al primo anno di università.

Ottenuto il bicromato, questo viene ridotto a solfato di cromo mediante aggiunta di un composto opportuno (solfito, bisolfito o iposolfito di sodio): infatti, nella concia delle pelli il cromo viene aggiunto in forma di sale trivalente. 

I primi brevetti (Knapp, 1861) prevedevano l’uso di cloruro di cromo sostituito poi dal solfato di cromo.

Per ottenere il solfato di cromo dalla soluzione di bicromato, acida per acido solforico, si può aggiungere uno dei sali sopra ricordati, ad esempio il solfito di sodio:

Na2Cr2O7 + Na2SO3 + H2SO4 Cr2(SO4)3 + Na2SO4 + H2O

Il cromo esavalente si riduce a cromo trivalente, mentre lo zolfo del solfito passa dallo stato di ossidazione +4 allo stato di ossidazione +6 del solfato.

Questo corrisponde a un vistoso cambiamento di colore, con un viraggio dall’arancione al verde, come è possibile osservare nel filmato sotto da me realizzato.


... notate le campane a morto: ci ricordano che Cr (VI) è cancerogeno. Ricorderete sicuramente Erin Brockovich (alla vicenda della quale fu dedicato un film con Julia Roberts, nel 2000), che nei primi anni Novanta fece causa a due aziende, poi riconosciute colpevoli di aver inquinato per oltre 30 anni le acque della città di Hinkley (California) e condannate a risarcire i residenti.

Inchieste simili sono state condotte anche da giornalisti locali sui mali di casa nostra: basta fare una breve ricerca in internet per trovare qualche risultato e perciò non mi dilungo.