lunedì 6 aprile 2020

Amelia e "il più delizioso dei dolci di crema..."

In questi giorni di quarantena, costretto in casa, ho riscoperto il piacere del silenzio, rotto dal gioioso canto dei passeracei; dei fiori che sbocciano; dei profumi della natura che si veste a nuovo. 

E anche del cucinare, attività che sostituisce in parte il laboratorio, le mie 60 atmosfere quotidiane di CO ai tempi della tesi nel laboratorio del "Vava" e altre cose cadute nel novero dei ricordi (quelli piacevoli: quelli spiacevoli vorrei relegarli nel dimenticatoio e la cosa non mi è facile).

Oltre ai piatti tradizionali, mi sono cimentato anche ad inventare qualche cosa di diverso (dire "nuovo" è un atto di presunzione) e l'idea mi è balenata rileggendo le celebri e dolo-mitiche di Amelia Edwards, pubblicate in italiano da Nuovi Sentieri.


Nel libro, la viaggiatrice inglese racconta i suoi vagabondaggi nelle Dolomiti, compiuti nell'estate del 1872. In un passaggio, salendo da Caprile (dove alloggiava) per raggiungere Zoldo, ella descrive la sosta durante la quale, seduta sull'erba, ammirando le montagne e il paesaggio, consumava una tazza di panna mescolata a vino e a zucchero. 


Da qui l'idea di realizzare un dolce a strati (come a strati di sedimenti si sono formate le Dolomiti ammirate dalla Edwards) nel quale savoiardi imbevuti di caffè (quello stesso caffè negatole una volta giunta alla locanda in Zoldo) si alternano a strati di panna montata (250 g) con mezzo bicchiere di marsala, due cucchiai di zucchero e un pizzico di cannella

Pur tradendo la fedeltà alla descrizione della Edwards, la prossima volta che realizzerò il dolce vorrei provare ad aggiungere anche scorza d'arancia (o aroma di arancia, ancora non l'ho deciso). 

Per completare il tutto, una spolverata di cacao sullo strato superiore (un po' come si trova sul celebre tiramisù) e una notte in frigo. Ecco qualche scatto delle varie fasi della preparazione e, in ultima, il dolce finito.









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