Ci sono giornate dove capita di tornare sullo stesso tema discutendo in momenti diversi con persone diverse: e neanche di proposito, ma quasi per caso. A me è capitato in uno di questi giorni.
Al mattino, in coda per entrare nella rotonda vicino al ponte sul Piave, a Belluno, parlavo di lavoro e opportunità con mio padre: lui alla guida della mia Smart, io sul posto della suocera.
"A te non piace lavorare in laboratorio e hai preferito insegnare" - dice lui, non nascondendo un po' di delusione perché si aspettava altre scelte da parte mia: l'industria o il posto pubblico.
Io gli ho risposto che l'insegnamento è forse il lavoro per me più appagante con i titoli che ho conseguito, anche se non è certo tra i più remunerativi in termini economici e i più appetibili in termini di carriera.
Sullo stesso tema sono ritornato - mio malgrado - nel bel mezzo di una conversazione, a pranzo, incentrata sul lavoro e sulle opportunità di crescita. Uno degli interlocutori si rivolge verso di me chiedendomi: "E a te, che cosa piacerebbe fare in alternativa all'insegnamento?".
Io ho dato una risposta volutamente poco convinta (mi pareva brutto rispondere: fatti miei), dicendo che mi piacerebbe lavorare in un centro studi (quindi ancora insegnamento, anche se in una forma diversa dalla classica attività di classe). Non è che la cosa corrisponda proprio al vero, ma non escludo l'ipotesi: anzi, potrebbe essere interessante ragionando sul medio-lungo termine.
Alla sera, durante la cena, ho raccontato i termini di questa conversazione a mia madre. Ella, ascoltando il racconto, mi interrompe e mi chiede se non mi piacerebbe occuparmi di chimica. Io le rispondo che ho rifiutato ben undici proposte di lavoro come chimico e che la chimica non mi interessa più (almeno non come percorso professionale).
"E allora perché sei andato a buttar via tutti quegli anni a Venezia? E poi sei sempre così... una volta c'era la musica e adesso ti dà fastidio, e così va anche con la chimica". Aggiungo in cuor mio: anche con la religione. E il giornalismo - dopo anni di collaborazioni e di iscrizione all'Ordine, dal quale ho chiesto e ottenuto la cancellazione tempo fa.
Cosa mi piacerebbe fare: lo so bene, ne dissi QUI, ma non ho i titoli per farlo. E forse neanche la voglia di conseguirli. Non ho più l'età per altri anni di studio, per sopportare code alle segreterie, per sacrificare feste ed estati sui libri, per sopportare lune e meschinità di docenti e caudatari. E quindi me la incarto e me la metto via. Non mi va di fare progetti mentre la vita corre: godo il presente, il silenzio, la solitudine, le piccole soddisfazioni.
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